GIAPPONE - Storia

YKIAT - Storia del Giappone

Storia del Giappone - Cronologia

Paleolitico 35.000 - 14.000 a.C.
Periodo Jōmon 14000 – 400 a.C.
Periodo Yayoi 400 a.C. – 250 d.C.
Periodo Yamato 250–710
Periodo Kofun 250–538
Periodo Asuka 538–710
Periodo Nara 710–794
Periodo Heian 794–1185
Periodo Kamakura 1185–1333
Restaurazione Kemmu 1333–1336
Periodo Muromachi 1336–1573
Periodo Nanboku-chō 1336–1392
Periodo Sengoku 1467-1573
Periodo Azuchi-Momoyama 1568–1603
Periodo del commercio Nanban
Periodo Edo 1603–1868
Bakumatsu
Periodo Meiji 1868–1912
Restaurazione Meiji
Periodo Taishō 1912–1926
Giappone nella Grande Guerra
Periodo Shōwa 1926–1989
Occupazione del Giappone
Periodo Heisei 1989–oggi

(tratto da Wikipedia)

YKIAT - Storia del Giappone
Periodo paleolitico del Giappone
Il periodo paleolitico del Giappone occupa un periodo che inizia circa nel 100.000 a.C., età a cui risalgono i primi manufatti in pietra ritrovati, fino a circa il 12.000 a.C. alla fine dell'Era glaciale che corrisponde all'inizio del Periodo Mesolitico (Periodo Jomon).
Ambiente paleolitico
Le isole giapponesi sono state probabilmente connesse al continente asiatico in diverse occasioni nel passato, specialmente durante i periodi più freddi dell'era glaciale, quando il livello del mare recedeva considerevolmente di 100-120 metri. Questo punto non è comunque scevro da controversie poiché gli Stretti di Tsushima tra il Giappone e la Corea così come lo stretto di Tsugaru tra le isole di Honshu e Hokkaidō sono profondi circa 140 metri. Pare che alle volte gli stretti siano emersi ed alle volte no, durante i vari picchi dell'era glaciale.
Primi manufatti giapponesi
La maggior parte dei ritrovamenti del primo periodo Giapponese Paleolitico risalgono a circa il 100.000 a.C., rendendo questa data la più generalmente accettata per la prima colonizzazione del Giappone. I ritrovamenti della prefettura di Miyagi, fatti inizialmente risalire al 500.000 a.C. vennero successivamente rivelati come dei falsi.
Manufatti ground stone e manufatti levigati
Il Giapponese Paleolitico è molto originale dato che incorpora i primi ritrovamenti conosciuti di manufatti ground stone e di pietra levigata nel mondo, datati a circa il 30.000 a.C., una tecnologia tipicamente associata, nel resto del mondo, con l'inizio del Neolitico intorno al 10.000 a.C. Non si sa perché questi manufatti siano stati creati così presto in Giappone, sebbene il periodo sia associato con un clima mondiale più caldo (30.000-20.000 anni dal presente) e le isole potrebbero averne beneficiato particolarmente.
A causa di questa originalità il periodo paleolitico giapponese in Giappone non corrisponde esattamente alla definizione tradizionale di Paleolitico associato con la tecnologia (manufatti in pietra scheggiata). Gli strumenti del paleolitico giapponese dimostrano perciò tratti Mesolitici e Neolitici già nel 30.000 a.C.
Paleo-antropologia
Le popolazioni paleolitiche del Giappone così come le successive popolazioni del periodo Jomon appaiono essere correlate ad un antico gruppo Paleo-Asiatico che ha occupato gran parte dell'Asia prima dell'espansione delle popolazioni Mongoliche caratteristiche delle popolazioni odierne di Cina, Corea, Giappone e Vietnam.
Le caratteristiche degli scheletri indicano molte similarità con gli altri popoli aborigeni del continente asiatico. La struttura ossea appartiente al gruppo sinico, distribuito principalmente nelle antiche popolazioni del sud-est asiatico (mentre i popoli mongoli appartengono al gruppo sudmongolico). I lineamenti dei teschi tendono ad essere più forti con occhi comparativamente recessi, carattere essenzialmente paleoeuropoide, ma anche presente negli australiani aborigeni.
La popolazione aborigena Ainu oggi circoscritta principalmente alla zona settentrionale dell'isola di Hokkaidō pare essere la discendente di questi popoli Paleolitici e mostra caratteristiche che sono state nel passato interpretate come caucasoidi, ma al giorno d'oggi tendono ad essere considerate più generalmente come parte del primo gruppo umano Paleolitico (Uomo di Combe-Capelle).
In definitiva il primo uomo in Giappone dalle caratteristiche essenzialmente mongoloidi è considerato l'uomo di Minatogawa (Okinawa), datato al 20.000 a.C. Sembra quindi che, mentre le isole meridionali erano abitate da una popolazione proto-mongoloide, la maggior parte del Giappone fosse abitata dalle popolazioni Jomon, riferibili al tipo europoide di Combe-Capelle.
L'analisi genetica sulla popolazione odierna non è così chiara e tende ad indicare un discreto ammontare di interscambi genetici tra l'originale popolazione aborigena del Giappone ed i successivi arrivi mongolici (Cavalli-Sforza). È stato stimato che dal 10% al 20% del materiale genetico della popolazione giapponese odierna deriva dagli antenati del periodo Paleolitico-Jomon, mentre il resto discende dai contributi delle popolazioni mongoliche del continente, specialmente durante il periodo Yayoi, in particolare uno studio genetico del 1988 indica nelle popolazioni mongoliche settentrionali gli antenati del popolo giapponese.
Archeologia giapponese del periodo paleolitico
Lo studio del periodo Paleolitico in Giappone è piuttosto recente: il primo sito Paleolitico è stato scoperto appena dopo la fine della seconda guerra mondiale. Dato che si assumeva che gli esseri umani non erano vissuti in giappone prima del periodo Jomon, gli scavi si fermavano al livello del periodo Jomon (12.000 a.C.) e non venivano proseguiti. Da allora circa 5.000 siti paleolitici sono stati scoperti, alcuni di essi in corrispondenza di siti archeologici Jomon. Lo studio del periodo paleolitico giapponese è caratterizzato da un alto livello di informazioni stratigrafiche a causa della natura vulcanica dell'arcipelago: le grandi eruzioni tendono a coprire le isole con strati di cenere facilmente databili e rintracciabili ovunque come riferimento. Uno strato molto importante è la pomice AT (Aira-Tanzawa) che ha coperto tutto il Giappone circa 21.000-22.000 anni fa.
YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Jōmon
Il periodo Jōmon (Jōmon-jidai) è il periodo di storia giapponese che va da circa il 10.000 a.C. fino al 300 a.C.
Con "Jōmon" ci si riferisce al popolo e alla cultura giapponese di quell'epoca; occorre comunque tener ben presente che, data la vastità del periodo temporale coperto, non sono esistiti un popolo e una cultura "Jōmon" monolitici, quanto piuttosto più popoli e culture accomunati dall'uso di certe tecniche (in particolare dalla tecnica di produzione di vasellame).
Origine del nome
Il termine «Jōmon» è una traduzione in giapponese del termine inglese cord-marked (segnato dalle corde) e si riferisce ai motivi con cui era decorato la maggior parte del vasellame di argilla tipico di questo periodo, che veniva creato utilizzando corde o bastoni con corde avvolti intorno ad essi. Il termine è stato introdotto nel 1879 da Edward Sylvester Morse, studioso statunitense e professore di zoologia presso l'Università di Tokyo, che nel libro Shell Mounds of Omori descrisse i ritrovamenti del kaizuka (cumuli di conchiglie - resti degli scarti, principalmente conchiglie, di insediamenti preistorici) di Omori (da lui scoperto due anni prima).
Il popolo Jōmon produsse vasellame e figure in argilla decorati con disegni ottenuti imprimendo nell'argilla umida bastoncini, corde intrecciate o non intrecciate con una sofisticazione in continua crescita. Le decorazioni a corda, pur avendo una funzione decorativa, avevano in realtà anche la funzione pratica di impedire la formazione di crepe sul vaso quando veniva posto sul fuoco. In generale il vasellame di questo periodo viene detto Jōmon doki (vasellame Jōmon).

Suddivisione dei periodi Jōmon
Il periodo Jōmon viene ulteriormente suddiviso in sei sotto periodi (a loro volta ulteriormente suddivisi) e caratterizzati dalla tipologia del vasellame prodotto, le date sono da considerare in maniera indicativa, dato che non esiste un preciso accordo tra gli archeologi e che i periodi sono identificati dal tipo di vasellame prodotto.
Jōmon Incipiente (10.000 – 7.500 a.C.): suddiviso in Linear applique, Nail impression, Cord impression e Muroya inferiore
Jōmon Iniziale (7.500 – 4.000 a.C.): suddiviso in Igusa, Inaridai, Mito, Tado inferiore, Tado superiore, Shiboguchi e Kayama.
Primo Jōmon (4.000 – 3.000 a.C.): suddiviso in Hanazumi, Sekiyama, Kurohama, Moroiso A, Moroiso B e Juusanbodai.
Medio Jōmon (3.000 – 2.000 a.C.): suddiviso in Katsusaka/Otamadai, Kasori E1 e Kasori E2
Tardo Jōmon (2.000 – 1.000 a.C.): suddiviso in Horinouchi, Kasori B1, Kasori B2e Angyo 1
Jōmon Finale (1.000 - 400 a.C.): suddiviso in Angyo 2e Angyo 3

Jōmon Incipiente
Circa dal (10.000 al 7.500 a.C.): condizioni di vita più stabili fecero sorgere nel periodo intorno al 10.000 a.C. una cultura mesolitica, o come alcuni studiosi argomentano neolitica. I membri dell'eterogenea cultura Jōmon sono forse i distanti antenati degli Ainu, il popolo aborigeno del giappone moderno.
Secondo le prove archeleogiche il popolo Jōmon creò i primi esemplari di vasellame al mondo, datati a circa l'XI millennio a.C. (ritrovamenti del sito di Odai-Yamato), così come i primi manufatti in pietra levigata. L'antichità di questi esemplari venne stabilita per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale mediante il metodo di datazione del carbonio 14.
La produzione di vasellame tipicamente implica un qualche tipo di vita sedentaria, poiché il vasellame è molto fragile e pertanto inutile ad una società di cacciatori-raccoglitori in costante movimento. Pertanto gli Jōmon furono probabilmente la prima popolazione sedentaria o perlomeno semi sedentaria del mondo. A causa di ciò le prime forme di agricoltura sono a volte attribuite al Giappone (Ingpen & Wilkinson) nel 10.000 a.C., duemila anni prima della loro diffusione nel Medioriente.
I più antichi esemplari di vasellame ritrovato sono privi di decorazioni (mumon) successivamente compaiono vasellami con decorazioni in successione bean applique (toryumon), linear applique (ryukisenmon) e simili a unghie (tsumegatamon). Per la fine del periodo compare un quinto tipo di decorazione (oatsu), quest'ultima ha segni di corda su tutta la superficie ed una base piatta con un bordo spesso (a differenza della base appuntita o arrotondata dei tipi precedenti). La tecnologia di produzione del vasellame non è comunque ancora ben sviluppata, non si ritrova in tutti i siti del Jōmon Incipiente e quelli ritrovati non sono solitamente di buona fattura.
La caccia è la principale fonte di cibo ed i siti sono stati ritrovati in corrispondenza di caverne.

Jōmon Iniziale
Circa dal 7.500 al 4.000 a.C. Cominciano a comparire siti con case in legno costruite su fosse poco profonde. Inizia lo sfruttamento delle risorse marine (i primi ritrovamenti di cumuli di conchiglie risalgono a questo periodo).

Primo Jōmon
Circa dal 4.000 al 3.000 a.C. Nel Primo Jōmon, grazie ad un clima lievemente più caldo aumenta la popolazione. Il livello dei mari è più alto di 2-3 metri di quello odierno, pertanto la linea costiera si spingeva più all'interno. I villaggi assumono una natura maggiormente a lungo termine, aumentano le dimensioni delle case e delle staccionate, anche se pare che venissero occupate stagionalmente. Il vasellame diventa più elaborato e compaiono stili regionali. La maggior parte hanno fondo piatto.

Medio Jōmon
Dal 3000 al 2000 a.C. Circa. Grazie al periodo di clima favorevole iniziato nel periodo precedente la cultura Jōmon raggiunge il suo apice, a questo periodo risalgono gli insediamenti più grandi ritrovati ed a questo periodo risalgono molti tipi elaborati di vasellame. Non è certo che gli insediamenti fossero occupati tutto l'anno o solo su base stagionale (alternando la residenza nelle montagne nei mesi estivi e autunnali con le pianure nell'inverno e primavera).
Al periodo Jōmon Medio appartengono i pezzi più appariscenti e barocchi, grazie all'affinamento della tecnica vengono prodotti vasi con orli sporgenti e grandemente decorati, decorazioni in rilievo, forme sinuose che rappresentano fiamme. Il vasellame che presenta questo tipo di orli viene detto suien doki - suien significa “spumeggiante” (perché ricorda gli spruzzi delle onde che si infrangono a riva). A causa di questi stili elaborati si è ipotizzato che avessero un significato simbolico o rituale.
Molti elementi della cultura giapponese risalgono a questo periodo e riflettono un'immigrazione mista dall'Asia continentale, settentrionale e dalle zone meridionali dell'Oceano pacifico. Tra questi elementi ci sono la mitologia Shintoista, i costumi matrimoniali, gli archetipi architettonici e sviluppi tecnologici come la laccatura, la tessitura, la metallurgia e la produzione del vetro.

Tardo Jōmon e Jōmon Finale
Il numero di insediamenti e la popolazione declina bruscamente. Aumenta l'attività rituale ed in tutto il Giappone diventano più numerosi i siti di sepolture e vengono ritrovati molti manufatti rituali (bastoni, falli in pietra e statuette). Anche se l'incisione e la scultura di statuette in forme decorative era popolare nel Medio Jōmon ritorna l'uso delle decorazioni a corda, ma in questo caso porzioni delle decorazioni dopo essere state applicate vengono rimosse e la superficie lisciata. Viene sviluppata la tecnica di cottura del vasellame in un'atmosfera riducente.
Mentre ci sono evidenze dello sviluppo dell'agricoltura durante lo Jōmon Finale, il suo impatto sulla popolazione è minimo: le piante coltivate sono solo un'integrazione della dieta, mentre la maggior parte del cibo proviene dalla caccia e dalla raccolta. Lo sviluppo dell'agricoltura (con la diffusione della coltivazione del riso) segnerà il successivo Periodo Yayoi.

Fonti di sussistenza
All'inizio del periodo Jōmon le principali fonti di sussistenza sono la raccolta, la caccia e la pesca. Alla fine del periodo comincerà a diffondersi l'agricoltura.

Raccolta
L'arcipelago giapponese offre diversi tipi di piante commestibili, più circa un centinaio di funghi. La loro disponibilità dipende però dal periodo stagionale. Nei siti Jōmon sono stati ritrovati finora circa una cinquantina di specie di piante diverse, in gran parte noci, nocciole, castagne, castagne d'India, ma anche resti di grano saraceno, felci, zucche, ofioglosso comune e funghi. Bisogna tener presente però che il terreno acido del Giappone non si presta alla conservazione dei resti di materiali organici. A partire dal Medio Jōmon cominciò a svilupparsi una forma rudimentale di agricoltura e orticoltura: sono state ritrovate indicazioni in alcuni siti della coltivazione intenzionale di alberi di castagne. Nei siti della prefettura di Nagano sono stati ritrovati attrezzi in pietra utilizzati per scavare tuberi e radici: dato che questa regione è coperta da dense foreste, si è ipotizzato che venissero tagliate delle radure per permettere loro di crescere meglio.

Caccia
Le specie più cacciate erano il cinghiale (tutto l'anno) ed il cervo (in primavera). Venivano anche cacciati animali di dimensioni minori (come scoiattoli volanti, volpi, scimmie e conigli). La caccia veniva effettuata con arco e frecce, oppure utilizzando trappole. Le trappole sono state molto utilizzate nel Jōmon Incipiente (ma apparentemente in maniera poco organizzata) e man mano sempre meno (ma sono stati ritrovati resti di quelle che probabilmente erano staccionate usate per guidare la selvaggina fino alla trappola).
L'unico animale domestico pare che sia stato il cane, usato probabilmente nella caccia. Era un importante membro della società e sono state ritrovate numerose tombe di cani.

Pesca
Soprattutto nelle regioni del Kantō e dell'Hokkaidō sono stati ritrovati grandi cumuli di conchiglie, gli scarti della pulitura dei molluschi pescati. L'analisi dei resti indica che la maggior parte venivano pescati in primavera. A causa della grandi dimensioni di alcuni mucchi si è ipotizzato che ci potesse essere un commercio in carne di mollusco. Sono stati anche ritrovati ossi di tonno, salmone, testuggini, foche e delfini, così come ami d'osso, punte d'arpione dentellate, resti di reti e pesi per le reti.

Kaizuka
I kaizuka (cumuli di conchiglia) sono mucchi di scarti lasciati da insediamenti preistorici, in questo caso cumuli di gusci e di residui di conchiglie, nelle cui vicinanze si sono ritrovati oggetti d'uso domestico, manufatti in pietra, ossa di cacciagione (cervi e cinghiali) ed i primi vasi in ceramica. Il primo Kaizuka fu scoperto da Morse nel 1877.

Dogū
A partire dalla fine del Jōmon iniziale (circa 5.000 a.C.) cominciano ad essere prodotte anche delle statuette in argilla dette dogū (bambola di terra), probabilmente collegate al senso religioso dell'epoca. Rappresentano animali o figure antropomorfe, generalmente femminili dai fianchi e seni esagerati, con occhi rotondi e cerchiati.
Le prime dogū sono tozze e spesso prive di arti superiori, nel Jōmon medio l'aspetto si evolve, compare la caratteristica testa a forma di cuore, il corpo ha un aspetto cruciforme e le decorazioni sono generalmente semplici incisioni che evidenziano la zona del ventre. Vengono dette "dogū a forma di cuore".

Varianti regionali
Nella regione del Tōhoku sono state ritrovate diverse varianti di dogū, tra cui quelle sedute anziché in piedi, con ginocchio che forma un angolo retto.
Nella pianura del Kantō sono state ritrovate dogū chiamate mimizuku no dogū (dogū dalla testa di civetta/gufo), a causa dell'aspetto della testa: svasata alla base, la mascella evidenziata da un solco che la unisce alle orecchie, le sopracciglia formano una linea retta sopra al naso, gli occhi e la bocca sono disegnati con tre solchi profondi e compaiono piccole protuberanze sul capo
Nelle prefetture di Saitama e Ibaraki sono state ritrovate dogū, risalenti all'ultimo periodo Jōmon di colore rosso ocra, con il capo ornato da una corona ed il viso decorato da disegni a cordicella, gambe corte e spesso prive di piedi, incisioni a forma di corda su tutta la figura.
Sempre al tardo periodo Jōmon risalgono invece gli shakōki dogū (dogū con occhiali da neve), così detti per la forma particolare degli occhi che paiono coperti da protezioni simili a quelle d'osso che usano gli Inuit. Inoltre i vestiti non sono più semplici incisioni ma sono veri e propri disegni tracciati con la tecnica della cordicella. Poiché molti sono stati ritrovati sul sito di Kamegaoka, nella prefettura di Aomori, questi tipi di dogū sono collettivamente chiamati Kamegaoka shiki doki (ceramica nello stile Kamegaoka).

Funzione delle dogū
Esistono diverse teorie sulla funzione di queste statuette e forse più d'una è vera.
Sulla base del fatto che spesso vengano ritrovate in frammenti o rotte, spesso nei cumuli dei kaizuka molti archeologi ritengono che fossero talismani su cui trasferire il dolore/pericolo/rischio/sfortuna che poteva impedire o nuocere ad un evento (per esempio un parto) e che venissero frantumate e gettate via una volta realizzato l'auspicio.
O in maniera simile potrebbero essere state “bambole della medicina”, a cui si trasferiva la malattia e si distruggeva quindi la parte corrispondente a quella malata (infatti spesso sono state ritrovate mancanti di una parte specifica)
Un'altra ipotesi (basata sui tratti femminili esagerati) è che fossero divinità femminili protettrici della salute o forse divinità correlate ai miti della fecondità della terra (in considerazione anche del fatto del periodo di sviluppo dell'agricoltura).
Secondo un'altra ipotesi potrebbero essere stati oggetti del corredo funerario
Infine potevano essere stati semplici giocattoli per i bambini

Miti della fondazione
Le origini della civilizzazione giapponese sono sepolte nella leggenda. L'11 febbraio 660 a.C. è la data tradizionale in cui il Giappone è stato fondato dall'Imperatore Jinmu. Questa comunque è una versione della storia giapponese che risale alle prime registrazioni scritte risalenti in un periodo tra il VI secolo e l'VII secolo, dopo che il Giappone ebbe adottato il sistema di scrittura cinese, introdotto dai coreani.
Secondo la storia della creazione ritrovata nel Kojiki (Memorie degli eventi antichi risalente al 712) ed il Nihongi o Nihon-shoki (Cronache del Giappone risalenti al 720), le isole giapponesi vennero create da due dei, il maschio Izanagi e la femmina Izanami, discesi dai cieli per eseguire questo compito. Essi portano con loro altri esseri, i kami (divinità o forze sovrannaturali), come quelli che influenzano il mare, i fiumi, i boschi e le montagne. Due di queste divinità, la dea del sole Amaterasu e suo fratello, il dio della tempesta Susanoo, si combatterono l'un l'altro, fino alla vittoria di Amaterasu.
In questo periodo diversi imperatori lottarono per il potere. Con lo scopo di legittimare le proprie rivendicazioni al trono questi commissionarono collezioni di poemi contenenti storie di eredità mitologiche del potere da Amaterasu (che è ancora la divinità più venerata del pantheon Shinto) mediante il suo nipote Ninigi-no-Mikoto fino all'imperatore Jinmu rivendicato come proprio antenato. Questo mito-propaganda venne ripreso dagli storici del XIX secolo ed usato come pilastro fondamentale del Kokutai, l'ideologia nazionalistica giapponese
Fonti cinesi più affidabili descrivono una nazione chiamata “Wa” governata da vari clan familiari che adorano le divinità dei propri clan.

Il Kojiki fino a Jinmu
Di seguito la sintesi del Kojiki fino a Jinmu.
Nel Takamagahara (il prato nel più alto livello dei cieli) nacquero molte divinità. Al di sotto si trovava una massa liquida in tempesta. Due divinità, Izanagi, "Colui che invita", e Izanami, "Colei che invita", furono inviate per trasformare la massa liquida in terra. Izanami immerse la sua lancia nel liquido e le gocce che caddero si solidificarono, creando l'isola di Onogoro, l'"Isola che si solidificò da sola". Successivamente i due dei furono inviati a popolarla. Da queste due divinità ne nacquero molte altre nei modi più diversi, ma uno, il Dio del Fuoco, mentre veniva alla luce da Izanami bruciò la stessa madre che morì.
Izanagi, disperato, si recò nel regno dei morti per riportare in vita la sua amata. Ma quando vide il corpo di lei cosparso di vermi fu visto da Izanami che, piena di rabbia e vergogna, lo cacciò dallo Yomi. Izanagi si recò presso un fiume per purificarsi dopo quella esperienza e mentre si lavava con l'acqua del fiume da varie parti nacquero divinità. Tra queste vi erano Amaterasu, "Luce del paradiso", e il dio del mare e delle tempeste Susanoo, "Maschio impetuoso".
Izanagi mandò Amaterasu nel Takamagahara, a regnare nei cieli, mentre a Susanoo venne affidato il mare. Ma questo disobbedì al padre e per questo motivo fu cacciato. Prima di andare in esilio però convinse la sorella ad avere tanti figli con lei, ma presto iniziarono i litigi sul perché li avessero fatti e Susanoo, in preda all'ira, costrinse Amaterasu a rifugiarsi in una grotta. Ciò fece piombare l'universo nell'oscurità. Le altre divinità preoccupate dalla situazione tesero alla dea una trappola, attraverso uno specchio e dei gioielli, per farla uscire dalla grotta la cui entrata fu chiusa per sempre.
A Susanoo non rimase altra soluzione che andar via. Nel suo esilio passò nei pressi di Izumo dove sconfisse un mostro ad otto code che mangiava i bambini. E fu proprio in una di queste code che egli trovò la spada che offrì in segno di perdono a sua sorella. Secondo gli scritti Okuninushi, il figlio di Susanoo, riporta la pace sulla terra, ma celebrato come eroe, viene più volte tradito dai fratelli gelosi e anche dal padre. Egli più volte muore e più volte torna in vita. Okuninushi ha dei figli i quali accolgono la richiesta di Amaterasu di lasciare che i suoi discendenti regnino sulla terra. Il figlio del pronipote di quest'ultima, Jinmu, diventa il primo sovrano del Giappone.

YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Yayoi
Il periodo Yayoi (Yayoi-jidai) è un'era nella storia del Giappone che va dal 300 a.C. al 250 d.C. Il suo nome deriva dal distretto di Tokyo dove furono per la prima volta ritrovati resti archeologici di quell'era. A seconda della fonte che si prende in considerazione il periodo Yayoi viene fatto iniziare o con l'inizio della coltivazione del riso nelle risaie oppure con nuovi tipi di terraglie. Seguendo in ordine cronologico il Periodo Jōmon, la cultura Yayoi fiorì prevalentemente nella Kyūshū meridionale e nell'Honshū settentrionale.
Recenti scoperte tuttavia fanno pensare che il periodo Yayoi sia iniziato verso il 900 a.C.

Caratteristiche del periodo Yayoi
Le prime genti appartenenti alla cultura Yayoi si pensa siano apparse nella zona nord di Kyūshū. Successivamente si spostarono sull'isola principale, Honshū, dove erano presenti in massa i nativi dell'era Jōmon. Ci fu così uno scambio di materiale genetico. Sebbene le terraglie Yayoi fossero tecnologicamente più avanzate di quelle del periodo Jōmon (poiché erano prodotte al tornio), esse erano decorate in modo più semplice. Gli Yayoi fecero anche campane cerimoniali in bronzo, specchi e armi. Intorno al I secolo d.C. iniziarono ad utilizzare strumenti e armi in metallo.
La popolazione Yayoi crebbe e la loro società divenne sempre più complessa. Indossavano vestiti, vivevano in insediamenti stabili, costruivano abitazioni in legna e pietra, accumulavano ricchezza attraverso il possesso della terra e la conservazione del grano e svilupparono distinte classi sociali. Questo fu possibile grazie all'introduzione di una coltura del riso dall'estuario dello Yangtza nel sud della Cina. Fino a poco tempo fa si riteneva che il riso fosse stato importato dalla Corea. Questa tesi era completamente sbagliata poiché i DNA delle due specie di riso non coincidono per niente. L'introduzione del riso permise lo sviluppo in Giappone di una società sedentaria e agraria. Tuttavia, a differenza della Cina e della Corea, lo sviluppo sociale e politico a livello locale divenne più importante di quello a livello di autorità centrale.

Arte del bronzo
Mentre nel resto del mondo si passa gradualmente dall'età della pietra a quella del bronzo per approdare al ferro, in Giappone si ha la fase della pietra e contemporaneamente quella del ferro (perché introdotti dai cinesi e coreani di cultura più antica). Verso la metà del I secolo i bronzi iniziano a differenziarsi da quelli cinesi per la percentuale di stagno impiegata. Durante la prima metà del periodo Yayoi si diffondono particolari oggetti in bronzo a forma di campana (dotaku) ritrovati generalmente raggruppati sotto terra, ma non si ritrovano nelle tombe, l'ipotesi è che venissero utilizzate come dono a uno spirito della Terra per propiziare il raccolto. La forma è tronco conica simile ad una U rovesciata, le decorazioni sono essenzialmente: scene di vita dei cacciatori, forme geometriche o sinusoidali, case, baracche, agricoltori al lavoro.

Arte della ceramica
Nei sei secoli di durata, il periodo Yayoi mostra diversi tipi di ceramica: dalle statuette che raffigurano donne gravide, da collegarsi con le dogu del periodo Jōmon, agli oggetti eseguiti con impasto raffinato; si perde però l'ornamentazione impressa a forte rilievo caratteristica del periodo precedente.

Tessuto
In questo periodo è stato rinvenuto sul fondo di alcuni vasi un tessuto costituito da fibre di canapa o gelso, oltre a frammenti di telai, questo dimostra che già nel periodo Yayoi era diffusa la tessitura.

Abitazioni e villaggi
Le comunità raggruppate si stabilirono in villaggi stabili grazie allo stimolo della produzione agricola. Le abitazioni erano costruite a livello del suolo come alla fine del periodo precedente, la novità comunque è l'inserimento delle case sopraelevate, costruite cioè su pali (takayasuka), tipologia usata principalmente per i granai e la casa dello sciamano, i due cardini della vita sociale del villaggio. Il miglior esempio di comunità Yayoi è fornito oggi dal villaggio di Toro (prefettura di Shizuoka) dove si possono vedere sia abitazioni di tipo semi infossata che sopraelevata. I resti archeologici mostrano che la struttura della casa era costituita da parti di legno incastrati negli angoli. È attestato anche l'uso di abitazioni diverse a seconda della stagione e del clima per cui vennero usate anche capanne infossate per l'inverno e capanne al livello del terreno con tetto in bambù per l'estate. Generalmente il pavimento delle abitazioni era in terra battuta, con un foro al centro dove alloggiava il focolare.

Culti
Vari e diversificati, presero forma attorno all'esperienza comunitaria. Il benessere di queste comunità dipendeva infatti dalla terra, dall'acqua e dal sole, ciascuno indispensabile per assicurare un buon raccolto, e i riti erano finalizzati a propiziarsi il favore della natura, così come a scandire il tempo delle fasi della coltivazione. Le divinità locali, i Kami, assunsero un ruolo centrale nella vita comune e il capo della comunità diviene il custode del potere spirituale accanto a quello politico. Questo è il culto dello shinto (via degli dei) primitivo, caratterizzato da credenze animistiche, pratiche magiche e influssi sciamanici.

Società
Una fonte cinese scritta nel I secolo d.C. accenna a una terra al di là della penisola coreana popolata da cento e più piccoli "paesi". Le opere redatte in Cina nel periodo precedente alla diffusione della scrittura cinese in Giappone costituiscono le prime testimonianze relative alla seconda metà della cultura Yayoi. A partire dal 100 d.C. l'organizzazione socio-politica delle comunità locali raggiunge un certo grado di evoluzione, e iniziano le prime forme di scambi commerciali tra Cina e Giappone. Contemporaneamente si avviava una lenta trasformazione delle comunità locali giapponesi, all'interno delle quali prendeva forma una stratificazione sociale più marcata. Ciò avrebbe indotto a una differenziazione della forza economica e militare tra le singole comunità o clan (uji), che sarebbe stata alla base del processo di competizione per il potere culminato nell'istituzione di un governo centralizzato. Gli scavi archeologici testimoniano l'importanza dei contatti tra il futuro Giappone e la Cina (a volte con la mediazione della Corea) nelle numerose tombe nella regione settentrionale del Kyushu, risalenti alla seconda metà del periodo Yayoi, sono stati portati alla luce specchi e armi di bronzo e ornamenti di giada di origine continentale, ossia Cina e Corea. Da quest'ultima si ispirarono le grandiose tombe che caratterizzarono il periodo Kofun o Yamato.

Yayoi nella storia cinese
Le registrazioni più antiche riguardanti i giapponesi ci vengono da fonti cinesi del periodo. Wa, la pronuncia giapponese di un antico nome cinese indicante il Giappone, fu menzionato per la prima volta nello Han Shu (Storia degli Han), la storia dinastica ufficiale cinese completata intorno all'82 d.C. Nel racconto si fa riferimento alla “Terra di Wa” (che al tempo significava “Terra dei nani”) che era composta di circa 100 regni, i cui messaggeri pagavano regolarmente i tributi alla base cinese di Lo-Lang, in Corea. Nel Hou Han Shu (Storia del tardo periodo Han), scritta nel 445 circa ci si riferisce anche allo stato di Na, appartenente a Wa, il cui imperatore ricevette un sigillo d'oro dall'Imperatore della Dinastia Han. Questo sigillo fu scoperto nella zona nord dell'isola di Kyūshū nel 1784 nella prefettura di Fukuoka. Il regno di Wa fu menzionato anche nel Wei zhi (Storia di Wei – Uno dei tre regni in cui era divisa la Cina in quel periodo), del 297 d.C., in una sezione dedicata ai “barbari orientali” che include anche vari popoli della Corea e della Manciuria.
I primi storici cinesi descrivono Wa come una terra di centinaia di tribù combattenti, non la terra unificata da 700 anni descritta dal Nihongi, un racconto mitico-storico che fa risalire la fondazione del Giappone al 660 a.C. . Fonti cinesi del terzo secolo riportano che la gente di Wa viveva di pesce crudo, vegetali, riso servito su tavolette di bambù e legno. Inoltre applaudivano durante i culti (cosa ancora fatta nei templi Shinto oggi) e costruivano cumuli di terra in funzione di tombe. Stabilirono anche relazioni di tipo servitore-padrone, iniziarono ad effettuare la raccolta delle tasse e avevano granai provinciali e mercati. La società era caratterizzata da violenti combattimenti.
Nel Wei Zhi si parla di una visita a Wa, nel 240, effettuata da parte dei Wei cinesi. Ed è proprio in questo brano che si fa riferimento al più forte dei cento regni: il regno «Yamatai» (in cinese Xiematai ). In questo paese vi era una regnante, Himiko, una figura alquanto misteriosa. Si racconta che ella fosse divenuta regina dopo innumerevoli guerre e che al tempo viveva in una fortezza sorvegliata da cento uomini e servita da mille donne ed un solo servitore. Era attraverso questo che comunicava col mondo esterno. Ella si preoccupava principalmente di faccende spirituali, mentre suo fratello minore si occupava degli affari di stato tra cui le relazioni con i Wei cinesi (220-265). Nel 238 Himiko versò i tributi all'imperatore cinese (pratica che era stata avviata nel 57 d.C.) e in questo modo ottenne il riconoscimento di Regina di tutta la terra di Wa (e non solo del suo regno). Ella ricevette dall'imperatore vari doni tra cui stoffe, gioielli e specchi e lei ricambiò inviando schiavi, tessuti e cinabro. Quando la regina morì nel 248, aveva sessantacinque anni. Dopo di lei vi fu un periodo di caos finché una ragazza di tredici anni, parente di Himiko, di nome Iyo, salì al trono sostituendo un sovrano a cui la gente non voleva obbedire.
Quando gli ambasciatori cinesi chiesero alle genti di Wa quali fossero le loro origini questi risposero di essere discendenti del Re Taibo di Wu, una figura storica che fondò il primo Regno di Wu nei pressi del delta dello Yangtze. Yamatai che fiorì intorno al III secolo fu come si può ben capire, il regno più importante del periodo. Tuttavia sussistono ancora dubbi sulla sua esatta ubicazione poiché la narrazione del viaggio compiuta dagli ambasciatori cinesi contenuta nel Wei Zhi è aperta a varie interpretazioni: alcuni pensano che si tratti di Yamato, nelle vicinanze del bacino di Nara, altri affermano che lo stato si trovasse nella parte nord di Kyūshū.

Le origini della cultura Yayoi
Le origini della cultura Yayoi è stata a lungo fonte di dibattito e attualmente vi sono sette maggiori teorie illustrate di seguito.

1. La cultura Yayoi fu portata in Giappone da migranti provenienti dalla penisola coreana
Una teoria che si affermò nel primo Periodo Meji affermava che la cultura Yayoi fosse stata portata in Giappone da migranti provenienti dalla penisola coreana. Alcuni, tuttavia, si domandano se questi migranti costituivano i moderni coreani. Comunque, molti autori occidentali e giapponesi, hanno concluso che i ritrovamenti archeologici del periodo Yayoi «derivano chiaramente dalla penisola coreana». Questi ritrovamenti includono «risaie, nuovi strumenti di pietra, miglioramenti dell'agricoltura, strumenti di metallo, nuovi metodi di tessitura, vasi di ceramica, nuovi tipi di insediamenti, maiali addomesticati, rituali effettuati con le ossa mascellari, e tombe megalitiche».
Questa teoria trova la sua forza anche nel fatto che la cultura Yayoi inizia sulla costa nord di Kyūshū, ossia nel punto dove il Giappone è più vicino alla penisola coreana. Le ceramiche, i tumuli funerari e i metodi di conservazione del cibo con i Yayoi si sono dimostrati molto simili a quelli in Corea. Inoltre vi era una consistente popolazione giapponese nel sud della Corea (Gaya) intorno al 300 a.C. (ed è per questo motivo che oggi le due nazioni affermano di essere stata una vassalla dell'altra. In aggiunta «molti altri elementi della nuova cultura Yayoi erano inconfutabilmente provenienti dalla penisola coreana e precedentemente ignoti al Giappone, inclusi oggetti di bronzo, tessitura, perle e stili di strumenti e di case».
In ogni modo, alcuni affermano che l'incremento della popolazione fino a quattro milioni in Giappone tra il periodo Jōmon ed il periodo Yayoi non può essere spiegato soltanto attraverso la migrazione. Questi affermano che l'aumento della popolazione fu dovuto principalmente al passaggio da un'alimentazione basata sulla caccia e la raccolta alla coltivazione, con l'introduzione del riso. Probabilmente la coltivazione del riso e la sua successiva deificazione (Inari, o anche Oinari, è il kami "divinità" giapponese della fertilità, del riso, dell'agricoltura, delle volpi, dell'industria e del successo terreno. Inari è rappresentato come maschio, femmina o androgino e alle volte considerato come costituito da un collettivo di tre o cinque kami individuali, ed è una figura popolare sia nelle credenze shintoiste, che in quelle buddiste giapponesi. Le volpi di Inari o kitsune sono di un bianco candido e agiscono come sue messaggere.) permisero un incremento della popolazione.
Le prove archeologiche sostengono la tesi di un afflusso in massa di contadini dalla penisola coreana al Giappone, che ha soppiantato le popolazioni native di cacciatori-raccoglitori. Una comparazione diretta tra gli scheletri del periodo Jōmon e di quelli del periodo Yayoi permette di distinguere nettamente i due tipi. I Jōmon erano più bassi, con avambracci più lunghi e gambe più corte, distanza tra gli occhi maggiori, visi più corti e ampi, e una topografia facciale più pronunciata. Gli Yayoi erano più alti, occhi più vicini, facce lunghe e strette. Dal Periodo Kofun in poi, quasi tutti gli scheletri trovati in Giappone, eccetto quelli degli Ainu e di Okinawa, assomigliano a quelli dei giapponesi e coreani dei giorni nostri.
Le prove genetiche sostengono questa teoria. Gli Ainu si pensa che siano i discendenti dei Jōmon, con alcuni geni degli Yayoi.

2. La cultura Yayoi fu portata in Giappone dai migranti della Cina
La nascita della cultura Yayoi fu improvvisa. La cultura Yayoi era molto evoluta se comparata con il periodo Jōmon. Introdusse capacità in Giappone come il bronzo e le armi di rame, gli specchi di bronzo, le campane e le risaie. Ciò che è, secondo questa teoria, la prova dell'origine cinese è il fatto che i tre maggiori simboli della cultura Yayoi sono lo specchio di bronzo, la spada ed il sigillo reale (questi sono esattamente i simboli utilizzati dalla Dinastia Qin).
In anni recenti prove genetiche e archeologiche sono state trovate sia in Giappone occidentale che nella Cina orientale. Tra il 1996 ed il 1999, una squadra guidato da Satoshi Yamaguchi, ricercatore al Museo nazionale della Scienza Giapponese, fece una comparazione tra i resti Yayoi (nelle prefetture di Yamaguchi e Fukuoka) con quelli del primo periodo della dinastia Han (202 a.C.-8) nella provincia costiera di Jiangsu e trovarono varie similitudini tra i teschi e le membra degli Yayoi e delle genti di Jiangsu. Due teschi mostravano le tracce dove i denti anteriori erano stati estratti, di una pratica comune nel periodo Yayoi e risalente al periodo Jōmon. Anche dal punto di vista genetico vi sono delle somiglianze. Questi ritrovamenti suggeriscono che alcuni dei primi coltivatori di riso in Giappone sarebbero potuti arrivare dallo Yangtze più di 2.000 anni fa.
Queste informazioni sembrano essere confermate da racconti cinesi riguardanti la Dinastia Wei. Questi infatti inviarono degli ambasciatori nel Giappone Yayoi e quando chiesero di chi erano i discendenti, essi (i giapponesi) affermarono di essere i discendenti del Re Taibo di Wu, una regione costiera nei pressi del Delta dello Yangtze che include gli attuali Jiangsu, Shanghai e Zhejiang.

3. La cultura Yayoi fu creata dall'incrocio dei nativi Jomon e immigranti della Cina/Corea
Alcuni resti terraglie mostrano chiaramente l'influenza delle ceramiche Jōmon. In aggiunta, gli Yayoi vivevano nello stesso tipo di dimore circolari come quelle dei Jōmon. Altri esempi delle comunanze sono le pietre scheggiate per la caccia, le ossa per la pesca, braccialetti di conchiglie e la capacità di laccare vascelli ed accessori. Il Museo Nazionale della Scienza Giapponese una volta tenne una esibizione chiamata “Un lungo viaggio nel Giappone preistorico” nella quale si affermò che gli Yayoi arrivavano dalla Cina del sud poiché vi erano somiglianze tra le varie ossa.

4. La cultura Yayoi emerse da quella Jomon con una limitata immigrazione dalla Cina e/o Corea
La pratica della coltivazione del riso prima si pensava che fosse arrivata in Giappone dalla Cina attraverso la Corea. Secondo questa teoria invece è arrivata dalla Cina meridionale attraverso Okinawa, e poi è giunta in Corea. Le differenze fisiche riscontrabili nei giapponesi di oggi è spiegata a causa di un cambiamento della dieta e del modo di vivere. Il fatto che i giapponesi siano generalmente simili (con eccezione degli Ainu e degli abitanti di Okinawa) suggerisce che i giapponesi non siano provenuti dalla Cina. Sebbene questa teoria piaccia di più ai giapponesi perché non li lega in modo stretto ai loro vicini asiatici, tuttavia risulta essere l'ultima in ordine di attendibilità ed è propugnata da un antropologo giapponese.

YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Yamato
Con il termine periodo Yamato (Yamato-jidai) si indica convenzionalmente il periodo della storia del Giappone che va dal 250 d.C. fino al 710 d.C.; l'effettivo inizio del periodo è però oggetto di dibattito tra gli studiosi.
Il nome deriva dal fatto che durante tale periodo storico la Corte Imperiale Giapponese era situata in quella che oggi è la Prefettura di Nara ma che, al tempo, era nota come Provincia di Yamato.
Il periodo Yamato include al suo interno sia il Periodo Kofun (250–538 d.C.) sia il Periodo Asuka (538–710 d.C.).

Periodo Kofun
Il periodo della storia del Giappone che va dal 250/300 d.C. fino alla metà del VI secolo è detto periodo Kofun o periodo dei Tumuli.
Il nome deriva dalle caratteristiche tombe a tumulo che andarono via via diffondendosi sempre più. Le tombe potevano essere di diverse dimensioni e forme a seconda dello status sociale del defunto. All'interno, intorno al corpo del defunto venivano posti oggetti a lui cari, per lo più d'origine continentale e di tipo prezioso. I Kofun erano spesso corredati di sculture in terracotta (haniwa) che ritraevano elementi zoomorfi o soldati, a protezione dello spirito del defunto.
Le famiglie più importanti venivano chiamate Uji e possedevano tombe maestose. Il termine Uji viene tradotto come clan, ed il capostipite era lo uji-no-kami ovvero colui che discendeva direttamente dalla divinità protettrice e detentore dei tre simboli sacri: la spada, lo specchio in bronzo e il gioiello; tutto ciò ribadiva e rinforzava il legame di continuità tra passato e presente.

Periodo Asuka
Con il termine periodo Asuka si indica il primo periodo buddhista della storia del Giappone, racchiuso convenzionalmente tra il 550 e il 700. Deve il suo nome ad Asuka kyō, che fu spesso la capitale imperiale in quel periodo. Con l'introduzione della nuova religione, si determinò una profonda influenza dell'idealismo astratto su tutta la cultura del Giappone. Fu anche considerato il periodo iniziale dell'era classica del paese.
La data convenzionale di inizio del periodo varia, a seconda delle fonti, tra il 538 ed il 552, quando ebbe luogo l'introduzione ufficiale del buddhismo alla corte di Yamato, proveniente dal vicino regno coreano di Baekje, e si considera concluso con lo spostamento della capitale a Nara, nel 710. Alcune fonti fanno risalire la conclusione del periodo all'ascesa al trono da parte dell'imperatore Tenji, nel 668.

L'introduzione del Buddhismo
Al momento dell'arrivo del Buddhismo in Giappone, la posizione più alta dello stato era occupata dal capo del clan Soga, sin da quando, nel I secolo d.C., il loro leggendario capostipite Takenouchi Sukune fu primo ministro dell'imperatore Keikō. I Soga, che si succedettero nella carica di "grande ministro" (Ō-omi), ebbero grande rispetto per le culture straniere e furono di importanza capitale nella diffusione della nuova religione.
Loro avversari furono i membri del clan Mononobe, comandanti in capo dell'esercito, che osteggiarono l'introduzione della nuova religione. Spalleggiati dal clan Nakatomi, i cui capi erano i maestri cerimonieri dei sacri riti ancestrali shintoisti di corte, i Mononobe diedero inizio ad un sanguinoso periodo di lotte che videro il clan Soga vincitore, anche grazie alla neutralità del clan Otomo, i cui capi erano gli ammiragli della flotta.
Nonostante la supremazia dei Soga, le tensioni interne si accentuarono quando il re Meirei di Baekje, nel 552, inviò in dono all'imperatore Kimmei dei sacri testi buddhisti ed una statua del Buddha Shakyamuni: l'esitazione dell'imperatore nell'accettare il dono e le lunghe discussioni all'interno del consiglio imperiale ebbero ripercussioni sull'opinione pubblica. Il dono fu infine accettato, ma quando un'epidemia di vaiolo colpì il paese, i nemici dei Soga sparsero l'opinione che si trattasse di una punizione degli spiriti shinto (Kami), per aver accolto in patria un idolo pagano. La statua venne quindi gettata in un lago ed i libri furono bruciati. A tutt'oggi la scultura dorata è considerata tra le più grandi perdite dell'antichità insieme alla biblioteca di Alessandria.
Nonostante la temporanea vittoria degli osteggiatori del Buddhismo, il culto si era già parzialmente diffuso in Giappone ed i suoi principi erano già noti in molte regioni quando, nel 552, giunsero da Baekje i due monaci Donyei e Doshin, recando con sé sacri testi e sculture buddhiste. Dieci anni dopo, dalla Cina giunse anche il viaggiatore Chiso, con un altro carico di immagini e sculture. Nonostante questi tre personaggi possano essere considerati gli unici importatori di cultura buddhista del periodo Asuka, la nuova religione si diffuse in modo efficace.
Al primo ministro Wumako Mononobe si deve la realizzazione dei primi templi buddhisti, eretti per ospitare i ricchi doni frequentemente inviati dai regni coreani di Baekje [(JA) Kudara] e Silla [(JA) Shiragi]. Nel 573 nacque il principe Umayado, detto anche Shōtoku, considerato il primo membro della famiglia imperiale a divenire buddhista. Nel periodo della sua adolescenza, le lotte tra i clan rivali culminarono nella battaglia di Shigisan, durante la quale le armate condotte da Soga no Umako sbaragliarono le forze nemiche, provocando la morte dei capi dei clan Mononobe e Nakatomi. Fu l'inizio del periodo che vide i Soga dominare la scena politica del Giappone e che si sarebbe protratto fino al 645.
Umako si valse dell'aiuto del principe Umayado nell'introduzione di quelle importanti riforme che cambiarono radicalmente la vita del paese. Il buddhismo divenne la religione ufficiale di corte e furono invitati da Baekje progettisti e carpentieri specializzati in edilizia sacra che costruirono maestosi complessi templari buddhisti, tra i quali il celebre Asukadera nella capitale Asuka kyō, nell'odierna prefettura di Nara. Nelle fondamenta di un pilastro del tempio principale vennero sepolte, il 15 gennaio 593, alcune sacre Reliquie del Buddha. Il nuovo imperatore Sushun fu posto sul trono da Umako, che ne dispose a piacimento, fino al punto di farlo uccidere quando questi si ribellò dopo 5 anni di regno.
Tali eventi segnarono il trionfo definitivo del clan Soga, che si issarono al vertice della gerarchia governativa della corte di Asuka-kyō, e la temporanea interruzione delle ostilità tra i clan nobiliari. Nel 588, Umako favorisce l'ascesa al trono dell'imperatrice Suiko, alla quale affianca l'anno dopo il di lei nipote Umayado in qualità di reggente.
L'unità di intenti tra Soga no Umako, Suiko, ed il reggente Umayado portò ad una serie di eventi epocali che avrebbero trasformato il Giappone in un paese moderno, allineandolo ai grandi stati del continente sotto ogni profilo. Fu fatto costruire il grande complesso templare buddhista Shitennō-ji, tuttora uno dei più famosi del paese, che fu eretto nei pressi del porto imperiale di Naniwa, l'odierna Osaka, per dimostrare ai visitatori d'oltremare lo splendore della corte e del paese intero. Attorno ai templi ebbero sede le nuove quattro istituzioni (Shika-in), che avevano lo scopo di innalzare il livello di civilizzazione del paese: il Kyōden-in (istituto per la religione e l'istruzione), l'Hiden-in (istituto di assistenza sociale), il Ryōbyō-in (ospedale), ed il Seiyaku-in (farmacia). In seguito, sarebbero stati costruiti altri templi importanti, tra cui l'Hōryū-ji, eretto nei territori della famiglia di Umayado, a Ikaruga.
Furono riorganizzati i ranghi della società secondo criteri ispirati al confucianesimo, assegnando i più alti in base ai meriti, e non più in base alle discendenze familiari. Vennero rafforzati i legami con i feudi lontani, concedendo terre e un margine di autonomia ai signori di tali feudi, e venne ufficialmente adottata a corte la scrittura in caratteri cinesi.
Nel 604 fu compilata la costituzione di 17 articoli, che fissava i codici di comportamento di governanti e sudditi nell'ambito di una società buddhista, e che sarebbe rimasta in vigore fino al 1890.

I principi della costituzione
Il documento redatto da Umayado ebbe enorme importanza nella storia giapponese e meravigliò gli intellettuali moderni per il livello di cultura e illuminazione. Fondata sui principi del confucianesimo, la costituzione partiva dalla necessità della devozione al sovrano, per arrivare a commentare diffusamente i sûtra, che il principe aveva studiato in cinese. La costituzione decretò definitivamente l'adozione dei principi di Nagarjuna, che vennero tradotti dal testo originale ed applicati senza forzature alla cultura giapponese in modo efficace.
Quando, nel 621, il venerato principe Umayado morì, l'evento nefasto venne riconosciuto da molti come la fine di un'epoca illuminata durata quarant'anni, la prima senza lotte da molto tempo.

Tramonto del clan Soga
L'accumulo di tanto potere accrebbe l'ambizione del nuovo Ō-omi Soga-no-Emishi, figlio del defunto Umako, che arrogò a sé ed al figlio Soga-no-Iruka prerogative fino ad allora ad esclusivo appannaggio del sovrano. Costruì il proprio Kofun di dimensioni e sfarzo mai visti prima, cinse la testa del figlio con una corona e lo nominò ministro imperiale. Dopo che nel 643 Iruka fece uccidere il probabile erede al trono, il principe Yamashiro Ōe, la famiglia reale, guidata dal principe Nakano Ōe, radunò a sé le fazioni che si opponevano ai Soga, tra le quali i Nakatomi, che al contrario dei Mononobe erano sopravvissuti alla disfatta di Shigisan, ed un ramo minore dello stesso clan Soga.
Nel 645 Soga no Iruka fu ucciso mentre riceveva un ambasciatore coreano, in un complotto ordito da Nakano Ōe e da Nakatomi-no-Kamatari, capo del clan Nakatomi. Emishi chiamò a raccolta i suoi seguaci ma, tradito dal ramo dei Soga che si era alleato ai Nakatomi, dovette ritirarsi e si suicidò dando fuoco alla propria casa. Nel corso dell'evento andarono a fuoco preziosi documenti riguardanti la dinastia imperiale giapponese e la stessa famiglia Soga.

Restaurazione Shinto
Con la distruzione del clan Soga, ebbe inizio un nuovo corso alla corte di Yamato, Nakano Ōe pose sul trono imperiale prima lo zio, che diventò l'imperatore Kotoku, poi la madre, che diventò l'imperatrice Saimei, alla quale sarebbe succeduto, dopo la morte avvenuta nel 661, con la carica di reggente. Nel 668 diventò imperatore e sarebbe passato alla storia con il nome di Tenji. Nakatomi no Kamatari sostituì l' Ō-omi ai vertici della nobiltà di corte con il nuovo titolo di consigliere dell'imperatore (Kanpaku). Gli venne assegnato il feudo ed il nome di Fujiwara, e divenne così il capo-stipite del nuovo clan Fujiwara, che avrebbe monopolizzato la politica del paese fino alla fine del XII secolo.
Il buddhismo, a cui si erano convertite gran parte delle famiglie nobiliari, perse importanza in favore dello shintoismo, ma si continuò il processo di sincretismo tra le due religioni. L'ordinamento statale venne riorganizzato con gli editti di riforma di Taika del 646, attraverso i quali il potere venne accentrato maggiormente nella capitale, con l'abolizione dei titoli di tipo feudale conferiti ai capi-clan delle altre province giapponesi. Nella stesura di tali editti vennero osservati i principi del confucianesimo, che erano ormai stati assorbiti dal popolo giapponese.
Alcuni membri del clan Soga continuarono ad avere importanti incarichi ed alcune delle loro discendenti sposarono alcuni degli imperatori di quel tempo, ma il potere della famiglia era ormai definitivamente declinato. Secondo alcuni storiografi, il periodo Asuka coincide con il periodo relativo al potere dei Soga, che si era aperto con l'introduzione ufficiale del buddhismo a corte e si era chiuso con la distruzione del clan e la restaurazione dello shintoismo.

YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Nara
Il periodo Nara (Nara-jidai) è un'epoca della storia del Giappone che va dal 710, anno in cui l'Imperatrice Gemmei spostò la capitale a Heijō (odierna Nara), al 784, quando l'Imperatore Kammu la spostò nuovamente a Nagaoka prima di Heian (odierna Kyōto), nel 794. In realtà durante questo periodo la capitale non fu sempre Nara: tra il 740 e il 745 infatti la capitale fu spostata per un breve periodo per volontà dell'Imperatore Shōmu.
La capitale Nara venne modellata ad imitazione della capitale cinese Chang'an, corrispondente all'odierna Xi'an; in questo periodo, infatti, le classi aristocratiche del Paese imitavano gli usi e i costumi cinesi, e molti nobili adottarono il buddhismo, mentre la popolazione, prevalentemente rurale, rimaneva per lo più shintoista. A questo periodo risale l'importazione del sistema di scrittura cinese: i kanji, i primi caratteri di scrittura giapponese, furono modellati sulla base degli hanzi cinesi.

YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Heian
Il periodo Heian (Heian jidai) è un'epoca della storia giapponese compresa tra l'VIII e il XII secolo (794-1185), che prende il nome dalla capitale del tempo, Heian-kyo, l'attuale Kyōto.
Il periodo Heian fu culturalmente molto ricco, e rappresenta un periodo di apogeo sia per l'assimilazione della cultura cinese e del buddhismo, sia per la produzione letteraria, sia per lo sviluppo di una raffinatissima cultura aristocratica. Tra la produzione letteraria del periodo, alcuni classici e capolavori della letteratura giapponese, come il Genji monogatari, o lo Ise monogatari. In questo periodo il potere politico dell'imperatore inizia ad affievolirsi favorendo l'ascesa al potere della classe militare (bushi) che dominerà il Giappone in tutto il periodo a seguire fino alla modernizzazione (1868 - Meiji Isshin, o Restaurazione Meiji).

L’imperatore Kanmu e lo spostamento della capitale
Nel 784, allo scopo di sottrarsi all’influenza buddhista, l’imperatore Kanmu (736-805) decise di trasferire la capitale da Heijo-kyo, l’attuale Nara, a Nagaoka-kyo, nuova città costruita sul modello di Chang’an, allora capitale della Cina, che si trovava sotto la dinastia Tang. Questo trasferimento fu affidato a un’importante figura, Tanetsugu, appartenente alla famiglia Fujiwara. Costui, però, aveva molti nemici, soprattutto tra le principali famiglie; questi ultimi, con l’appoggio del fratello minore di Kanmu, Sawara, commissionarono il suo assassinio solo un anno dopo il completamento della nuova capitale. Questo delitto non nocque alla crescente influenza della famiglia Fujiwara, anzi, consentì loro di eliminare un gran numero di avversari, ad esempio Sawara, ufficialmente esiliato nell’isola di Awaji, ma in realtà ucciso durante il viaggio. Tuttavia, solo dieci anni dopo il completamento di Nagaoka-kyo, la capitale fu trasferita nuovamente, nel 794, data d’inizio del Periodo Heian, a Heian-kyo, ora meglio conosciuta con il nome di Kyoto. Le ragioni di questo secondo trasferimento non sono chiare, ma è probabile che abbia giocato molto la superstizione: era costume, infatti, compiere il trasferimento dopo un evento nefasto, e la morte di Tanetsugu e di Sawara giustificò in un qualche modo la decisione. Le spese e gli sforzi profusi nella costruzione di Nagaoka, però, rendono difficile accordare eccessiva attendibilità a quest’unica spiegazione, anche se si riteneva, e si ritiene tutt’ora, che i fantasmi dei due uomini infestassero la città. Sono soprattutto la migliore posizione strategica e un sito più ampio a favorire il futuro insediamento a Heian-kyo, scoperto per caso dopo il 784. Come la precedente, la nuova capitale è molto strutturata ed è attraversata da una via principale, ossia Suzaku’oji (Via dell’Uccello Rosso), lunga quattro chilometri e larga 83 metri inizia con la grande porta Rasho e termina con il Palazzo Imperiale, di per sé una piccola cittadella. Tuttavia numerosi spazi della nuova capitale restarono non lottizzati e col tempo questi furono usati come terreni per la coltivazione, impedendone l’edificazione. Con l’abbandono dei quartieri ovest, causato dalle condizioni in cui riversavano, la via principale perse importanza a vantaggio delle vie Omiya e Higashi no to’in, che attraversavano i quartieri residenziali. Nell’810, sotto l’imperatore Saga, venne scoperto un complotto che coinvolgeva le sette buddhiste e che mirava a riportare al potere l’imperatore Heizei, successore di Kanmu ritiratosi dal potere l’anno prima, nonché a riportare la capitale a Heijo-kyo. Da allora il costume del trasferimento della capitale venne abolito grazie all’influenza dei Fujiwara, che speravano di affermarsi ancora una volta. Nello stesso anno nacque una cancelleria privata, il Kuraudo Dokoro e, nell’816, venne fondato l’ufficio di polizia (kebiishi), creato per sostituire la guardia imperiale divenuta oramai inefficace; né il kuraudo, sorta di segretario particolare dell’imperatore che rivestiva anche funzioni di archivista, né il kebiishi, capo della polizia, erano previsti dal ritsuryo, ossia l’insieme di leggi scritte durante il periodo Asuka simile al Corpus Iuris Civilis di Giustiniano. Proprio come accadde in Europa con il Cristianesimo, in Giappone iniziò ad accumulare potere temporale oltre che spirituale il Buddhismo, che venne attaccato e protetto dall’imperatore: infatti Kanmu era un grande sostenitore di questa religione, ma si opponeva all’ingerenza dei preti buddhisti negli affari politici. All’inizio del IX secolo si assistette alla maggiore fioritura di questa religione; infatti, l’imperatore nell’ 804 inviò in un viaggio di studio in Cina due monaci, Saicho e Kukai, che, una volta tornati, fondarono due importanti scuole buddhiste, ossia la Tendai e la Shingon.

Degenerazione del Ritsuryo e riforme istituzionali
Gli imperatori che succedettero Kanmu mantennero la sua politica, almeno in superficie. In realtà, però, le entrate del governo si erano molto affievolite, poiché il sistema ideato durante il periodo Asuma veniva sempre più raggirato da coloro ai quali venivano affidati dei lotti di terra che sfuggivano al controllo dello Stato, così da accumulare terre fino a farle diventare dei fondi, degli sho. Queste venivano, infatti, affidate alle nobili famiglie che non potevano essere tassate, ricevendo in cambio un’entrata che permetteva loro di mantenere un tenore di vita indispensabile a corte. All’inizio del X secolo, però, il governo trovò degli espedienti per far pagare le tasse, come il cambiamento della base di calcolo delle imposte, da quel momento stabilite sulla terra e non più sugli individui. Per ridurre le spese di riscossione delle tasse, l’esazione è affidata a due personaggi la cui importanza cresce nelle province: dei governatori locali che diventano gli esattori, zuryo, e degli ufficiali che pagano una somma fissa delle imposte che prelevano, zaicho kanjin. Altro importante rinnovamento che viene effettuato in questo periodo fu la suddivisione delle alte classi sociali, ossia i nobili: vengono infatti divisi in dieci ranghi e in trenta titoli diversi. Ciascuna classe nobiliare dispone di un proprio vestiario, di propri mezzi di spostamento, di caratteristiche particolari del livello di abitazione cui essa ha diritto, il tutto retto da una severa etichetta che con il passare del tempo diventò sempre più complessa e severa. I ranghi si dividevano in due “categorie”: i primi cinque ranghi potevano essere affidati a una famiglia solo dall’imperatore e tra questi i primi tre, detti kugyo, si distinguevano nettamente poiché discendevano o dalla famiglia imperiale o da antichi capi-clan, mentre gli altri cinque ranghi avevano origine da antichi titoli nobiliari. Contrariamente a quanto accadeva in Cina, dove tramite particolari esami si poteva salire di grado nobiliare, in Giappone l’individuo non poteva assolutamente cambiare rango, se non per casi estremamente eccezionali. Questa impossibilità di progredire socialmente si rivelò pericolosa per l’avvenire dell’impero: i funzionari provinciali, anche di nobili origini, dislocati nella periferia, non avevano alcun futuro a corte e per questo motivo decidevano di insediarsi fuori dalla capitale una volta terminato il loro mandato. Lì, però, sviluppavano non solo un potere locale fuori dal sistema, ma anche un peso economico, persino militare, accrescendo l’estensione delle terre sotto il loro indebito controllo. L’utopia che si voleva raggiungere con il ritsuryo si allontanava col trascorrere del tempo; poiché il posto nell’amministrazione e la ricchezza che ne derivava erano determinati dal rango, non sempre il sistema era efficace, e lo divenne sempre meno man mano che i Fujiwara si accaparravano le funzioni amministrative a partire dalla seconda metà del IX secolo, fino al punto in cui il potere di questa famiglia divenne tale che era praticamente essa a governare sul Giappone, mentre all’imperatore restavano solamente funzioni sacerdotali e rappresentative.

Il potere dei Fujiwara e la creazione di due tipi di reggenza
Il grande clan Fujiwara ebbe inizio con Fujiwara Fuhito (659-720) e s’impose molto lentamente, affermando dapprima la sua supremazia sui clan rivali e sul clero buddhista. Solo nel IX secolo si crearono le condizioni che la fecero diventare una delle famiglie più potenti del Giappone medievale. Nell’858, Fujiwara Yoshifusa, il nonno materno del nuovo imperatore Seiwa, salito al trono all’età di nove anni, approfittò dell’occasione per assumere la reggenza. Nonostante non fosse di sangue imperiale, riuscì a farsi nominare sessho (reggente), colui che prendeva le decisioni per l’imperatore se questo fosse stato minorenne e quindi non avesse potuto esercitare il potere, per il fatto che apparteneva all’ascendenza materna dell’imperatore. Questa carica la ottenne ancor più facilmente perché prima che salisse al trono Seiwa, Yoshifusa ricopriva la carica di Dajo daijin, cioè era il Ministro degli Affari supremi, quindi ciò che potremmo definire il Primo Ministro. Sebbene la carica di sessho esistesse già dal periodo Yamato (300-552), questa fu la prima volta che comparì nella scena politica, poiché tutti gli imperatori precedenti salirono al trono in maggiore età. Con la carica di reggente ebbe inizio il controllo totale esercitato dalla famiglia Fujiwara sugli imperatori. Il figlio di Yoshifua, Mototsune, diventò a sua volta sessho durante la minore età del figlio dell’imperatore Seiwa, Yozei, che gli succedette nell’876. Quando l’imperatore raggiunse la maggiore età, tuttavia, Mototsune continuò ad esercitare un grande potere, parlando in nome dell’imperatore, cioè continuò con la sua carica di sessho nonostante la sua nomina non fosse più valida. Con l’ascesa al trono dell’imperatore Uda nell’887, nonostante egli fosse il primo imperatore che non aveva madre appartenente ai Fujiwara da secoli, sempre Mototsune creò la carica di kanpaku, il reggente di maggiore età, per venire in aiuto a un imperatore ritenuto mentalmente infermo; carica che consente per la prima volta il potere su un imperatore maggiorenne. Queste due funzioni, il sessho e il kanpaku, costituivano un sistema chiamato sekkan, che ebbe come risultato la privazione dell’imperatore di qualunque potere effettivo, discordando dall’idea che rappresentava il cuore del ritsuryo. L’abitudine ormai acquisita di affidare l’incarico di kanpaku e di sessho a un membro della famiglia Fujiwara portò un clima di agitazione tra questa famiglia e gli altri clan, ma vi furono addirittura delle gravi tensioni all’interno dello stesso clan. Altro segno dell’allontanamento dal modello cinese e dalla Cina stessa si verificò nell’894, quando il Giappone interruppe le relazioni ufficiali con il continente, anche se gli scambi economici rimasero lo stesso attivi e numerosi. Questo distacco segna l’inizio dello sviluppo autonomo dello stato giapponese e la fine dell’autorità cinese su di esso.

L’accesso degli intellettuali alle alte funzioni amministrative
L’imperatore Uda tentò di stroncare sul nascere la crescente onnipotenza dei Fujiwara, approfittando della morte di Mototsune nell’891. A tale scopo si era avvicinato alle famiglie nobili di secondo rango e aveva lasciato vagante il posto di kanpaku. Prima di ritirarsi e di lasciare il trono al figlio Daigo, Uda fece designare il suo favorito, Sugawara Michizane, ministro della Destra, chiamato anche udaijin, ma non poté non consegnare la carica di ministro della Sinistra, sadaijin, al capo del clan Fujiwara, Tokihira, nell’899. Nonostante tutto ciò non venne nominato nessun kanpaku fino alla fine del regno di Daigo. Il ministro della Destra Tokihira riuscì a far esiliare Michizane che morì due anni dopo dalla sua condanna, questo definì il potere che aveva raggiunto questo clan e il tentativo di frenarlo di Uda fu l’ultimo per molto tempo. L’ascesa di Sugawara ad un incarico di così grande prestigio nello Stato fu un segno di come stesse aumentando l’influenza esercitata dagli intellettuali nella corte imperiale. Entrato a corte in funzione di poeta fu un esempio di come anche le persone appartenente ad un ambiente sociale medio potessero aspirare in alto. Dopo la sua morte si susseguirono non solo le morti del principe ereditario e di Tokihira, ma anche gravi calamità naturali: tutto ciò fu attribuito al desiderio di vendetta del suo spirito; a Michizane furono attribuite nomine postume alle più alte funzioni ufficiali e divenne anche un simbolo della cultura, finché non venne nominato Tenman Tenjin o Kanko, dio della cultura. Il vincitore di Michizane, Fujiwara Tokihira, pur avendo instaurato il dominio esclusivo del proprio clan sulla vita giapponese, non è privo di talento amministrativo. Cerca di mettere quest’ultimo al servizio del Giappone raccogliendo tutte le leggi allora in vigore in un volume intitolato Engishiki (Istituzione dell’era Engi), approvato solo dopo la sua morte. Quando questo documento fu presentato a corte, il fratello di Tokihira, Tadahira, era il capo clan succedutogli, ed era impegnato a governare sullo Stato imponendo una vera e propria dittatura, che si accentuò ancora di più dopo la morte dell’imperatore Daigo nel 930. Proprio come il nonno Mototsune, Tadahira prese il titolo di kanpaku fino alla sua morte nel 949; ma il suo potere ebbe difficoltà ad affermarsi, infatti scoppiarono numerose rivolte nelle province e persino il palazzo imperiale non fu più un luogo sicuro. Nel 967 Fujiwara Saneyori diventa reggente e questa data viene utilizzata per indicare l’inizio del potere politico totale dei Fujiwara. Tuttavia, pochi anni dopo, mentre la potenza del clan sembrava inattaccabile dall’esterno, due Fujiwara, Kanemichi e il fratello minore Kaneie, si scontrano in una lotta senza pietà per la carica di cancelliere. Nonostante i suoi numerosi appoggi, Kaneie non riuscì ad avere la meglio sul fratello maggiore Kanemichi, e a quel punto si adoperò per rafforzare i suoi legami con l’imperatore, facendo maritare due delle sue figlie con la famiglia imperiale. Nel 986 salì al trono l’imperatore Ichijo, nipote di Kaneie, che sposò due Fujiwara, Sadako e Akiko. La seconda moglie continuerà ad esercitare a lungo, anche dopo la morte del marito, un’enorme influenza a corte. Ma mentre Kanemichi era sul punto di morte, la fretta con cui Kaneie rivendicò i suoi diritti di successione, senza neppure dare l’ultimo saluto al fratello, gli costò la rovina. Il fratello morente, infatti, nominò suo successore il cugino Yoritada e riservò a Kaneie una carica ministeriale secondaria. La lotta per il potere riprese con il figlio del fratello minore, Michinaga; questo aveva numerosi appoggi che gli fruttarono nel 995 posizioni di grande favore presso l’imperatore che gli consentono di eliminare suo nipote, che gli era anche rivale. Nel 1016, con la nomina di Fujiwara Michinaga a sessho e poi a Dajo daijin, il potere del clan raggiunse indiscutibilmente l’apogeo. L’amministrazione venne interamente affidata a Michinaga e ai suoi uffici (mandokoro), lasciando per la prima volta la cinta del palazzo imperiale. Tuttavia il controllo dei Fujiwara sulla capitale era ben lontano dall’essere totale, come dimostrò un fatto accaduto nei primi anni 40 del 900, cioè prima della nomina di Michinaga. Taira Masakado, discendente dell’imperatore Kanmu, si autoproclamò nel 939 shinno, nuovo imperatore, assunse cioè il controllo della regione di Kantō (che tutt’oggi comprende sette prefetture tra cui quella di Tokyo). Nel 940, con la guerra di Tengyo, si pose fine al controllo di Taira, ma si rivelò anche quanto si stesse indebolendo il potere centrale e l’incapacità dei Fujiwara di governare sulle provincie lontane, dove emergevano signori locali che disponevano di ingenti forze militari. Per tentare di limitare eventi del genere, nel 1069, fu istituita una Camera incaricata del controllo dei domini lontani, il Kiroku shoen.

I grandi possedimenti e la fine del Ritsuryo
Sul piano economico e sociale, il ritsuryo era ormai in piena decadenza. Il sistema previsto da questo di recuperare le terre concesse a un contadino da parte del governo e la loro redistribuzione alla morte di quest’ultimo, non era più applicata. Naturalmente le entrate che il governo traeva dalle provincie non si limitavano alla tassazione di quelle terre, le quali erano prevalentemente coltivate a riso, ma le imposte naturali si erano moltiplicate di fronte alle crescenti difficoltà dei Fujiwara, come le tassazioni della ceramica, della carta o delle armi. Ma ciò che soprattutto segnò la fine del ritsuryo è lo sviluppo del dominio feudale, cioè l’accrescimento degli shoen, adottato a partire dal periodo Nara. Infatti coloro che bonificavano e coltivavano le terre paludose, a partire da quell’epoca, venivano premiati con l’esenzione dalle tasse per tre anni e la possibilità di tenere quelle terre come proprietà privata. Altre terre, invece, venivano offerte dalla corte in cambio di future restituzioni sotto forma di denaro, ossia le vendevano. Membri delle famiglie aristocratiche, ma anche templi buddhisti, avevano così messo da parte vasti possedimenti che non potevano essere controllati dallo Stato. Certi possedimenti divennero talmente grandi che il signore che li controllava aveva un proprio esercito per difenderli o per attaccare quelli vicini; mentre nei templi buddhisti si stava moltiplicando il numero dei monaci-soldato, che avevano sia il compito di difendere il tempio sia quello di attaccare e saccheggiare i templi delle scuole rivali. A partire dal regno dell’imperatore Shirakawa, che ebbe inizio nel 1072, il potere imperiale prese coscienza dell’impossibilità nella quale si trovava di lottare efficacemente contro l’affermarsi dei poteri locali. Incapace di opporsi alla crescita della proprietà privata, Shirakawa decise, nel 1086, di convertire ampi appezzamenti di demanio pubblico in possedimenti feudali di proprietà dell’imperatore. Contro l’ascesa di questi signori locali cercò appoggio presso le istituzioni religiose e sostenne vigorosamente il Buddhismo. Queste shoen erano praticamente tutte in mano ai Fujiwara, sia direttamente che indirettamente, e ciò provocava grandi malcontenti tra la popolazione e nelle famiglie più potenti che vedevano quella famiglia governare non solo sull’imperatore ma anche sui feudi. A causa di questo scontento nel 1055, sotto Abe Yoritoki, il clan Abe credette di poter approfittare della sua potenza nella regione di Mutsu per sfidare la corte di Heian. La sua rivolta fu fondamentale non solo perché durò molti anni e fu difficile da sedare, ma anche perché il clan Fujiwara dovette chiedere aiuto ad un altro clan, il Minamoto, sotto la figura di Minamoto Yoriyoshi, per sconfiggere Abe, che alla fine venne ucciso. Anche sul versante della capitale l’opposizione ai Fujiwara si fece sentire, infatti si incominciò a chiamare la capitale non più Heian, bensì Miyako (città imperiale) o Kyoto (città capitale), a testimonianza del fatto che qualcosa stava cambiando. L’imperatore Go-Sanjo, che regnò dal 1068 al 1072, decise di governare da solo, o almeno senza l’influenza dei Fujiwara, e fu facilitato poiché non discendeva da parte materna con quel clan. A tale fine l’imperatore promosse un controllo su vasta scala di tutti gli shoen, mirando principalmente a colpire i Fujiwara, i maggiori proprietari terrieri. Go-Sanjo in quell’occasione contava di colpire seriamente il clan, ma non ci riuscì e, anzi, ne aumentò il prestigio ormai decadente andando a legittimare i loro territori non legittimi. L’ormai imminente caduta dei Fujiwara era dovuta principalmente al fatto che il clan si rifiutava di cedere anche in piccola parte i benefici che traeva dai suoi possedimenti e che incoraggiava, con il suo incitamento alla corruzione, alla formazione di entità sempre più autonome all’interno di essi. Questa famiglia aveva trascurato un elemento che li porterà alla rovina: la crescita della potenza dei clan militari di provincia.

Il governo Insei e l’indebolimento dei Fujiwara
Dopo il fallimento della sua politica, Go-Sanjo mette nuovamente in atto un sistema che mira a rimpiazzare l’amministrazione in mano ai Fujiwara, chiamato governo dell’imperatore in ritiro o governo insei. In tale modo si ritirò dalla sua carica di imperatore lasciando il trono al suo favorito, allora minorenne, stabilendosi in un tempio buddhista, e da lì governò al posto del neo imperatore minorenne senza che i Fujiwara potessero avere alcuna influenza sul suo potere. Continuò a svolgere la sua funzione di reggente anche dopo che l’imperatore a lui successo divenne maggiorenne. Benché morto poco dopo la sua abdicazione e la messa in atto del suo sistema, Go-Sanjo può vantarsi di aver reso possibile il declino del potere dei Fujiwara. Tre dei suoi successori esercitarono il potere senza i Fujiwara grazie al governo insei: Shirakawa, Toba e Go-Shirakawa. Ma molti dei loro successori non furono alla loro altezza e permisero ai Fujiwara di riottenere, seppur in minima parte, il loro potere, che non era mai svanito del tutto. Come conseguenza dell’Insei il potere si spostò dalla capitale all’esterno, principalmente verso nord ed est con la costruzione di regge imperiali e di templi ove soggiornavano gli imperatori in ritiro.

I Taira contro i Minamoto
Durante il governo dell’imperatore Go-Shirakawa, suo fratello maggiore Sutoku, allontanato dalla funzione imperiale nel 1141, cercò di riconquistare il potere. Aveva infatti dei suoi sostenitori nelle alte sfere amministrative, tra cui il ministro della Sinistra Yorinaga, appartenente al clan Fujiwara. Da questa situazione derivò una sanguinosa guerra civile nella quale entrambe le fazioni fecero il grande errore di fare appello a dei signori della guerra per far pendere la situazione dalla loro parte. Persino il clan Fujiwara era diviso, infatti Tadamichi diede il proprio sostegno all’imperatore, mentre suo fratello Yorinaga prese, per l’appunto, le parti di Sutoku. Ma fu soprattutto l’alleanza con i clan militari a far precipitare il paese nel caos. I due principali clan militari furono i Taira e i Minamoto, entrambi di sangue imperiale; i primi conosciuti anche sotto il nome di Heike, discendevano dall’imperatore Kanmu, mentre i Minamoto, o Genji, avevano come antenato l’imperatore Seiwa. Sin dall’origine queste due famiglie allargarono il loro potere opponendosi l’una all’altra, e si arrivò all’apice di questo conflitto nel 1156 con i disordini di Hogen che si conclusero velocemente con la vittoria di Taira Kyomori, schierato con l’imperatore regnante Go-Shirakawa, grazie all’alleanza decisiva con dei disertori del clan Minamoto, tra cui Minamoto-no-Yoshitomo. Il padre di quest’ultimo, Tameyoshi, che guidava il tentativo di colpo di Stato di Sutoku, aveva trovato degli appoggi all’interno del clan Taira, nella persona di Taira Tadamasa. Lotte fratricide impedivano dunque al conflitto di fermarsi lì. Kyomori riuscì, grazie all’appoggio del potente monaco Shinzei, a sbarazzarsi di una parte dei Minamoto sopravvissuti ottenendo la loro carica e affidandola al suo alleato Minamoto-no-Yoshitomo. La pace fu temporaneamente ristabilita e l’imperatore poté consegnare il suo titolo al figlio Nijo, secondo il principio dell’Insei. È l’occasione che attendevano i Fujiwara, grandi sconfitti di Hogen; forte del fatto che Yoshitomo, benché salito al potere del suo clan, non si sentisse ripagato sufficientemente da Kiyomori, approfittarono dell’assenza di quest’ultimo per deporre Nijo e per rapire l’imperatore in ritiro, nominando Generale della Guardia il vero artefice di quel colpo allo Stato Fujiwara Nobuyori e permettendo a Yoshitomo di accedere alla carica di governatore della provincia di Harima. La situazione, però, svolse a loro svantaggio: Go-Shirakawa riuscì ad evadere e informò Kiyomori che organizzò in tutta fretta un’efficace azione. Yoshitomo fu quindi vittima di ostracismo da parte del suo clan a causa del suo tradimento nel 1156 e per quanto riguarda Fujiwara Nobuyori, la sua inettitudine militare fu uno dei fattori che impedì la presa del castello dei Taira e che lo condusse alla morte. Kiyomori fu, per la seconda volta, il grande vincitore, senza avversari, dato che i Mianmoto e i Fujiwara erano stati scalzati dal potere. Nel 1167 si fece attribuire il titolo di Ministro degli Affari Supremi, Dajo daijin. Queste sue vittorie gli portarono, però eccessivo potere e l’imperatore in ritiro Go-Shirakawa tentò invano di sollevare la nobiltà contro il nuovo dittatore. Seguendo la politica dei Fujiwara, Kiyomori fece sposare sua figlia con l’imperatore Takakura, facendolo così riconciliare con la famiglia imperiale. Nel 1180 fu delineato il progetto di spostare la capitale da Heian a Fukuhara (oggi Kobe), città sotto il suo controllo diretto; questo progetto, però, suscitò molte opposizioni dalle famiglie nobili. Posto finalmente in atto, esso non resistette più di sei mesi e fu quindi annullato. Nel 1180, ritenendo Kiyomori di aver sedato qualunque rivolta, uno dei suoi vassalli si ribellò e, approfittando del fatto, Minamoto Yoritomo e il fratello Yoshitsune, entrambi figli di Yoshitomo, risparmiati quando erano ragazzi, guidarono una sollevazione che si estese a un gran numero di province. Questa nuova rivolta civile è passata alla storia come “guerra di Genpei”, che si concluse con la vittoria dei Minamoto e la morte di Kiyomori. Questa guerra civile segna la fine del Periodo Heian nel 1185.

YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Kamakura
Il periodo Kamakura (Kamakura-jidai, 1185-1333) è un periodo della storia del Giappone segnato dal governo dello shogunato Kamakura (Kamakura bakufu), stabilito nel 1192 dallo shōgun Minamoto-no-Yoritomo, proveniente da Kamakura.
La fine dello shogunato Kamakura nel 1333 portò prima un breve ritorno al potere dell'imperatore Go-Daigo (Go-Daigo Tennō), e poi alla fondazione dello shogunato Ashikaga da parte di Ashikaga Takauji, che diede inizio al periodo Muromachi.

Restaurazione Kemmu
La restaurazione Kemmu (Kemmu-no-shinsei) fu un periodo della storia giapponese che intercorse tra il 1333 e il 1336. Segna il periodo di tre anni che comprende la caduta dello shogunato Kamakura e il sorgere dallo shogunato Ashikaga, quando l'imperatore Go-Daigo tentò di ristabilire il potere imperiale rovesciando i bakufu.

YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Muromachi
Il periodo Muromachi (Muromachi jidai) è un'epoca della storia del Giappone che va dal 1336, data dell'ascesa a shōgun di Ashikaga Takauji, al 1573, anno in cui Oda Nobunaga espugnò Kyōto. L'epoca prende il nome dal quartiere nord occidentale di Kyōto in cui si trovava la residenza dello shōgun dopo la riunificazione delle due corti nel 1392. È talvolta anche chiamato periodo Ashikaga perché coincide sostanzialmente con lo shogunato Ashikaga.
Gli anni dal 1336 al 1392 sono anche noti come periodo Nanboku-chō (cioè "delle Corti del Nord e del Sud"), mentre gli anni dal 1467 al 1573 sono noti come periodo Sengoku (cioè "degli stati combattenti").

Periodo Nanboku-chō
Nanbokucho (Nanbokuchō jidai), detto anche Periodo delle Corti del Nord e del Sud, è una parola giapponese con cui si designa il periodo, dal 1336 al 1392, che vide l'esistenza e la contrapposizione di due corti imperiali in Giappone nei primi anni dell'epoca Muromachi sotto lo shogunato degli Ashikaga: la Corte del Nord, insediata da Ashikaga Takauji, aveva sede a Kyōto ed era appoggiata dal Bakufu degli Ashikaga; la Corte del Sud era stata fondata dall'imperatore Go-Daigo e aveva sede a Yoshino presso Nara.
Le due corti si contesero aspramente il prestigio e il diritto di governare per cinquant'anni fino alla sconfitta del Sud nel 1392 e la riunificazione delle due corti.
Le due corti furono sempre guidate da un monarca di sangue imperiale non interrompendo così la millenaria successione della famiglia reale, tuttavia, nonostante la sconfitta subita dalla loro parte, gli imperatori della dinastia del Sud sono considerati dagli storici, a partire dal XIX secolo, i monarchi legittimi del Giappone in quanto furono sempre in possesso delle insegne imperiali.
Gli imperatori del Nord vengono generalmente annoverati nelle genealogie come "pretendenti" al trono.

Imperatori della Corte del Sud
Go-Daigo, (1288–1339, al potere nel periodo 1318-1339)
Go-Murakami, (1328–1368, al potere nel periodo 1339-1368))
Chokei, (1343–1394, al potere nel periodo 1368-1383)
Go-Kameyama, (1347-1424, al potere nel periodo 1383-1392)

Imperatori della Corte del Nord (pretendenti)
Pretendente al Nord 1: Kogon, (1313-1364, al potere nel periodo 1331-1333)
Pretendente al Nord 2: Komyo, (1322-1380, al potere nel periodo 1336-1348)
Pretendente al Nord 3: Suko, (1334-1398, al potere nel periodo 1348-1351)
Interregno, dal 26 novembre 1351 fino al 25 settembre 1352
Pretendente al Nord 4: Go-Kogon, (1338-1374, al potere nel periodo 1352-1371)
Pretendente al Nord 5: Go-En'yu, (1359-1393, al potere nel periodo 1371-1382)

Periodo Sengoku
L'epoca Sengoku (Sengoku jidai) o periodo degli stati/paesi belligeranti è un periodo di vasta crisi politica che il Giappone dovette fronteggiare dal 1478 e che si protrasse fino al 1605. Fu un'epoca in cui il Giappone era diviso in tanti piccoli feudi costantemente in guerra tra loro.

Gekokujō
Il Giappone era uno stato amministrato dallo Shogun (il generale più forte, formalmente nominato dell'imperatore, e nei fatti più influente di quest'ultimo); da costui dipendevano i Daimyo, signori locali di rango militare, a cui dava in amministrazione vaste porzioni di terra appartenenti allo stato. I feudi erano dei centri di potere autonomi: avevano propri emissari doganali e tributari, un proprio codice di leggi penali, economiche e finanziarie (conosciuti come "codici della Casa") e potevano contare solo su se stessi per imporsi sui vicini più deboli. Solo una trentina di feudi, su circa 250, erano abbastanza potenti all'inizio del XVI secolo.
Sebbene lo Shogunato Ashikaga avesse ereditato la struttura politica e amministrativa dello Shogunato Kamakura, istituendo un governo di sovrani guerrieri in base agli stessi diritti e doveri sanciti dal codice Jōei nel 1232 e stabiliti dal potente clan Hōjō, esso non fu capace di guadagnarsi la fedeltà di gran parte dei daimyo, soprattutto di quelli più autonomi i cui domini erano molto lontani dalla capitale Kyōto; questi feudi, sebbene in passato non avessero goduto di grande potere, avevano ora iniziato ad esercitare una forte influenza politica e militare, tanto da minacciare la stabilità dello shogunato, chiamato anche Bakufu, e metterne in discussione l'autorità: il processo che portò a questo nuovo equilibrio di potere viene detto in giapponese gekokujo, che letteralmente significa "i subordinati prevaricano i superiori".

YKIAT - Storia del Giappone

Storia del periodo Sengoku
Le origini
L'inizio dell'Era Sengoku si ebbe con lo scoppio della guerra di Onin (1467-1477) durante la quale le continue rivolte dei Daimyo assestarono duri colpi alle fondamenta del potere amministrativo del Giappone, fino allora detenuto dallo Shogunato Ashikaga. Ogni Daimyo fondò un proprio stato, in guerra con tutti gli altri, armato con un proprio esercito, formato da migliaia di uomini, spesso contadini reclutati nei propri appezzamenti. Le guerre sempre più cruente e devastatrici aumentavano nel corso degli anni e alla fine del 1550, si arrivò ad avere un numero largamente ridotto dei daimyo ancora al potere, che passò da 300 a meno di 20.

Le battaglie e il processo di unificazione
Tra le numerose battaglie combattute sono da menzionare quella tra il clan Takeda e quello Uesugi, quelle di Tokugawa Ieyasu, che unificò la parte ovest del Giappone e le guerre di Oda Nobunaga (1534 - 1582), sotto il cui controllo il Giappone ritrovò la via dell'unificazione parziale ma non certo senza spargimenti di sangue.
Con l'assassinio di Nobunaga, per mano di Akechi Mitsuhide, Ieyasu e Toyotomi Hideyoshi si spartirono le province, cosa che comportò l'inizio di una nuova guerra civile. Hideyoshi, che non poteva assumersi la guida totale del paese a causa delle proprie umili origini scelse per se un appellativo meno altisonante ma di egual potere: "reggente dell'Imperatore" ossia kanpaku; intorno al 1590 Hideyoshi inizia le Campagne di Corea ufficialmente per ampliare l'impero ma in realtà con lo scopo di indebolire i propri avversari politici impegnandoli in una guerra all'estero. Inizialmente i samurai giapponesi ebbero la meglio ma quando la Cina iniziò ad impegnarsi nel conflitto il sogno di conquista svanì. Hideyoshi morì e fu formato il Consiglio dei Cinque Reggenti con lo scopo di consegnare l'impero al proprio erede quand'egli sarebbe stato maggiorenne. Il Consiglio dei Reggenti era in sostanza un senato speciale composto da cinque daimyo, i più potenti, reciproci avversari che non sarebbero mai stati d'accordo tra di loro e che non si sarebbero lasciati manovrare da altri sia interni che esterni al consiglio. Hideyoshi aveva calcolato bene la nomina dei cinque rappresentanti ma ne aveva sottovalutato uno: Tokugawa Ieyasu. Dopo mille peripezie, intrighi e colpi di scena nel giro di due anni dalla morte di Hideyoshi l'impero era nuovamente spaccato.

Tokugawa Ieyasu e la fine del periodo Sengoku
I rappresentanti delle due fazioni contrapposte erano Tokugawa Ieyasu con circa ottantamila samurai e Ishida Mitsunari, anch'egli membro del Consiglio, con centodiecimila uomini a disposizione. Nella storica e famosa battaglia di Sekigahara del 1600 persero la vita circa quarantamila samurai, prevalentemente di Ishida, e Ieyasu trionfante, essendo la forza politica predominante in grado di esercitare la propria autorità e controllo sui daimyo, pose fine al periodo più sanguinoso della storia dell'Impero. La carica di Shogun venne "concessa" a Ieyasu dall'imperatore Go-Yozei nel 1603 dando così vita allo shogunato Tokugawa. Il 1603 è anche la data in cui, convenzionalmente, si conclude il periodo Sengoku e inizia il periodo Edo. I Tokugawa amministreranno il Giappone fino alla seconda metà del XIX secolo.
Oda Nobunaga, con Tokugawa Ieyasu e Toyotomi Hideyoshi, sono tra gli eroi più famosi del Giappone, conosciuti anche come i tre unificatori; in particolar modo Oda è passato alla storia per la sua incredibile abilità militare, per le sue aperture alle correnti occidentali (compreso il Cristianesimo), ma anche per la sua grande ferocia e mancanza di pietà.

Il periodo Sengoku nell'arte e nei media
Le vicende del periodo Sengoku sono state fonte di ispirazione per moltissimi artisti e letterati sia contemporanei che vissuti nei secoli successivi fino all'epoca moderna e contemporanea.
Durante il periodo Sengoku sono stati ambientati alcuni celebri jidai-geki come I sette samurai, Kagemusha e Ran del regista Akira Kurosawa.
Le stesse vicende sono state d'ispirazione anche per molti autori di manga: è durante questa epoca che vengono ambientate le avventure narrate nei manga Inuyasha, Tenjo Tenge, Sengoku Basara, Brave 10 ed altri.
Lo studio di sviluppo videoludico The Creative Assembly ha ambientato due dei sette capitoli usciti ad oggi della saga Total War nel Giappone dell'epoca Sengoku, intitolati Shogun e Shogun 2.
In uno scenario del gioco strategico a turni Civilization III Conquests ci si può immedesimare in uno dei tanti clan in lotta per il dominio sul Giappone.

YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Azuchi-Momoyama
Il periodo Azuchi-Momoyama (Azuchi Momoyama jidai) (1573–1603) è l'epoca dei tre unificatori del Regno del Giappone. Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu in questo periodo con la forza militare trasformarono nuovamente il Giappone degli Stati combattenti (epoca Sengoku) (Sengoku jidai) in uno stato unitario. Questo capitolo della storia giapponese prende il nome dalla fortezza di Azuchi di Oda Nobunaga e dal castello di Momoyama di Toyotomi Hideyoshi a Fushimi.
La fortezza di Azuchi mostrava chiaramente i cambiamenti nelle tecniche di difesa, poiché nella sua costruzione tenne conto della nascita delle armi da fuoco e dell'assedio mediante gli eserciti di massa.
La città fortezza di Momoyama mostrava invece le caratteristiche della città che nasceva nel periodo Edo come centro commerciale e culturale.
In questo periodo ricade anche l'epoca del commercio Nanban, nella quale ebbe luogo un intenso scambio tra il Giappone e altre nazioni, prima che il paese si chiudesse verso l'esterno.

L'epoca di Oda Nobunaga
Oda Nobunaga, che iniziò la sua carriera come piccolo daimyō, si impose con le sue truppe e la superiorità delle armi da fuoco contro i daymiō dei dintorni e nel 1568 occupò Kyōto, dove sostituì uno shōgun degli Ashikaga (Yoshihide) con un altro, ben disposto verso di lui (Yoshiaki). Conquistò poi la regione di Kinki e ottenne un riscatto dalla città di Sakai, per riempire le sue casse di guerra.
Per prima cosa Oda Nobunaga avanzò contro i tre potenti monasteri di Kōfuku-ji, Enryakuji e Kōya-san, che disponevano di grandi proprietà terriere e di truppe private di mercenari e monaci armati. Nel 1571 fece dare alle fiamme Enryakuji. In conseguenza di ciò gli altri templi conclusero con lui un trattato di pace. L'influenza dei monasteri, che sussisteva a Kyōto dall'VIII secolo, era dunque spezzata. Nel 1573 invase di nuovo Kyōto, per deporre Yoshiaki. Questa volta abolì completamente lo shogunato.
Seguirono ulteriori battaglie, saccheggi e omicidi di massa. Tuttavia nel 1582 Oda Nobunaga è attaccato di sorpresa dal suo vassallo Akechi Mitsuhide e costretto al suicidio (secondo Inoue, in base ad altre fonti viene assassinato). Fino alla sua morte Oda Nobunaga aveva posto il Giappone centrale sotto il suo controllo, ed eliminato tutti i rivali importanti. La conquista della periferia avvenne ora ad opera del suo successore.

L'epoca di Toyotomi Hideyoshi
Toyotomi Hideyoshi, figlio di contadini, subentrò nella posizione di Oda Nobunaga e proseguì con la spada il processo di unificazione. Impressionati dal suo esercito di 230.000 uomini, molti daimyō si sottomisero spontaneamente. Nel 1590 vi fu un'ultima guerra contro i discendenti degli Hōjō. Nell'arco di otto anni Toyotomi Hideyoshi aveva concluso l'unificazione del Giappone.
Grazie al talento di Toyotomi Hideyoshi nell'accomodare gli interessi dei daimyō a poco a poco la struttura amministrativa si stabilizzò. Vi furono nuovamente misurazioni terriere, fu stabilita la proprietà delle terre e furono riscosse nuove imposte e tasse. Ciononostante non vi fu pace. Toyotomi dovette agire con la forza contro le insurrezioni contadine. Separò più rigidamente i contadini e i soldati di fanteria e costrinse i contadini a rimanere nei loro villaggi. Il ceto più elevato dei militari, i samurai, ricevettero nuovi compiti. Essi dovevano provvedere alla riconciliazione del paese e alla pace. Il commercio con il Portogallo esisteva ancora e così nel paese arrivavano sempre più missionari cristiani. Le loro conversioni avevano particolarmente successo presso i contadini, che non possedevano nulla. I missionari cristiani ad esempio offrivano un'assistenza medica gratuita. Nel 1582 vi erano 150.000 cristiani e 200 chiese. I potenti del paese tuttavia vedevano il tutto con preoccupazione e tentarono di bandire il cristianesimo, giacché nel sud del paese disordini con motivazioni religiose ad opera di convertiti cristiani radicali destabilizzavano la regione. Questa diffidenza nei confronti dei cristiani fu rafforzata dalle notizie, sempre più insistenti, provenienti dall'Asia continentale circa le mire espansionistiche degli occidentali nel continente. In tal modo, si ribalta l'atteggiamento fino ad allora positivo dei Giapponesi nei confronti degli Europei, che subiscono addirittura persecuzioni ed esecuzioni di massa.
L'ambizione di Toyotomi Hideyoshi non si fermò davanti ai confini del Giappone: intenzionato a conquistare la Cina della Dinastia Ming, nel 1592 inviò un'armata di 200.000 uomini in Corea, all'epoca un fiorente regno alleato della Cina. La campagna militare tuttavia fu fermata ancor prima del confine coreano-cinese. Dopo un'iniziale serie di successi contro i Coreani, che le portò a conquistare Seoul e Pyongyang, infatti, le truppe giapponesi incontrarono una sempre maggiore resistenza sulla terraferma e, soprattutto, in mare dove, grazie all'invenzione delle famose "navi tartaruga", i Coreani distrussero infine la flotta del nemico tagliando definitivamente le sue linee di rifornimento. Ciononostante il conflitto riprese nel 1597 e durò con alterne vicende fino alle morte di Hideyoshi, avvenuta nel 1598. Un'opinione comune afferma che Hideyhoshi non credette mai seriamente in una vittoria, bensì che avesse mandato via a morire i molti soldati del periodo Sengo-ku per eliminare una potenziale fonte di ribellione. In ogni caso, nel 1598 Toyotomi Hideyoshi morì e i suoi generali interruppero la campagna militare. I piani di Hideyoshi, di insediare una dinastia con i suoi figli ancora minorenni, fallirono.

L'epoca di Tokugawa Ieyasu
Tokugawa Ieyasu, uno dei generali di Hideyoshi, prese su di sé la successione. Nella battaglia di Sekigahara nel 1600 si impose contro i suoi rivali alleati tra loro e pose così la prima pietra per l'egemonia della casata dei Tokugawa, che doveva durare fino alla restaurazione Meiji. Ieyasu rifiutò il titolo di shōgun per sé e lo passò a suo figlio, attraverso il quale egli governò indirettamente. Durante la sua reggenza pose le basi per la pace interna ed esterna, nella quale riuscì a bilanciare mediante un accorto sistema i poteri esistenti in Giappone.

Periodo del commercio Nanban
Il periodo del commercio Nanban (giapponese: nanban-bōeki, "commercio con i barbari meridionali") è nella storia giapponese un periodo che si estende dall'arrivo dei primi europei in Giappone nel 1543, fino alla loro totale esclusione dall'arcipelago nel 1641, a seguito della promulgazione del "Sakoku".

Etimologia
Nanban (letteralmente “Barbaro meridionale”) è una parola sino-giapponese che designava in origine i popoli del sud Asia. Segue l'uso cinese nel quale essi sono circondati da barbari, i meridionali dei quali definiti Nanban. In Giappone la parola prese nuovo significato designando gli europei che giunsero nel 1543, prima dal Portogallo, poi dalla Spagna, infine dai Paesi Bassi (sebbene questi ultimi fossero per di più chiamati "Kōmō", che significa "Rosso di capelli") e inglesi. La parola Nanban dovette essere particolarmente appropriata per i giapponesi: i nuovi visitatori giungevano dal sud, e le loro usanze erano alquanto poco "sofisticate" per i giapponesi.

YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Edo
Il periodo Edo (1603-1868) indica quella fase della storia del Giappone in cui la famiglia Tokugawa detenne attraverso il bakufu il massimo potere politico e militare nel paese. Noto anche come periodo Tokugawa, tale fase storica prende il nome dalla capitale Edo, sede dello Shōgun, ribattezzata Tokyo nel 1869.

Cenni storici
Il periodo Edo iniziò con il trionfo di Ieyasu Tokugawa nella battaglia di Sekigahara (1600), combattimento caratterizzato dalle circa quarantamila teste nemiche tagliate, che consentì a questo di eliminare ogni opposizione. L'inizio dell'epoca Edo, però, viene generalmente fatta risalire al 1603, quando Ieyasu assunse il titolo di Shōgun. Il Bakufu (governo militare retto dallo shogun) si insediò nella città di Edo, mentre l'imperatore rimase nella città di Kyoto: si venne così a creare una sorta di diarchia caratterizzata, con il passare del tempo, dal sopravvento del potere dello shogunato a discapito di quello imperiale. Nei primi anni di governo Ieyasu promosse una serie di importanti opere pubbliche affinché la nuova sede di governo venisse ampliata e abbellita nonché collegata con le città più importanti del Giappone (Gokaidō). Caratteristica preponderante del periodo Edo fu la politica di isolamento del Giappone, nota come sakoku: si assistette a vere e proprie carneficine di Cristiani soprattutto nell'area di Nagasaki, la città a più stretto contatto con gli Europei; nella medesima città infatti era sito l'unico porto in cui fosse concesso solamente agli olandesi (poiché bombardarono dalla nave "De Ryp" il castello di Hara dove erano asserragliati dei cristiani) di importare ed esportare mercanzie. Una caratteristica pratica imposta alle persone sospettate di essere vicine al cristianesimo per testarne l'estraneità allo stesso, era quella dello Yefumi, il calpestamento figurato del crocifisso o di immagini della Vergine Maria. Nel corso dei decenni l'importanza di Edo crebbe enormemente cosicché entro la fine del XVII secolo la città contava già un milione d'abitanti. Gli shogun Tokugawa sin dapprima dovettero porre freno allo strapotere di certi daimyo, per questo il Bakufu emanò una legge che obbligava tutti i daimyo a possedere due residenze: una a Edo e l'altra negli Han natii; questi erano poi obbligati a lasciare mogli e figli in città trascorrendo un anno con loro e un altro nei territori gentilizi, inoltre quando un daimyo doveva traslocare era tenuto a portare con sé tutta la corte, spendendo così moltissimo denaro. Lo shogunato dei Tokugawa conobbe momenti di crisi: nel luglio del 1853 apparvero fregate americane (le “navi nere” guidate dal commodoro Matthew Perry) nel porto di Nagasaki che costrinsero il capo militare a firmare accordi commerciali che suggellarono la riapertura di tutti i porti giapponesi al commercio con gli Occidentali, ponendo fine all'isolamento sakoku e inaugurando il cosiddetto periodo bakumatsu. Nel 1858 un malcontento generale esplose e l'ormai antiquato Bakufu dovette cedere alla pressione delle forze imperiali. Terminò così l'era Edo, mentre andava affermandosi sempre più il ruolo dell'Imperatore, che dette inizio alla restaurazione Meiji.

Politica e società
Se il periodo Edo fu preceduto da aspri combattimenti, il potere militare instauratosi si contraddistinse per un regime di repressione a caratterere fortemente burocratico. La nazione, plasmata in base ai modelli confuciani, chiuse le porte ai contatti con gli stranieri ed assunse inizialmente le caratteristiche tipiche di una società feudale. Fu proprio durante la lunga dominazione dei Tokugawa che si gettarono le basi per la struttura sociale orientale moderna, nella quale ogni persona assume un preciso ruolo sociale e deve adempiere alla sua missione attraverso il lavoro.
Lo shogunato divenne l'autorità politica più importante, mentre i daimyō conservarono il ruolo di governatori locali, soggetti al potere centrale ma detentori di maggiore autonomia nella gestione dei propri territori. Il sistema introdotto, chiamato baku-han (ibrido tra un governo centralizzato del Bakufu e il modello di feudalesimo suggerito dalla realtà dell'autonomia degli han) si basò su una federazione di duecentosettanta feudi. I daimyō cristiani furono costretti all'esilio e dal 1671 ogni famiglia venne collocata all'interno di una setta buddista e adeguatamente iscritta nei registri dei monasteri buddhisti locali.
L'assetto sociale, mibunsei, dell'epoca era strutturato attraverso una netta suddivisione gerarchica della popolazione in classi di appartenenza ben distinte tra loro, con l'adozione del modello shinokosho: samurai, contadini, artigiani, e mercanti. I samurai, pur rappresentando solo il cinque per cento dell'intera popolazione, mantennero una posizione sociale dominante; essendo privilegiati portavano due spade, un cognome e possedevano il diritto di uccidere ed allontanarsi (kirisute gomen). Occuparono soprattutto cariche burocratiche e amministrative. In Giappone, diversamente dal modello cinese, non si formò una élite culturale di letterati e questo fatto indusse la gente comune, in particolar modo i mercanti e gli artigiani, a descrivere il loro ambiente, il loro mondo, le loro regole e il loro codice etico-morale. Col passare del tempo si formò una forte e ricca classe di mercanti, in grado di raggiungere, seppur lentamente e faticosamente, una posizione di privilegio nel controllo economico-finanziario del Paese, agevolati dall'apertura del porto di Nagasaki agli scambi commerciali con i cinesi ed i mercanti protestanti, influenzando in tal modo la cultura e gli aspetti sociali del tempo.
Nonostante la politica di chiusura nei confronti del resto del mondo, l'agricoltura e l'economia, riuscirono a svilupparsi, grazie ad alcuni pilastri fondamentali, quali le proprietà famigliari ed il principio di continuità generazionale.
Il potere centrale, per controllare maggiormente il popolo, promulgò una serie di leggi riguardanti le varie classi: con il Buke-Sho-hatto del 1615 vennero imposti i codici di vita per la classe militare, che prevedevano, tra gli altri, l'obbligo a risiedere, in alternanza, a Edo e nelle provincie e delineavano la condotta di vita austera e sobria dei Bushi, basata sulla dottrina del Buddhismo Zen; con il Kuge-Sho-hatto invece, la nobiltà e la famiglia imperiale risultarono costretti ad occuparsi di funzioni culturali e rituali, vedendosi allontanare sempre più dall'effettivo potere politico-amministrativo.
La politica di isolamento della nazione, iniziata intorno al 1638 con la chiusura dei contatti con gli stranieri, agevolò il recupero e la valorizzazione delle usanze e della tradizione giapponese culturale, però cristallizzò le differenze di classe in un sistema statico e limitò lo sviluppo del Paese arrestando parzialmente l'economia e l'arte.
Edo, diventando quindi il nuovo centro culturale e politico del Paese, in contrapposizione a Kyoto, si espanse a dismisura superando il milione di abitanti verso la fine del Seicento.

Arti
Architettura
In una prima fase iniziale, l'architettura produsse opere in linea con lo stile shoin del periodo Momoyama e dopo il 1700 incominciò un lento declino.
Le opere più pregevoli furono il castello di Edo e il palazzo Ninomaru del 1626, impreziosito da pregevoli pitture su fusuma e vari altri lavori artigianali decorativi. Attorno ai castelli sorsero le abitazioni dei cittadini, talvolta, come nel caso dei mercanti, anch'esse ispirate allo stile shoin.
Le strutture più originali costruite durante questa fase artistica furono i templi-mausolei, come quello Toshugo a Nikko, innalzato nel 1617, dedicato alla memoria di Ieyasu e per onorarne la deificazione. Il complesso si rivelò un misto tra un tempio shintoista, uno buddhista e una tomba stupa, la cui unica vera originalità consistette negli edifici riservati alla cerimonia del tè (cha-shitsu).
Lo stile successivo allo shoin fu lo sukiya, ben esemplificato dall'estrema semplicità nelle forme, nelle strutture e nella pianta della villa imperiale di Katsura di Kyoto.

Scultura
Anche per quanto riguarda la scultura, il periodo Edo segnò un lento declino artistico, dato che in precedenza le opere erano state prevalentemente di impronta buddistica, e dopo la trasformazione del Buddismo in ritualismo, pochi scultori proseguirono ad esprimere lo spiritualismo contenuto nel pensiero della grande filosofia orientale. Solamente la scultura laica mantenne un certo fervore creativo, manifestato nella realizzazione di maschere per il teatro Nō e nella produzione di oggetti da indossare alla cintola, i cosiddetti netsuke, oppure nelle figure utilizzate per la decorazione di interni, chiamate okimono.

Pittura
Grazie alle mutazioni sociali, le due tradizionali correnti pittoriche, la Yamato-e e la Kara-e si ripartirono in numerose scuole, tra le quali la Kano, impregnata di spirito confuciano, divenne quella ufficiale del tempo e Kano Tanyu (1602-1674), il suo migliore rappresentante. Altre scuole significative furono la Sotatsu-Korin fondate dai pittori Tawaraya Sotatsu e Ogata Korin (1658-1716), e la scuola Tosa molto vicina alla corte.
Durante il medio periodo Edo si diffuse la scuola Nanga o Nanso-ga ("pittura di stile meridionale"), contraddistinta dall'individualità della tecnica, ideata da Sakaky Hyakusen (1697-1752).
Dopo pochi decenni Maruyama Okyo (1733-1795) fondò la scuola che porta il suo nome e che si accostò maggiormente al realismo e al materialismo borghese. Il suo ideatore studiò attentamente sia i libri di pittura provenienti dall'Occidente sia le opere realistiche dell'arte cinese Ming e Ch'ing. Un'altra scuola rappresentante il gusto dei mercanti fu la Ukiyo-e, fondata da Hishikawa Moronobu (1618-1694), inizialmente realizzata a pennello e in un secondo tempo convertita alla tecnica di stampa, monocromatica e policroma. I temi preferiti furono i paesaggi, figure femminili e scene teatrali. Verso la fine del Settecento si diffuse un gusto impressionistico.

Ceramica
Le caratteristiche del periodo Edo furono la diffusione delle ceramiche presso la gente comune e la decentralizzazione dei centri produttivi. Tra le porcellane più pregiate si annoverarono: kakiemon, progettate dalla famiglia omonima dalla seconda metà del Seicento e contraddistinte da decorazioni policrome; le porcellane kutani famose per le decorazioni tendenti all'astrattismo e la kiyomizu di Kyoto.

Cultura
Durante il periodo Edo, nonostante la chiusura nei confronti del mondo esterno, in Giappone si studiarono le scienze e la tecnica dell'Occidente. Le discipline approfondite inclusero geografia, medicina, scienze naturali, astronomia, lingua, scienze fisiche, elettricità e meccanica.

Bakumatsu
Sono chiamati Bakumatsu gli ultimi anni del periodo Edo nel quale lo shogunato Tokugawa venne alla fine. È caratterizzato da una serie di eventi accaduti tra il 1853 e il 1867 durante i quali il Giappone concluse la sua politica isolazionista conosciuta come sakoku e passò dal sistema feudale dello shogunato al governo Meiji.
La maggior divisione politico/ideologica di questo periodo fu tra i pro-imperialisti ishin shishi (nazionalisti) e le forze dello shogunato, includendo l'élite Shinsengumi. Al di là di queste due fazioni molte altre tentarono, nel caos del Bakumatsu, di guadagnare rilevanza. Inoltre ci furono altre due forze di dissenso: primo, un risentimento crescente verso i tozama daimyo (o signori fuorilegge), e secondo un crescente risentimento anti occidentale in seguito all'arrivo di Matthew C. Perry. Il primo era riferibile a quei signori che avevano combattuto contro le forze dei Tokugawa nella Battaglia di Sekigahara (nel 1600) e da quel momento in poi erano stati esclusi permanentemente da tutte le posizioni di potere nello shogunato. La seconda era espressa nella frase sonnō jōi, o "riverire l'Imperatore, espellere i barbari". Il punto di svolta del Bakumatsu fu durante la Guerra Boshin e la Battaglia di Toba-Fushimi quando le forze favorevoli allo shogunato furono sconfitte.

Trattato di Pace e Amicizia (1854)
Quando lo squadrone di quattro navi del Commodoro Matthew C. Perry apparve nella Baia di Tokyo (allora chiamata Baia di Edo) nel luglio 1853, il bakufu (shogunato) venne gettato nel caos. Il capo dei consiglieri anziani, Abe Masahiro (1819–1857), fu incaricato di trattare con gli Americani. Non essendoci precedenti per gestire questa minaccia alla sicurezza nazionale, Abe tentò di mediare fra il desiderio dei consiglieri di avere a che fare con gli stranieri, quello dell'imperatore che voleva tenere gli stranieri fuori dal paese,e quello dei signori feudali (daimyo) che volevano passare alla guerra. Mancando il consenso, Abe decise di compromettersi accettando le richieste di Perry di aprire il Giappone al commercio con l'estero mentre nel frattempo faceva preparativi militari. Nel marzo 1854, la Convenzione di Kanagawa / Trattato di Pace e Amicizia (o Trattato di Kanagawa) mantenne la proibizione di commercio ma aprì tre porti (Nagasaki, Shimoda, Hakodate) alle baleniere americane in cerca di provviste, garantì un buon trattamento ai marinai americani naufragati, e permise a un console degli Stati Uniti di prendere residenza a Shimoda (Shizuoka/Shimoda), un porto marittimo nella Penisola di Izu, a sud-ovest di Edo.

Problemi politici e modernizzazione
Il danno che ne risultò per il bakufu fu significativo. Discutere sulla politica del governo era inusuale e aveva fatto rischiare critiche pubbliche sul bakufu. Nella speranza di avere il supporto di nuovi alleati, Abe, per la costernazione dei fudai, si era consultato con gli shinpan daimyo e i tozama daimyo , minando ulteriormente il bakufu già indebolito.
Con la Riforma Ansei (1854–1856), Abe tentò di rafforzare il regime ordinando navi da guerra ed armamenti dall'Olanda e costruendo nuove opere di difesa portuali. Nel 1855, con l'assistenza olandese, lo Shogunato acquistò la sua prima nave da guerra a vapore, la Kankō Maru, che fu usata per l'addestramento dei soldati, e aprì il Centro Navale di Addestramento di Nagasaki con istruttori olandesi, e a Edo fu costituita una scuola militare in stile occidentale. Nel 1857, acquistò la sua prima nave militare a vapore mossa ad elica (screw-driven), la nave da guerra giapponese Kanrini Maru (corazzata). Le conoscenze scientifiche si espansero velocemente a partire dalle basi preesistenti di conoscenza della scienza occidentale, o "Rangaku". L'opposizione ad Abe aumentò negli ambienti fudai, che si opponevano all'apertura dei consigli del bakufu ai tozama daimyo, e nel 1855 venne rimpiazzato come capo dei consiglieri anziani da Hotta Masayoshi (1810–1864). A capo della fazione dissidente c'era Tokugawa Nariaki, che aveva da lungo tempo abbracciato una lealtà militante verso l'imperatore così come sentimenti anti-stranieri, e che nel 1854 era stato posto a capo della difesa nazionale. La scuola di Mito (basata su principi neo-confuciani e shintoisti) aveva come obiettivo la restaurazione dell'istituzione imperiale e il voltare le spalle all'Occidente.

Trattati di Amicizia e Commercio (1858)
A seguito della nomina di Townsend Harris a console degli Stati Uniti nel 1856 e di due anni di negoziazioni, il "Trattato di Amicizia e Commercio (Stati Uniti-Giappone)" venne firmato nel 1858 e venne applicato a partire dalla metà del 1859. Con un grande colpo diplomatico, Harris aveva abbondantemente puntualizzato il colonialismo aggressivo di Francia e Gran Bretagna contro la Cina nella contemporanea Seconda Guerra dell'Oppio (1856–1860), suggerendo che quei paesi non avrebbero esitato a far guerra anche al Giappone, e che gli stati Uniti offrivano un'alternativa pacifica. I punti più importanti del Trattato erano:
scambio di diplomatici;
l'apertura di Edo, Kobe, Nagasaki, Niigata, e Yokohama come porti per il commercio straniero;
la possibilità per i cittadini degli stati Uniti di vivere e commerciare liberamente in quei porti (solo il commercio dell'oppio fu proibito);
un sistema di extraterritorialità che provvedeva a sottomettere i residenti stranieri alle leggi delle proprie corti consolari invece che al sistema di leggi giapponese;
bassi tassi di importazione ed esportazione fissati, soggetti al controllo internazionale, privando il governo giapponese del controllo del commercio estero e della protezione dell'industria nazionale (il tasso arrivò ad essere basso fino al 5% negli anni sessanta dell'Ottocento);
possibilità per il Giappone di acquistare navi ed armi americane (tre navi a vapore americane furono consegnate al Giappone nel 1862).
Il Giappone fu inoltre forzato ad applicare ulteriori condizioni garantite ad altre nazioni straniere nel futuro agli Stati Uniti, sotto la previsione di "nazione maggiormente favorita". Presto numerose nazioni straniere seguirono le orme degli Stati Uniti ed ottennero trattati con il Giappone (i Trattati Ansei delle Cinque Potenze): gli Stati Uniti il 29 luglio 1858 (Trattato di Amicizia e Commercio fra Stati Uniti e Giappone o Trattato Harris), l'Olanda (Trattato di Amicizia e Commercio fra Paesi Bassi e Giappone) il 18 agosto, la Russia (Trattato di Amicizia e Commercio fra Russia e Giappone) il 19 agosto, il Regno Unito (Trattato Anglo-Giapponese di Amicizia e Commercio) il 26 agosto, e la Francia (Trattato di Amicizia e Commercio fra Francia e Giappone) il 9 di ottobre.
Case di commercio vennero presto messe a punto nei porti aperti al commercio con l'estero.

Crisi e conflitto
Crisi Politica
Hotta perse il supporto dei daimyo chiave, e quando Tokugawa Nariaki si oppose al nuovo trattato, Hotta cercò la sanzione imperiale. Gli ufficiali di corte, percependo la debolezza del bakufu, respinsero la richiesta di Hotta, cosa che ebbe come risultato le sue dimissioni e che improvvisamente coinvolse Kyoto e l'imperatore nella politica interna del Giappone, per la prima volta dopo molti secoli. Quando lo shogun morì senza un erede, Nariaki fece appello alla corte perché supportasse il proprio figlio, Tokugawa Yoshinobu (o Keiki), come shogun, un candidato favorito dagli shimpan daimyo e dai tozama daimyo. I fudai vinsero la lotta per il potere; tuttavia si installò Ii Naosuke, firmando i Trattati Ansei delle Cinque Potenze e ponendo così fine a duecento anni di chiusura verso l'esterno senza autorizzazione imperiale (autorizzazione concessa nel 1865) ed arrestando Nariaki e Yoshinobu, ordinando l'esecuzione di Yoshida Shōin (1830–1859, un intellettuale che guidava il sonnō-jōi, si era opposto al trattato con gli Americani e aveva tramato una rivoluzione contro il bakufu) conosciuto come la Purga Ansei.

Modernizzazione, crisi economica e sollevazioni
L'apertura del Giappone al commercio estero incontrollato portò ad una grande instabilità economica. Mentre alcuni imprenditori prosperarono, molti altri fecero bancarotta. La disoccupazione crebbe, così come l'inflazione. Per coincidenza molte carestie avevano fatto alzare drasticamente il prezzo del cibo. Avvennero incidenti fra alcuni stranieri, chiamati "feccia della terra" da un diplomatico dell'epoca, e giapponesi.
Anche il sistema monetario del Giappone andò in rovina. Tradizionalmente, il tasso di scambio del Giappone fra argento e oro era di 1:5, mentre i tassi internazionali erano dell'ordine di 1:15. Questo portò ad un massiccio acquisto di oro da parte degli stranieri, e infine costrinse le autorità giapponesi a svalutare la loro moneta.
Gli stranieri portarono in Giappone anche il colera (probabilmente dall'India), causando centinaia di migliaia di morti.
Durante gli anni sessanta dell'Ottocento, rivolte di contadini (hyakushō ikki) e disordini urbani (uchikowashi) si moltiplicarono. Apparve il movimento "Rinnovamento del mondo" (yonaoshi ikki), così come febbrili movimenti di isteria collettiva come l'Eejanaika ("Non è grandioso!?").
Il bakufu inviò all'estero numerose missioni diplomatiche, per acquisire conoscenze a proposito della civiltà occidentale, rivedere i trattati iniqui e rimandare l'apertura di città e porti al commercio straniero. Questi sforzi per la revisione rimasero largamente senza successo.
Nel 1860 venne inviata un'ambasciata giapponese agli Stati Uniti (1860), sulla nave da guerra Kanrin Maru e la nave americana Powhattan. Nel 1862 venne inviata una prima ambasciata giapponese in Europa(1862).

Assassinii di stranieri e conflitto aperto
Aumentò la violenza contro gli stranieri e coloro che avevano a che fare con loro. Ii Naosuke, che aveva firmato il Trattato Harris e aveva tentato di eliminare l'opposizione all'Occidentalizzazione con la Purga Ansei, fu assassinato a Sakuradamon nel marzo 1860. Henry Heusken, il traduttore olandese di Harris venne ucciso da alcuni spadaccini nel gennaio del 1861. Sempre nel 1861, venne attaccata la delegazione britannica a Edo, e vi furono due morti. Durante quel periodo, venne ucciso circa uno straniero al mese. Nel settembre del 1862 avvenne l'Affare Richardson, che avrebbe costretto le nazioni straniere a intraprendere azioni decisive per proteggere gli stranieri e garantire l'esecuzione delle provvisioni dei Trattati. Nel maggio 1863, la delegazione statunitense a Edo venne data alle fiamme.
L'opposizione belligerante all'influenza occidentale si trasformò in conflitto aperto quando l'Imperatore Kōmei, rompendo con secoli di tradizione imperiale, iniziò a prendere un ruolo attivo negli affari di stato e promulgò, l'11 marzo e l'11 aprile 1863, il suo "Ordine di espellere i barbari". Il clan Chōshū con base a Shimonoseki, sotto il Lord Mori Takachika, eseguì l'Ordine, e iniziò a intraprendere azioni per espellere tutti gli stranieri a partire dalla data fissata come ultimatum (10 maggio, calendario lunare). Sfidando apertamente lo shogunato, Takachika ordinò alle sue forze di sparare senza avvertimento su tutte le navi straniere che attraversassero lo Stretto di Shimonoseki.
Sotto le pressioni dell'Imperatore, lo Shogun fu inoltre costretto a promulgare una dichiarazione di fine delle relazioni con gli stranieri. L'ordine fu comunicato alle legazioni straniere da Ogasawara Zusho no Kami il 24 giugno 1863:
« Gli ordini del Tycoon, ricevuti da Kyoto, sono che i porti debbano essere chiusi e gli stranieri cacciati via, perché il popolo del paese non desidera rapporti con paesi stranieri. »
(Missive of Ogasawara Dzusho no Kami, 24 giugno, 1863, citata in A Diplomat in Japan, Ernest Satow, p75)
Il tenente colonnello Edward Neale, capo della delegazione britannica, rispose in termini molto forti, equiparando la mossa a una dichiarazione di guerra:
« Essa è, infatti, una dichiarazione di guerra del Giappone stesso contro tutte le Potenze dei Trattati, le conseguenze della quale, se non si arresterà immediatamente, dovrò far pagare il fio con le più severe e più meritate punizioni »
(Edward Neale, 24 giugno, 1863. Citato in A Diplomat in Japan, Ernest Satow, p77)
Una seconda ambasciata giapponese in Europa (1863) fu inviata nel dicembre 1863, con la missione di ottenere il supporto degli Europei per ristabilire la precedente chiusura del Giappone al commercio straniero, e specialmente per fermare l'accesso degli stranieri al porto di Yokohama. L'ambasciata terminò con un totale fallimento perché le potenze europee non trovarono alcun vantaggio nell'accettare le sue richieste.

Interventi militari occidentali(1863-1865)
L'influenza americana, così importante all'inizio, svanì dopo il 1861 per l'inizio della Guerra Civile Americana (1861–1865) che mobilitò tutte le risorse disponibili degli Stati Uniti. Quest'influenza fu irrevocabilmente rimpiazzata da quella degli inglesi, degli olandesi e dei francesi.
A capo dell'opposizione al bakufu vi erano Chōshū e Satsuma. In quanto coinvolti direttamente prima negli attacchi alle navi straniere a Shimonoseki, e poi nell'omicidio di Richardson e, in quanto il bakufu si dichiarò incapace di placarli, le forze occidentali decisero di metter su spedizioni militari dirette.

Intervento americano (Luglio 1863)
Il mattino del 16 luglio, 1863, con l'approvazione del Ministro Pruyn, in un'apparente rapida risposta all'attacco al Pembroke, la fregata statunitense, l'USS Wyoming al comando dello stesso Capitano McDougal navigò dentro lo stretto ed affrontò da sola la flotta ribelle, costruita negli Stati Uniti ma con scarso equipaggio. Per circa due ore prima di ritirarsi, McDougal affondò una nave nemica e danneggiò gravemente le altre due, insieme a quaranta perdite giapponesi, mentre la Wyoming ricevette danni estesi, con quattordici membri dell'equipaggio morti o feriti.

Intervento francese(Agosto1863)
Sulla scorta dell'attacco di McDougal, due settimane dopo un contingente di terra francese di due navi da guerra, la Tancrède e la Dupleix, e 250 uomini al comando del Capitano Benjamin Jaurès entrarono in Shimonoseki e distrussero una cittadina, insieme con almeno una piazzaforte di artiglieria.

Bombardamento inglese di Kagoshima (Agosto1863)
Nell'Agosto del 1863, avvenne il Bombardamento di Kagoshima, in risposta per l'incidente Namamugi e l'omicidio del commerciante inglese Richardson. La Royal Navy inglese bombardò la città di Kagoshima e distrusse numerose navi. Satsuma tuttavia più tardi negoziò e pagò 25.000 sterline, ma non consegnò gli assassini di Richardson, e in cambio ottenne un accordo da parte della Gran Bretagna per la fornitura di navi da guerra a vapore a Satsuma. Il conflitto concretamente divenne il punto d'inizio di una stretta relazione fra Satsuma e la Gran Bretagna, che divennero i principali alleati nella successiva Guerra Boshin. Dall'inizio, la Provincia di Satsuma era generalmente stata favorevole all'apertura e alla modernizzazione del Giappone. Nonostante l'incidente Namamugi fosse stato una sfortuna, non era caratteristico della politica di Satsuma, e fu abbastanza abusivamente bollato come un esempio del sentimento xenofobo sonnō jōi, come giustificazione per una forte dimostrazione di forza da parte dell'Occidente.

Bombardamento di Shimonoseki (settembre 1864)
Le nazioni occidentali organizzarono una rappresaglia armata contro l'opposizione giapponese con il Bombardamento di Shimonoseki. L'intervento avvenne nel settembre del 1864, combinando le forze navali della Gran Bretagna, dei Paesi Bassi, della Francia e degli Stati Uniti, contro il potente daimyo Mōri Takachika del Dominio Chōshū con base a Shimonoseki, in Giappone. Questo conflitto minacciò di coinvolgere l'America, che nel 1864 era già martoriata dalla guerra civile, in una guerra esterna.

Spedizione navale di Hyōgo (Novembre 1865)
Poiché il bakufu si era dimostrato propenso a pagare l'indennità di tre milioni di dollari richiesta dalle nazioni straniere per l'intervento a Shimonoseki, esse accettarono di ridurre la somma in cambio di una ratifica del Trattato Harris da parte dell'Imperatore, un abbassamento delle tariffe doganali a un uniforme 5%, e l'apertura dei porti di Hyōgo (moderna Kōbe) e Osaka al commercio straniero. Per fare una maggiore pressione per le loro richieste, uno squadrone di quattro navi da guerra inglesi, una olandese e tre francesi vennero inviate nel porto di Hyōgo nel novembre 1865. Da parte delle forze straniere vennero fatte varie incursioni, finché l'Imperatore alla fine decise di modificare la sua posizione di totale opposizione ai Trattati, permettendo formalmente allo Shogun di intrattenere negoziati con le potenze straniere.
Questi conflitti portarono a comprendere che quel conflitto frontale con le nazioni occidentali non era una buona soluzione per il Giappone. Mentre il bakufu continuava nei suoi sforzi per la modernizzazione, i daimyo delle regioni occidentali (soprattutto Satsuma e Chōshū) continuarono a loro volta a modernizzare intensivamente per costruire un Giappone più forte e stabilire un governo più legittimo sotto il potere dell'Imperatore.

Rinnovamento nel Bakumatsu e modernizzazione
Durante gli ultimi anni del bakufu, o bakumatsu, il bakufu intraprese forti misure per tentare di riaffermare il suo dominio, nonostante il suo coinvolgimento con la modernizzazione e le potenze stranieri lo rendesse un bersaglio del sentimento anti-occidentale in tutto il paese.
Allievi della marina vennero inviati a studiare in scuole navali occidentali per numerosi anni, iniziando una tradizione di futuri leader educati all'estero, come l'Ammiraglio Enomoto. L'ingegnere navale francese Léonce Verny venne assunto per costruire arsenali navali come Yokosuka e Nagasaki. Alla fine dello shogunato Tokugawa nel 1867, la marina giapponese dello shogun possedeva già otto navi da guerra a vapore di tipo occidentale intorno alla nave ammiraglia, la nave da battaglia giapponese Kaiyō Maru, che furono usate contro le forze pro-imperiali durante la Guerra Boshin, sotto il comando dell'Ammiraglio Enomoto. Una missione militare francese in Giappone(1867) fu inviata per aiutare a modernizzare gli eserciti del bakufu. Il Giappone mandò una delegazione e partecipò alla Esposizione Universale del 1867 a Parigi.
Riverendo l'imperatore come simbolo di unità, gli estremisti portarono violenza e morte contro le autorità Bakufu e Han e contro gli stranieri. Le rappresaglie navali straniere nella Guerra Anglo-Satsuma portarono ad un altro trattato commerciale che molto concedeva nel 1865, ma Yoshitomi non era in grado di rinforzare i trattati con gli occidentali. Un esercito del bakufu fu sconfitto quando venne inviato a schiacciare una rivolta nello han della Provincia di Satsuma e nel Dominio Chōshū nel 1866. Infine, nel 1867, l'Imperatore Komei morì, e gli succedette il secondogenito Mutsuhito.
Keiki divenne con riluttanza capo della casata Tokugawa e shogun a seguito della morte inaspettata di Tokugawa Iemochi, a metà del 1866. Tentò di riorganizzare il governo sotto l'Imperatore conservando il ruolo di leadership dello shogun, un sistema conosciuto come kōbu gattai. Temendo il potere crescente dei daimyo di Satsuma e Chōshū, altri daimyo chiesero il ritorno del potere politico dello shogun all'Imperatore e a un consiglio di daimyo incaricati dal precedente shogun Tokugawa. Con la minaccia di un'imminente azione militare guidata da Satsuma-Chōshū, Keiki anticipò le mosse cedendo una parte della sua precedente autorità.

Fine del bakufu
Dopo che Keiki ebbe temporaneamente evitato il conflitto che stava crescendo, le forze ostili allo shogunato istigarono disordini diffusi nelle strade di Edo usando gruppi di rōnin. Quindi le truppe di Satsuma e Chōshū si mossero in forze su Kyoto, facendo pressione sulla Corte Imperiale per un editto conclusivo che distruggesse lo shogunato. A seguito di una conferenza di daimyo, la Corte Imperiale promulgò tale editto, rimuovendo il potere dello shogunato negli ultimi giorni del 1867. I leader di Satsuma, Chōshū e di altri han e cortigiani radicali, tuttavia, si ribellarono, assediarono il palazzo imperiale e annunciarono la loro personale restaurazione il 31 gennaio 1868. Keiki nominalmente accettò il fatto, ritirandosi dalla Corte Imperiale a Osaka e nello stesso tempo dimettendosi da shogun. Temendo una falsa concessione del potere di shogun per consolidare il suo potere, la disputa continuò fino a culminare in un confronto militare fra i Tokugawa ed i domini loro alleati e le forze di Satsuma, Tosa e Chōshū, a Fushimi e Toba (battaglia di Toba Fushimi). Quando la battaglia fu vinta dalle forze ostili allo shogunato, Keiki lasciò Osaka per Edo, essenzialmente ponendo fine al potere dei Tokugawa e allo shogunato che aveva governato il Giappone per più di 250 anni.
Dopo la Guerra Boshin (1868–1869), il bakufu fu abolito, e Keiki fu ridotto al rango di un comune daimyo. La resistenza continuò nel Nord durante il 1868, e la marina del bakufu al comando dell'Ammiraglio Enomoto Takeaki continuò a resistere per altri sei mesi in Hokkaidō, dove fondarono la Repubblica di Ezo, che ebbe vita breve. Questa sfida finì con la Battaglia di Hakodate, dopo un mese di combattimenti.

Guerra Boshin
La guerra Boshin (Boshin Sensō, letteralmente "guerra dell'anno del drago") fu una guerra civile giapponese, combattuta nel 1868–1869 tra i sostenitori dello shogunato Tokugawa e i fautori della restaurazione dell'imperatore Meiji. La causa immediata della guerra fu la dichiarazione imperiale di abolizione del governo bicentennale dello shogunato e l'imposizione del governo diretto della corte imperiale. L'andamento della guerra volse rapidamente a favore della più piccola, ma relativamente modernizzata, fazione imperiale e dopo una serie di battaglie sull'isola principale di Honshū che culminarono nella resa di Edo, i resti delle forze dei Tokugawa si ritirarono nell'Hokkaidō, proclamando l'unica repubblica nella storia del Giappone. Con la battaglia navale di Hakodate anche questi ultimi resti dei Tokugawa furono sconfitti, lasciando tutto il Giappone sotto il controllo della corte imperiale, completando la fase militare della Restaurazione Meiji.
Il conflitto mobilitò circa 120.000 uomini e causò circa 3.500 vittime. Al suo termine la vittoriosa fazione imperiale abbandonò l'obbiettivo dell'espulsione degli stranieri del Giappone, ma adottò invece una politica di modernizzazione continuata del paese, mirando a una rinegoziazione dei trattati con le potenze straniere. Grazie all'insistenza di uno dei principali leader della fazione imperiale, Saigō Takamori, venne mostrata clemenza verso i lealisti Tokugawa e molti dei precedenti leader della fazione dello shogunato ricevettero incarichi nel nuovo governo.
La guerra Boshin testimoniò l'avanzato stato di modernizzazione già raggiunto dal Giappone nei soli quattordici anni trascorsi dall'apertura delle frontiere con l'Occidente, l'alto grado di coinvolgimento delle nazioni occidentali (specialmente Regno Unito e Francia) negli affari interni della nazione e la piuttosto turbolenta reinstallazione del potere imperiale. Con il passare del tempo la guerra venne romanticizzata dai giapponesi che vennero a considerare la Restaurazione come una "rivoluzione pacifica", nonostante i morti causati. In Giappone sono state prodotte diverse versioni romanzate della guerra ed elementi di questo conflitto furono inclusi nel film statunitense “L'ultimo samurai”, ambientato durante la successiva Ribellione di Satsuma.

Situazione politica
Primo dissenso verso lo Shogunato
Per i due secoli precedenti il 1854 il Giappone fu una nazione quasi completamente chiusa ai rapporti con le nazioni straniere, con le eccezioni della Corea attraverso Tsushima, la Cina della dinastia Qing mediante le isole Ryūkyū, e l'Olanda mediante la stazione commerciale di Dejima. Nel 1854 il commodoro Mattew Perry forzò il Giappone ad aprirsi al commercio internazionale sotto la minaccia militare della sua flotta, dando inizio a un periodo di rapido sviluppo del commercio con l'estero e di occidentalizzazione. A causa soprattutto degli umilianti termini dei trattati ineguali imposti dal commodoro Perry, lo shogunato si trovò ben presto ad affrontare un'ostilità interna che si concretizzò in un movimento radicale xenofobico, il sonnō jōi (letteralmente "Venera l'Imperatore, espelli i barbari").
Nel 1864 queste azioni vennero vittoriosamente contrastate da rappresaglie armate delle potenze straniere, come il britannico bombardamento di Kagoshima ed il multinazionale bombardamento di Shimonoseki. Contemporaneamente le forze di Chōshū, insieme con i rōnin xenofobi, scatenarono la ribellione di Hamaguri cercando di impossessarsi di Kyoto, dove risiedeva la corte dell'imperatore, ma il futuro shogun Tokugawa Yoshinobu guidò una spedizione punitiva sconfiggendoli. A questo punto la resistenza iniziale tra i leader di Chōshū e la corte imperiale si ritirò, ma l'anno successivo lo Shogunato si dimostrò incapace di mantenere il pieno controllo della nazione, dato che molti daimyō iniziarono a ignorare gli ordini e le richieste provenienti da Edo.
L'Imperatore Osahito simpatizzava con questi sentimenti, e rompendo secoli di tradizione imperiale iniziò ad assumere un ruolo attivo negli affari di stato: denunciò i trattati e tentò di interferire nella successione dello Shogunato. I suoi sforzi culminarono nel 1863 con l'ordine di espellere i barbari. Sebbene lo Shogunato non avesse intenzione di porre in atto l'ordine, questo ispirò comunque attacchi contro il Bakufu e contro gli stranieri in Giappone: l'incidente più famoso fu l'omicidio del commerciante britannico Charles Lennox Richardson, per la cui morte il governo Tokugawa dovette pagare un'indennità di centomila sterline britanniche. Altri attacchi inclusero il bombardamento di navi straniere a Shimonoseki. Queste azioni furono contrastate da ritorsioni armate da parte delle potenze straniere, come il Bombardamento di Shimonoseki e quello di Kagoshima, e da spedizioni punitive del Bakufu, come quando lo shogun Tokugawa Keiki sconfisse le forze Chōshū nel loro tentativo di catturare i cancelli imperiali a Hamaguri nel 1864.

Assistenza militare straniera
Nonostante il bombardamento di Kagoshima il dominio di Satsuma era diventato uno stretto alleato del Regno Unito e con il suo supporto perseguì una politica di modernizzazione della sua marina e esercito. Esperti militari anglo-americani possono essere stati coinvolti direttamente in questi sforzi militari. L'ambasciatore britannico Harry Smith Parkes supportò le forze ostili allo Shogunato in uno sforzo di stabilire un governo imperiale legittimo e unificato in Giappone. In questo periodo i leader di regioni meridionali, come Saigō Takamori di Satsuma, o Hirobumi Ito e Inoue Kaoru di Chōshū coltivarono connessioni personali con i diplomatici britannici, tra cui Ernest Mason Satow.
Anche lo shogunato stava preparandosi al conflitto modernizzando le sue forze. In linea con i progetti di Parker i britannici fino a quel punto gli alleati principali dello Shogunato si dimostrarono riluttanti a fornire assistenza. I Tokugawa pertanto si affidarono principalmente all'esperienza francese, confortati dal prestigio militare di Napoleone III, acquisito nella guerra di Crimea e nella seconda guerra di indipendenza italiana. Lo Shogunato si impegnò intensamente nella costruzione di un esercito e di una marina moderni e potenti: venne costituita una marina moderna con un nucleo di otto navi da guerra a vapore, che era già la più potente dell'Asia. Nel 1865 venne costruito a Yokosuka, sotto la guida dell'ingegnere francese Léonce Verny, il primo arsenale navale moderno del Giappone. Nel gennaio 1867 era arrivata una missione militare francese per riorganizzare l'esercito e creare una forza di élite, e venne acquistata negli Stati Uniti una rivoluzionaria nave da guerra corazzata costruita in Francia (la CSS Stonewall). A causa però della neutralità dichiarata delle potenze occidentali gli Stati Uniti si rifiutarono di consegnare la nave; quando cessò la neutralità il vascello venne ottenuto dalla fazione imperiale, che lo impiegò nella battaglia di Hakodate con il nome di Kōtetsu (letteralmente “corazzato in ferro”).

Colpo di stato (1866-68)
In seguito a un colpo di stato interno a Chōshū e alla sua nuova rivolta lo Shogunato annunciò la sua intenzione di guidare una spedizione di spegnere l'insurrezione. Chōshū si alleò segretamente con la provincia di Satsuma. Comunque alla fine del 1866 lo shogun Iemochi e l'imperatore Komei morirono e gli subentrarono rispettivamente da Yoshinobu e Meiji. Questi eventi resero una tregua inevitabile. Il 9 novembre 1867 l'imperatore Meiji inviò un ordine segreto a Satsuma e Chōshū che comandava l'uccisione del suddito traditore Yoshinobu. Ma appena prima di ciò e in seguito a una proposta del daimyo di Tosa, Yoshinobu rimise la sua posizione e autorità all'imperatore, chiamando un'assemblea generale di daimyō per creare un nuovo governo. Lo shogunato Tokugawa era terminato.
La resa di Yoshinobu aveva creato un vuoto nominale ai massimi livelli di governo, pertanto il suo apparato di stato continuò a esistere. Inoltre il governo dello shogunato, la famiglia Tokugawa in particolare era rimasta una forza prominente nell'evolvente ordine politico e avrebbe mantenuto molti poteri esecutivi, una prospettiva che i sostenitori della linea dura di Satsuma e Chōshū trovavano intollerabile. Gli eventi culminarono il 3 gennaio 1868 quando questi ultimi occuparono il palazzo imperiale di Kyoto e fecero in modo che il quindicenne imperatore Meiji dichiarasse il giorno successivo la piena reinstaurazione del suo potere. Sebbene la maggioranza dell'assemblea consultiva imperiale si accontentasse della formale dichiarazione del potere imperiale e fosse favorevole a continuare la collaborazione con i Tokugawa (con il concetto di kōgiseitaiha), Saigō Takamori minacciò l'assemblea obbligandola a proclamare l'abolizione del titolo di "shogun" e la confisca delle terre di Yoshinobu.
Sebbene accolse inizialmente queste richieste il 17 gennaio 1868 Yoshinobu dichiarò che non sarebbe stato vincolato alla proclamazione di Restaurazione e chiese alla corte di rescinderla. Il 24 gennaio Yoshinobu decise di preparare un attacco contro Kyoto occupata dalle forze di Satsuma e Chōshū. Questa decisione venne spinta dalle notizie di una serie di incendi a Edo, a partire dalle fortificazioni esterne del castello di Edo, la principale residenza dei Tokugawa. Di ciò venne accusato un ronin di Satsuma, che quel giorno aveva attaccato un ufficio governativo. Il giorno successivo le forze dello shogunato attaccarono la residenza a Edo del daimyo di Satsuma, dove si trovavano molti oppositori dello shogunato agli ordini di Takamori che si erano nascosti per creare problemi. Il palazzo venne dato alle fiamme e tutti gli oppositori uccisi o successivamente giustiziati.

Indebolimento del fronte shogunale
Battaglia di Toba-Fushimi
Il 27 gennaio 1868, forze dello shogunato si scontrarono con forze di Chōshū e Satsuma vicino a Toba e Fushimi nelle vicinanze di Kyoto. Parte dei 15.000 uomini dello shogunato erano state addestrate da consiglieri militari francesi, ma la maggior parte consisteva di forze tradizionali di samurai. Le forze di Chōshū e Satsuma erano sopravanzate di 3 a 1, ma erano completamente modernizzate. Dopo un inizio inconclusivo il secondo giorno l'imperatore diede il suo stendardo ufficiale alle truppe in difesa e nominò generale in capo uno dei suoi parenti Komatsumiya Akihito (1846-1903), ufficializzando le sue forze come esercito imperiale (kangun). Inoltre, convinti dai cortigiani imperiali, diversi daimyo locali, fino a questo punto fedeli allo shogun, iniziarono a defezionare per unirsi alla fazione imperiale. Tra questi vi furono il daimyo di Yodo il 5 febbraio o quello di Tsu il 6, facendo pendere il bilancio militare in favore della fazione imperiale. Il 7 febbraio Tokugawa Keiki, apparentemente disturbato dal consenso imperiale alle azioni di Satsuma e Chōshū, abbandonò il combattimento e fuggì da Osaka, a bordo della nave da guerra Kanrin Maru ritirandosi a Edo. Demoralizzati dalla sua fuga e dal tradimento di Yodo e Tsu le forze dello shogunato si ritirarono lasciando la vittoria alla fazione imperiale, sebbene si è comunemente ritenuto che avrebbero potuto vincere lo scontro. Il suo castello di Osaka venne attaccato il 1º marzo mettendo fine alla battaglia di Toba-Fushimi.
Contemporaneamente il 28 gennaio 1868 si svolse la battaglia navale di Awa tra la marina dello Shogunato e quella di Satsuma, che divenne la prima battaglia navale giapponese tra flotte moderne. La battaglia sebbene di piccola importanza, terminò in favore dello Shogunato.

Appoggio occidentale a Meiji
Sul fronte diplomatico i ministri delle nazioni straniere, raccolti nel porto aperto di Hyogo (Kōbe) dall'inizio di febbraio, emisero una dichiarazione congiunta nella quale lo Shogunato veniva ancora considerato il solo governo legittimo del Giappone, dando la speranza a Tokugawa Yoshinobu che le nazioni straniere (specialmente la Francia) avrebbero potuto considerare un intervento in suo favore. Comunque pochi giorni dopo una delegazione imperiale visitò i ministri dichiarando che lo Shogunato era stato abolito, che i porti sarebbero stati aperti in conformità ai trattati internazionali e che gli ospiti stranieri sarebbero stati protetti. I ministri decisero infine di riconoscere il nuovo governo.
L'aumento di sentimenti antistranieri condusse comunque a molti attacchi contro di essi nei mesi successivi. L'8 marzo 1868 undici marinai francesi della corvetta Dupleix furono uccisi da samurai della provincia Tosa sulle strade di Kyoto.

Resa di Edo
A partire da febbraio, con l'aiuto dell'ambasciatore francese Léon Roches, venne formulato un piano per fermare l'avanzata della corte imperiale a Odawara, l'ultimo punto strategico di ingresso a Edo, ma Yoshinobu fu contrario al piano. Scioccato, Léon Roches si dimise dalla sua posizione. All'inizio di marzo sotto l'influenza del ministro britannico Harry Parkes, le nazioni straniere firmarono un patto di stretta neutralità, accordandosi che non sarebbero intervenuti e non avrebbero consegnato forniture militari a nessuna delle due fazioni fino alla risoluzione del conflitto.
Saigō Takamori condusse vittoriosamente forze imperiali nel Giappone settentrionale e orientale, vincendo la battaglia di Koshu-Katsunuma. Circondò Edo nel maggio 1868, fino alla resa senza condizioni di Katsu Kaishu, ministro dell'esercito dello Shogun. Alcuni gruppi continuarono a combattere dopo la resa, ma furono sconfitti nella battaglia di Ueno. Nel frattempo il comandante in capo della marina dello Shogun, Enomoto Takeaki, si rifiutò di cedere le sue navi e fuggì a nord con i resti della marina (otto corazzate a vapore): Kaiten, Banryū, Chiyodagata, Chōgei, Kaiyō Maru, Kanrin Maru, Mikaho e Shinsoku) e 2.000 marinai, nella speranza di organizzare un contrattacco insieme con i daimyo settentrionali. Venne accompagnato da una manciata di consiglieri militari francesi (tra cui Jules Brunet), che avevano dato formalmente le dimissioni dall'esercito francese per accompagnare i ribelli.

Resistenza della Coalizzazione Settentrionale
Dopo la resa di Yoshinobu la maggior parte del Giappone accettò il governo dell'imperatore, ma un nucleo di sostenitori dello shogunato condotti dal clan Aizu continuò la resistenza nel settentrione. In maggio diversi daimyo settentrionali dei feudi Sendai, Yonezawa, Aizu, Shonai e Nagaoka per un totale di circa 50.000 truppe si allearono nella Coalizzazione Settentrionale (Ouetsu Reppan Domei), per opporsi alle truppe imperiali. La flotta del Bakufu al comando di Enomoto Takeaki raggiunse il porto di Sendai il 26 agosto.
Sebbene la Coalizione Settentrionale fosse numerosa, era male equipaggiata e si affidava a metodi di combattimento essenzialmente tradizionali. Gli armamenti moderni erano scarsi e venne tentato all'ultimo momento di costruire cannoni in legno, rinforzati con corde, per sparare proiettili di pietra. Questi cannoni, installati su postazioni difensive, potevano sparare solo quattro o cinque proiettili, prima di saltare. D'altra parte il daimyo di Nagaoka riuscì a procurarsi due delle tre mitragliatrici Gatling esistenti allora in Giappone, così come 2.000 fucili francesi moderni.
Nel maggio 1868 il daimyo di Nagaoka inflisse pesanti perdite alle truppe imperiali nella battaglia di Hokuetsu, ma perse infine il suo castello il 19 maggio. Le truppe imperiali continuarono ad avanzare verso nord, sconfiggendo la Shinsengumi nella battaglia del passo Bonari, che aprì la strada all'attacco del castello di Aizuwakamatsu nella battaglia di Aizu nell'ottobre 1868, rendendo così insostenibile la posizione del Sendai.
La coalizione crollò e il 12 ottobre 1868 la flotta lasciò Sendai per l'Hokkaidō, dopo aver acquisito altre due navi (la Oe e la Hou-Ou, precedentemente prestate dal feudo di Sendai allo Shogunato) e circa 1.000 altri soldati: i resti di truppe dello Shogunato al comando di Otori Keisuke, della Shinsengumi al comando di Hijikata Toshizo e di Yugekitai al comando di Katsutaro Hitomi, così come numerosi altri consiglieri militari francesi (Fortant, Garde, Marlin, Bouffier).
Il 26 ottobre Edo venne ribattezzata Tokyo, e iniziò ufficialmente l'Era Meiji. Dopo una mese di combattimenti, Aizu ammise finalmente la sconfitta il 6 novembre, in seguito alla quale il giovane corpo di guerrieri Byakkotai ("Corpo della Tigre Bianca") commise un suicidio di massa.

Campagna dell'Hokkaidō
Creazione della Repubblica di Ezo
In seguito alla sconfitta nell'Honshū Enomoto Takeaki fuggì nell'Hokkaidō con i resti della marina e una manciata di consiglieri militari. Insieme organizzarono un governo con l'obbiettivo di stabilire una nazione insulare indipendente dedicata allo sviluppo dell'Hokkaidō. Il 25 dicembre dichiararono formalmente la Repubblica di Ezo, l'unica esistita in Giappone, sull'esempio del modello statunitense e Enomoto ne venne eletto presidente con una larga maggioranza. La repubblica tentò di stabilire contatti con le legazioni straniere di Hakodate, come gli Stati Uniti, la Francia e la Russia, ma non riuscì a raccogliere nessun supporto o riconoscimento internazionale. Enomoto si offrì di conferire il territorio allo shogun Tokugawa sotto il governo imperiale, ma la proposta venne declinata dal consiglio Imperiale Governante.
Durante l'inverno le difese intorno alla penisola meridionale di Hakodate furono fortificate e al centro fu eretta la nuova fortezza di Goryokaku. Le truppe furono organizzate con un comando franco-giapponese: il comandante in capo fu Otori Keisuke, assistito dal suo vice, il capitano francese Jules Brunet. Al loro comando c'erano quattro brigate, ognuna comandata da un ufficiale francese (Fortant, Marlin, Cazeneuve, Bouffier) e divisa in due semibrigate con un comando giapponese.

Sconfitta e resa finale
Il 20 marzo, la Marina Imperiale raggiunse il porto di Miyako, ma anticipandone l'arrivo i ribelli di Ezo organizzarono un audace piano per impossessarsi della nuova potente nave da guerra Kotetsu. Tre navi da guerra furono inviate per un attacco a sorpresa, in quella che divenne nota come battaglia navale di Miyako. A causa del maltempo, problemi a un motore e al decisivo uso di una mitragliatrice Gatling contro le squadre di abbordaggio, la battaglia terminò con una vittoria imperiale.
Le forze imperiali consolidarono rapidamente il loro controllo delle isole principali e nell'aprile 1869 inviarono la flotta, con una forza di fanteria di 7.000 uomini a Ezo, iniziando la battaglia di Hakodate. Le forze imperiali avanzarono con rapidità, vinsero la prima battaglia navale giapponese su larga scala tra marine moderne, la Battaglia navale di Hakodate, e in breve tempo circondarono la fortezza di Goryokaku in cui rimanevano soli 800 difensori. Sebbene Enomoto avesse deciso di combattere fino alla fine ed avesse inviato i suoi oggetti di valore al suo avversario perché fossero tenuti al sicuro, Otori lo convinse ad arrendersi dicendogli che decidere di vivere oltre la sconfitta è la scelta veramente coraggiosa: «Se veramente vuoi morire puoi farlo in qualunque momento». Enomoto si arrese il 18 maggio 1869 e accettò il governo dell'imperatore Meiji. La Repubblica cessò di esistere il 27 giugno 1869.

Conseguenze
Perdono e occidentalizzazione
Successivamente alla vittoria il nuovo governo proseguì nell'unificazione del paese sotto un unico, legittimo e potente governo imperiale. Il potere politico e militare dei vari feudi venne progressivamente eliminato, questi trasformati in prefetture (abolizione del sistema han) e molti samurai convertiti a responsabilità amministrative. Grazie al ruolo chiave giocato nella vittoria, uomini dei feudi occidentali di Satsuma, Chōshū e Tosa occuparono per decenni i posti chiave nel governo, una situazione a volte definita «oligarchia Meiji» e formalizzata con l'istituzione del Genrō.

[Il Genrō, letteralmente "anziani uomini di stato", era un corpo extra-costituzionale che nel Giappone del periodo Meiji e dell'epoca Showa ha rappresentato una delle caratteristiche più interessanti della vita politica giapponese.
Esso non era previsto dalla Costituzione, ma era la fonte reale dell'autorità del Governo: sceglieva il Primo Ministro, consigliava l'Imperatore su tutte le questioni di politica interna ed estera.
Il Genrō (il nome si usa tanto per l'istituzione quanto per ogni individuo che vi appartiene), era un anziano uomo di stato che, al momento di ritirarsi dalla vita politica, riceveva un rescritto imperiale con l'ordine di continuare a porgere i suoi consigli all'Imperatore.
Questa usanza ebbe origine nell'era Meiji, quando il regime costituzionale era alle sue prime esperienze e si sentiva il bisogno di dare una certa continuità alla nuova politica dell'Impero.
I Genrō formarono una specie di comitato fuori del Gabinetto e col passare del tempo, assumendo il regime parlamentare una forma sempre più decisa, molte delle prerogative prima spettanti al Genrō, passarono al Primo Ministro; ecco perché, a partire dagli anni trenta del XX secolo, l'istituzione del Genrō cominciò ad essere desueta. Infatti esisteva allora un solo Genrō (con un'età di 89 anni), Kinmochi Saionji, superstite di quella schiera di uomini che crearono il nuovo Giappone nell'era Meiji.
Saionji fu interpellato dall'Imperatore a proposito delle dimissioni del Primo Ministro Hirota; ma a seguito delle successive dimissioni del Primo Ministro Hayashi fu interpellato solo indirettamente, tramite il Guardasigilli.]

I principali precedenti sostenitori dello Shogun vennero imprigionati in attesa di giudizio e scamparono di stretta misura alla condanna capitale. Ciò avvenne grazie all'insistenza di Saigo Takamori e Iwakura Tomomi, sebbene in grande misura anche ai consigli di Parks, l'inviato britannico, che secondo Ernest Saw disse a Saigo «la severità verso Keiki Yoshinobu o i suoi sostenitori, specialmente riguardo a punizioni personali, avrebbe danneggiato la reputazione del nuovo governo rispetto alle potenze europee». Dopo due o tre anni, la maggior parte venne liberata e furono chiamati a servire nel nuovo governo, dove diversi perseguirono brillanti carriere, per esempio Enomoto Takeaki, precedente leader delle forze dello shogunato, divenne inviato in Russia e in Cina e ministro dell'Educazione.
La fazione imperiale non perseguì il suo obiettivo di espellere gli interessi stranieri in Giappone, ma assunse invece una politica più progressista mirata alla continua modernizzazione del paese e la successiva rinegoziazione dei trattati ineguali con le potenze straniere, sotto il motto Ricca nazione, forte esercito (fukoku kyōhei). Questa modifica dell'atteggiamento verso gli stranieri avvenne durante le prime fasi della guerra civile: l'8 aprile 1868 vennero eretti nuovi cartelli in Kyoto (e successivamente in tutto il paese) che specificatamente ripudiavano la violenza contro gli stranieri. Durante il conflitto l'imperatore Meiji ricevette personalmente gli inviati europei, prima in Kyoto e in seguito a Osaka e Tokyo. Inoltre l'accoglimento a Tokyo del duca Alfredo di Sassonia-Coburgo-Gotha come «come suo pari di sangue» Sebbene l'inizio dell'Era Meiji testimoniò un riscaldamento delle relazioni tra la corte imperiale e i poteri stranieri, le relazioni franco-giapponesi si irrigidirono a causa del supporto iniziale dato allo Shogun, sebbene una seconda missione militare venne inviata in Giappone nel 1874 e una terza nel 1884. Una stretta collaborazione riprese nel 1886, quando la Francia aiutò il Giappone a costruire la sua prima marina moderna, sotto la direzione dell'ingegnere navale Louis-Émile Bertin. La modernizzazione del paese era già stata diffusamente iniziata durante gli ultimi anni dello shogunato (il periodo "Bakumatsu") e il governo Meiji adottò infine la stessa politica, sebbene fosse in grado di mobilizzare più efficientemente l'intera nazione verso la modernizzazione.
Dopo la sua incoronazione Meiji emise il Giuramento dei cinque articoli che promuoveva la costituzione di assemblee deliberative, prometteva nuove opportunità per le persone comuni, aboliva le «malvagie tradizioni del passato» e cercava la conoscenza nel mondo «per rinforzare le fondamenta del governo imperiale». Tra le importanti riforme del governo Meiji c'è l'abolizione del sistema han nel 1871 che rimpiazzò i domini feudali e i loro governanti ereditari con prefetture governate da governatori incaricati dall'imperatore. Altre riforme inclusero l'introduzione della scuola obbligatoria, e l'abolizione delle distinzioni di classe. Le riforme culminarono con l'emissione della Costituzione Meiji nel 1889. Comunque, nonostante il supporto dato alla corte imperiale dai samurai, molte delle prime riforme Meiji furono a loro detrimento: la creazione di un esercito di coscritti tratti dalle classi comuni, così come la perdita dei privilegi e degli stipendi ereditari, inimicarono molti precedenti samurai. Le tensioni erano particolarmente acute nel sud, portando alla ribellione di Saga del 1874 e a una ribellione in Chōshū nel 1876. Ex-samurai di Satsuma guidati da Saigo Takamori che aveva lasciato gli incarichi governativi in opposizione alle politiche verso gli stranieri, iniziarono la ribellione di Satsuma nel 1877. Combattendo per il mantenimento della classe dei samurai e un governo più virtuoso il loro slogan fu «Nuovo governo, alta moralità» (Shinsei Kōtoku). Alla fine subirono un'eroica, ma totale, sconfitta nella battaglia di Shiroyama.

Successive descrizioni della guerra
Nei sommari moderni la restaurazione Meiji viene spesso descritta come una rivoluzione senza spargimenti di sangue, che condusse alla modernizzazione del Giappone. In realtà la guerra Boshin dimostra chiaramente che il conflitto fu in realtà piuttosto violento, furono mobilitate 120.000 truppe con circa 3.500 morti. Sebbene vennero usate armi e tecniche tradizionali, entrambe le fazioni utilizzarono armamenti, incluse corazzate e mitragliatrici Gatling e tecniche di combattimento moderne apprese dai consiglieri militari.
Le successive descrizioni giapponesi della guerra tendono a essere molto romanticizzate, mostrando la fazione Shogun che combatte con metodi tradizionali, contro una fazione imperiale già modernizzata. In Giappone sono state realizzate molte drammatizzazioni della guerra Boshin. Jirō Asada ne ha tratto un romanzo in quattro volumi Mibu Gishi-den. Basati sul romanzo sono stati tratti un film diretto da Yōjirō Takita, “Quando l'ultima spada è estratta” (Mibu gishi den) e un programma televisivo della durata di dieci ore con protagonista Ken Watanabe.
Il film del 2003 L'ultimo samurai combina in un unico racconto situazioni narrative appartenenti sia alla guerra Boshin e alla ribellione di Satsuma del 1877. Gli elementi del film pertinenti alla prima modernizzazione delle forze militari giapponesi, così come il diretto coinvolgimento di stranieri (soprattutto francesi) sono correlate alla guerra Boshin e ai pochi anni che la precedettero. Al contrario la resistenza suicida delle forze samurai tradizionali condotte da Saigō Takamori contro l'esercito imperiale modernizzato sono relative alla successiva Ribellione Satsuma.

YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Meiji
Periodo Meiji (Meiji jidai, "periodo del regno illuminato") è il nome con cui in Giappone si indica il periodo di 45 anni di regno dell'Imperatore Mutsuhito, dal 23 ottobre 1868 al 30 luglio 1912.
L'era cominciò con la deposizione dell'ultimo shōgun Tokugawa Yoshinobu (che avrebbe continuato a vivere isolato a Shizuoka per tutto il periodo Meiji), e l'imperatore Meiji fu perciò il primo imperatore dotato di potere politico dopo diversi secoli di shōgunato. L'imperatore continuò l'intensa campagna di riforme iniziata vent'anni prima, nota come Rinnovamento Meiji, modificando la struttura politica, sociale ed economica del paese. Le ristrutturazioni vennero fatte in senso occidentale e colpirono l'università, l'apparato statale con quello giuridico e portarono alla creazione di una costituzione giapponese.
Dopo la morte dell'imperatore, nel 1912, l'Imperatore Yoshihito ascese al trono, cominciando il periodo Taishō.

La restaurazione Meiji
La restaurazione Meiji non fu tanto un fenomeno di reazione tradizionalista alla penetrazione straniera (nel 1858 Francia, Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti avevano in effetti imposto trattati ineguali), né si limitò a sostituire il potere dello shogun con quello dell'imperatore o a rafforzare l'autorità dei daimyo. Questo era forse l'obiettivo dei grandi feudatari che si assunsero il peso militare della lotta contro i Tokugawa. Ben più ambiziosi erano invece gli scopi di quel gruppo di intellettuali, militari e funzionari, tutti provenienti dal ceto dei samurai, che assunsero i posti-chiave nel governo una volta rovesciato lo shogun. Questa élite dirigente era ben consapevole dell'inferiorità politica e militare del Giappone rispetto alle potenze occidentali e dell'arretratezza delle sue strutture economico-sociali: era dunque decisa a colmare il dislivello in tempi il più possibile rapidi, senza paura di ricalcare i modelli dei più avanzati stati europei. L'operazione fu condotta con risolutezza e rapidità eccezionali. Nel giro di pochi anni, senza violenti sommovimenti sociali, il Giappone compì quella transizione dal sistema feudale allo stato moderno che nella maggior parte dei paesi europei si era realizzata in tempi lunghissimi, accelerati solo da traumatici processi rivoluzionari. Nel 1871 fu proclamata l'uguaglianza giuridica di tutti i cittadini, i diritti feudali vennero aboliti e i feudi trasformati in circoscrizioni amministrative. I feudatari vennero largamente indennizzati, mentre ai samurai fu assegnata una pensione vitalizia. Fu inoltre inaugurata una prima linea ferroviaria, fu introdotta l'istruzione elementare obbligatoria, fu unificata la moneta, fu creato un sistema fiscale moderno in luogo dei vecchi tributi in natura, fu organizzato un esercito nazionale basato sulla coscrizione obbligatoria. Procedeva intanto l'opera di modernizzazione economica: sia nell'agricoltura, dove si incentivò la piccola proprietà, sia, e soprattutto, nell'industria, che si sviluppò praticamente da zero, grazie al massiccio investimento di capitali statali. Questa fu la prima, e finora l'unica, rivoluzione "dall'alto", che in pochissimi anni stravolse un paese che passò dall'essere il fanalino di coda del mondo, con un'economia inesistente, a diventare una delle potenze economiche e militari più forti al mondo già alla fine del XIX secolo.

Rinnovamento Meiji
Il Rinnovamento Meiji, altrimenti detto Rivoluzione o Restaurazione Meiji, fu il radicale cambiamento nella struttura sociale e politica del Giappone che riconsegnò il potere all'imperatore dopo secoli di dominio degli shogun.
Ebbe luogo tra il 1866 e il 1869, tra la fine del periodo Edo (anche detto del tardo shogunato Tokugawa) e l'inizio del periodo Meiji. Il più importante resoconto di prima mano degli eventi del 1862 - 69 redatto da uno straniero è, probabilmente, quello del diplomatico inglese Sir Ernest Satow.

Storia
La formazione dell'alleanza Satcho nel 1866 tra Saigō Takamori, del feudo di Satsuma, e Kido Kōin, del feudo di Chōshū, segna l'inizio del rinnovamento Meiji. Questa alleanza si fece sostenitrice della causa imperiale contro lo shogunato Tokugawa (Tokugawa bakufu, 1603-1868), che controllava la politica e l'esercito giapponese dal 1603.
Il bakufu Tokugawa ebbe ufficialmente fine il 9 novembre 1867, quando il quindicesimo shogun Tokugawa Yoshinobu "consegnò i propri poteri nelle mani dell'imperatore" e si dimise dalla carica dieci giorni più tardi. Era l'effettiva restituzione del potere al sovrano, Yoshinobu abbandonò la scena politica, ma le forze fedeli allo shogunato si rifiutarono di cedere le armi.
Poco dopo, nel gennaio 1868, cominciò la guerra Boshin (Guerra dell'anno del drago) con la battaglia di Toba-Fushimi, alla periferia di Kyoto, in cui l'esercito comandato dai signori di Chōshū e Satsuma sconfisse quello delle forze lealiste dello shogunato. Queste ultime subirono una serie di altre sconfitte, sia in battaglie campali che navali. Quanto restava delle forze dello shogun si ritirò verso la fine del 1868 in Hokkaidō, al comando del comandante della marina militare Enomoto Takeaki, che fondò la repubblica di Ezo. Il nuovo stato ebbe vita breve: nel maggio 1869, con la battaglia di Hakodate, le truppe dello shogunato furono assediate nella loro roccaforte e dovettero capitolare.
La resa rappresentò la fine dello shogunato e del suo regime feudale. Il 3 gennaio del 1869, dopo la fuga in Hokkaido delle truppe dello shogunato, l'Imperatore Mutsuhito proclamò ufficialmente la restaurazione del potere imperiale con il seguente comunicato:

« L'imperatore del Giappone annuncia ai sovrani di tutti i paesi esteri ed ai loro sudditi di aver concesso allo shogun Tokugawa Yoshinobu di rimettere il potere di governo come da sua richiesta. Da questo momento eserciteremo la suprema autorità in tutti gli affari interni ed esterni del paese. Di conseguenza il titolo di imperatore deve sostituire quello di Taikun, con il quale erano stati conclusi i trattati. Stiamo per nominare gli incaricati a condurre gli affari esteri. È auspicabile che i rappresentanti delle potenze che hanno siglato i trattati avallino questa dichiarazione. »
January 3, 1869
Mutsuhito

I capi del rinnovamento Meiji dichiaravano di aver agito soltanto nell'interesse del potere imperiale. Questo non era del tutto vero. Il potere passò dallo shogunato Tokugawa a una nuova oligarchia formata da nobili della corte imperiale e da esponenti dei feudi che avevano sostenuto il rinnovamento, in particolare provenienti da Satsuma (Ōkubo Toshimichi e Saigō Takamori) e di Chōshū (Hirobumi Ito, Aritomo Yamagata, e Kido Kōin), ma anche da Hizen e da Tosa; gli uomini appartenenti a questa ristretta cerchia, successivamente ribattezzati con il termine genrō, pur mirando all'emancipazione del Giappone dalle potenze occidentali, si fecero promotori di un processo di riforma ispirato proprio ai sistemi statuali occidentali che, soprattutto grazie all'apporto di Hirobumi Ito, culminò con l'adozione della Costituzione Meiji, la prima costituzione intesa in senso moderno in Asia.

Gli effetti
Il rinnovamento Meiji fu il movimento che catalizzò il Giappone verso la sua industrializzazione e che portò la nazione ad assurgere a potenza militare dal 1905 al motto di Ricchezza Nazionale e Forza Militare (fukoku kyohei, letteralmente “paese ricco, esercito forte”).

YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Taishō
Il periodo Taishō (Taishō-jidai, "periodo di grande giustizia") o era Taishō, è un periodo della storia del Giappone datato dal 30 luglio 1912 al 25 dicembre 1926, coincidente con il regno dell'imperatore Taishō. La salute dell'imperatore era debole, e ciò causò il passaggio del potere politico dal vecchi oligarchi di stato (genrō) alla Dieta Nazionale del Giappone e alle parti democratiche. Così questa era è considerata epoca di movimento liberale, conosciuto come la "democrazia Taishō" in Giappone; usualmente è distinto dal precedente e caotico periodo Meiji e dal successivo militarista periodo Shōwa.

Eredità del periodo Meiji
Il 30 luglio 1912, l'Imperatore Mutsuhito morì ed il principe ereditario Yoshihito divenne il nuovo imperatore del Giappone e gli succedette al trono, dando inizio al periodo Taishō. La fine del periodo Meiji fu segnata da enormi investimenti del governo all'interno del paese e all'estero e programmi di difesa, quasi esaurendo le proprie risorse, e da una mancanza di riserve estere per pagare i debiti.
L'influenza della cultura occidentale sperimentata nel periodo Meiji continuò. Kiyochika Kobayashi adottò stili di pittura occidentali contemporaneamente alla sua produzione di ukiyo-e. Okakura Kakuzō mantenne il proprio interesse per la pittura tradizionale giapponese. Ōgai Mori e Sōseki Natsume studiarono in occidente e introdussero una concezione della vita umana più vicina a quella del nuovo regime dell'Europa.
Gli eventi intercorsi dal periodo Meiji nel 1868 avevano visto non solo il conseguimento di molti obiettivi di politica ed economia interne ed estere, ma anche un nuovo fermento intellettuale, in un periodo in cui vi era un interesse diffuso in tutto il mondo per il socialismo e si stava sviluppando un proletariato urbano. Il suffragio universale maschile, il welfare sociale, i diritti dei lavoratori, e le proteste non-violente erano gli ideali del primo movimento di sinistra. La repressione delle attività di sinistra da parte del governo, tuttavia, portò ad azioni di sinistra più radicali e a maggiori repressioni, che ebbero come risultato la dissoluzione del Partito Socialista Giapponese (Nihon Shakaitō) solo un anno dopo la sua fondazione nel 1906, ed il generale fallimento del movimento socialista.
L'inizio del periodo Taishō fu segnato dalla crisi politica Taisho nel 1912-13, che interruppe la precedente politica di compromesso. Quando Kinmochi Saionji tentò di tagliare le spese militari, il ministro dell'esercito si dimise, facendo cadere il gabinetto Rikken Seiyūkai. Sia Aritomo Yamagata che Saionji rifiutarono di riprendere l'incarico, e i genrō non furono capaci di trovare una soluzione. L'indignazione pubblica per la manipolazione del gabinetto da parte dei militari e il richiamo di Taro Katsura per un terzo incarico di governo portarono ad ancora maggiori richieste perché la politica genrō avesse una fine. Nonostante l'opposizione della vecchia guardia, le forze conservatrici formarono nel 1913 un loro proprio partito, il Rikken Dōshikai, un partito che conquistò la maggioranza in Parlamento battendo i Seiyūkai nel tardo 1914.
Il 12 febbraio, 1913 Gonnohyoe Yamamoto succedette a Katsura come Primo Ministro del Giappone. Nell'aprile del 1914, Shigenobu Okuma rimpiazzò Yamamoto.

Prima guerra mondiale ed egemonia in Cina
Sfruttando l'opportunità data dal fatto che la Germania era distratta dalla guerra in Europa (che divenne la Prima guerra mondiale) e volendo espandere la propria sfera di influenza in Cina, il Giappone dichiarò guerra alla Germania il 23 agosto 1914, ed occupò rapidamente i territori sotto l'influenza tedesca nella Provincia di Shandong in Cina, le Isole Marianne, le Isole Caroline e le Isole Marshall nell'Oceano Pacifico. Il 7 di novembre, Jiaozhou si arrese al Giappone.
Con i suoi alleati occidentali fortemente coinvolti nella guerra in Europa, il Giappone cercò di consolidare ulteriormente la propria posizione in Cina presentando le Ventuno Richieste alla Cina nel gennaio 1915. Oltre ad espandere il proprio controllo sui possedimenti tedeschi, la Manciuria e la Mongolia interna, il Giappone cercò anche di ottenere la proprietà delle azioni di un grande complesso minerario e metallurgico nella Cina centrale, la proibizione per la Cina di cedere o dare in uso aree costiere ad una terza potenza, e altre forme di controllo politico, economico e militare, che, se acquisite, avrebbero ridotto la Cina a un protettorato giapponese. Di fronte a lente negoziazioni con il governo cinese, il diffuso sentimento anti-giapponese in Cina e la condanna internazionale costrinsero il Giappone a ritirare l'ultimo gruppo di richieste ed i trattati vennero firmati nel maggio 1915.
L'egemonia giapponese in Cina settentrionale e in altre parti dell'Asia fu facilitata da altri accordi internazionali. Uno con la Russia nel 1916 aiutò a rafforzare l'influenza giapponese in Manciuria e Mongolia interna, ed accordi con la Francia, il Regno Unito, e gli Stati Uniti nel 1917 riconobbero le acquisizioni territoriali giapponesi in Cina e nel Pacifico. I Prestiti Nishihara (così chiamati da Kamezo Nishihara, rappresentante di Tokyo a Pechino) del 1917 e del 1918, mentre aiutavano il governo cinese, misero la Cina sempre di più in una posizione di debito con il Giappone. Verso la fine della guerra, il Giappone fornì sempre più materiali bellici che servivano ai propri alleati europei e per i quali erano state fatte delle ordinazioni, aiutando così la diversificazione dell'industria del paese, aumentando le esportazioni, e trasformando per la prima volta il Giappone in nazione creditrice, da debitrice come era stata fino a quel momento.
Il potere del Giappone in Asia crebbe con la fine del regime zarista in Russia e i disordini del 1917 in Siberia seguenti alla Rivoluzione d'Ottobre. Approfittando di quest'opportunità, l'esercito giapponese decise di occupare la Siberia fino al Lago Bajkal. Per far questo, il Giappone dovette negoziare un accordo con la Cina perché fosse permesso il transito di truppe giapponesi attraverso il territorio cinese. Nonostante il contingente fosse stato diminuito per evitare una situazione di antagonismo con gli Stati Uniti, più di 70 000 soldati giapponesi si unirono alle unità molto più piccole della forza di spedizione alleata inviata in Siberia nel 1918.
La Prima guerra mondiale permise al Giappone, che aveva combattuto dalla parte dei vincitori, di espandere la propria influenza in Asia e i suoi possedimenti territoriali nel Pacifico. Agendo in modo virtualmente indipendente dal governo civile, la Marina Imperiale Giapponese si impadronì delle colonie tedesche in Micronesia.
Il 9 di ottobre del 1916, Masatake Terauchi divenne Primo ministro del Giappone al posto di Shigenobu Okuma. Il 2 novembre 1917, l'Accordo Lansing-Ishii sancì il riconoscimento degli interessi giapponesi in Cina e l'impegno a mantenere una "Politica della Porta Aperta". Nel luglio del 1918, venne lanciato l'intervento in Siberia con lo schieramento di 75 000 soldati giapponesi. Nell'agosto del 1918, nelle città di tutto il Giappone scoppiarono rivolte per il riso.

Il Giappone dopo la Prima guerra mondiale: la Democrazia Taishō
Il dopoguerra portò al Giappone una prosperità senza precedenti. Il Giappone andò alla conferenza di pace di Versailles nel 1919 come una delle grandi potenze militari e industriali del mondo e ricevette il riconoscimento ufficiale come uno dei "Cinque Grandi" del nuovo ordine internazionale. Tokyo ebbe un posto permanente nel Consiglio della Società delle Nazioni e il trattato di pace confermò il trasferimento al Giappone dei diritti tedeschi su Shandong, un fatto che portò a rivolte anti-giapponesi e a un sommovimento politico di massa in tutta la Cina. Anche le isole del Pacifico che prima appartenevano alla Germania vennero poste sotto mandato giapponese. Il Giappone fu anche coinvolto nell'intervento post-bellico alleato in Russia e fu l'ultima potenza alleata a ritirarsi (nel 1925). Nonostante il suo piccolo ruolo nella Prima guerra mondiale (e il rifiuto delle potenze occidentali della sua richiesta per una clausola sull'uguaglianza razziale nel trattato di pace), il Giappone emerse come un attore di primo piano nella politica internazionale alla fine della guerra.
Il sistema politico bipartitico che si stava sviluppando in Giappone dalla fine del secolo precedente e l'inizio del nuovo giunse infine alla maturità dopo la Prima guerra mondiale, dando origine al soprannome di questo periodo, la "Democrazia Taishō". Nel 1918, Takashi Hara, un protetto di Saionji ed una personalità assai influente nei gabinetti Seiyūkai di prima della guerra, era divenuto il primo cittadino comune a svolgere le funzioni di primo ministro. Avvantaggiandosi di lunghe relazioni che aveva intrattenuto con tutti gli organi di governo, si conquistò il sostegno dei genrō ancora in vita e della Camera dei Pari, e portò nel suo governo come ministro dell'esercito Giichi Tanaka, che apprezzava favorevoli relazioni fra militari e civili molto più dei suoi predecessori. Nonostante ciò, Hara dovette affrontare gravi problemi: inflazione, la necessità di adattare l'economia giapponese alle circostanze post-belliche, l'afflusso di idee esterne, e un emergente movimento dei lavoratori. Questo gabinetto applicò soluzioni pre-belliche a questi problemi post-bellici, e venne fatto ben poco per riformare il sistema di governo. Hara lavorò per assicurare una maggioranza Seiyūkai attraverso metodi testati da tempo, come nuove leggi elettorali e modifiche nei distretti elettorali, e si imbarcò in programmi di grandi lavori pubblici finanziati dal governo.
L'opinione pubblica divenne sempre più disillusa per l'aumento del debito nazionale e le nuove leggi elettorali, che mantennero la vecchia soglia minima di tasse pagate per i votanti (suffragio censitario). Vennero avanzate richieste per il suffragio universale e lo smantellamento della vecchia rete dei partiti politici. Studenti, professori universitari e giornalisti, sostenuti dalle unioni dei lavoratori e ispirati da una varietà di ideali democratici, socialisti, comunisti, anarchici e di altre scuole di pensiero occidentali, misero su grandi ma ordinate manifestazioni pubbliche in favore del suffragio universale maschile nel 1919 e 1920. Le nuove elezioni portarono ancora ad un'altra maggioranza dei Seiyūkai, ma a stento. Sulla scena politica di allora c'era una proliferazione di nuovi partiti, inclusi il partito socialista e quello comunista.
Nel mezzo di questo fermento politico, Hara venne assassinato nel 1921 da un lavoratore della ferrovia. Il governo di Hara fu seguito da una serie di primi ministri estranei ai partiti. La paura di un elettorato più ampio, del potere dell'ala sinistra e del crescente cambiamento sociale generato dall'afflusso della cultura popolare occidentale (illustrato nel celebre manga e anime degli anni settanta Haikara-san ga Tōru - "Una ragazza alla moda" più conosciuto in Italia come Mademoiselle Anne) portarono a far passare la Legge per la Preservazione della Pace nel 1925, che proibì qualsiasi cambiamento nella struttura politica o l'abolizione della proprietà privata.
Le coalizioni instabili e le divisioni nella Dieta portarono il Kenseikai (Constitutional Government Association) e il Seiyū Hontō (True Seiyūkai) a unirsi, così come il Rikken Minseitō (Constitutional Democratic Party) nel 1927. La piattaforma del Rikken Minseitō era affidata al sistema parlamentare, alla politica democratica e alla pace mondiale. Da allora, fino al 1932, il Seiyūkai e il Rikken Minseitō si alternarono al potere.
Nonostante i riallineamenti politici e la speranza per un governo più ordinato, le crisi dell'economia interna crearono problemi a qualsiasi governo detenesse il potere. Vennero tentati come soluzioni programmi di austerità fiscale e appelli per il supporto da parte del pubblico di politiche di governo così conservatrici come la Legge per la Preservazione della Pace. Nonostante la depressione mondiale degli ultimi anni venti ed i primi anni trenta avesse avuto scarso effetto sul Giappone c'era un senso di scontento crescente che aumentò con l'attacco al primo ministro del Rikken Minseitō Osachi Hamaguchi nel 1930. Nonostante Hamaguchi fosse sopravvissuto all'attacco e avesse tentato di andare avanti nel suo ufficio nonostante la gravità delle sue ferite, fu costretto a dimettersi l'anno dopo e morì non molto tempo più tardi.

Il comunismo e la reazione
La vittoria dei Bolscevichi in Russia nel 1917 e la loro speranza di una rivoluzione mondiale portarono alla creazione del Comintern. Il Comintern comprese l'importanza del Giappone per ottenere una rivoluzione che avesse successo in Asia Orientale, e lavorò attivamente per creare il Partito Comunista Giapponese, che fu fondato nel luglio del 1922. Le mete annunciate dal partito nel 1923 erano la fine del feudalesimo, l'abolizione della monarchia, il riconoscimento dell'Unione Sovietica e il ritiro delle truppe giapponesi dalla Siberia, da Sachalin, dalla Cina, dalla Corea e da Taiwan. Vi fu una brutale soppressione del partito. I radicali risposero con un tentativo di assassinare l'allora Principe Reggente Hirohito. La Legge per la Preservazione della Pace del 1925 fu una risposta diretta ai "pensieri pericolosi" perpetrati dagli elementi comunisti in Giappone.
La liberalizzazione della legge elettorale con la Legge Elettorale Generale nel 1925, arrecò benefici ai candidati comunisti, anche se il Partito Comunista Giapponese era stato bandito. Una nuova Legge per la Preservazione della Pace nel 1928, tuttavia, impedì ulteriori tentativi dei comunisti bandendo i partiti nei quali erano entrati. L'apparato di polizia di allora era ovunque per tentare di controllare il movimento socialista. Dal 1926, il Partito Comunista Giapponese era stato costretto alla clandestinità, dall'estate del 1929 era stato virtualmente distrutto e dal 1933 il partito si era largamente disintegrato.
L'ultra-nazionalismo era caratteristico della politica dell'ala destra e del conservatorismo militare dall'inizio della Restaurazione Meiji, ed aveva largamente contribuito alla politica a favore della guerra durante gli anni settanta dell'Ottocento. Ex samurai disillusi avevano creato società patriottiche e organizzazioni spionistiche come il Gen'yōsha (Società dell'Oceano Nero, fondata nel 1881) e il suo successivo discendente, il Kokuryūkai (Società del Drago Nero o Società del Fiume Amur, fondata nel 1901). Questi gruppi divennero attivi nella politica interna ed estera, aiutarono a fomentare sentimenti favorevoli alla guerra, e supportarono cause ultra-nazionaliste fino alla fine della Seconda guerra mondiale. Dopo le vittorie giapponesi sulla Cina e sulla Russia, gli ultra-nazionalisti si concentrarono sui problemi interni e su quelle che percepivano come minacce interne, come il socialismo e il comunismo.

Politica estera Taishō
Il nazionalismo cinese emergente, la vittoria dei comunisti in Russia e la crescente presenza degli Stati Uniti in Asia Orientale agirono contro gli interessi di politica estera del Giappone postbellico. La spedizione di quattro anni in Siberia e le attività in Cina, combinate con programmi assai dispendiosi sul fronte interno avevano dilapidato i guadagni conseguiti dal Giappone durante la guerra. Il Giappone poteva sperare di divenire la potenza dominante in Asia solo attraverso pratiche d'affari più moderne, supportate da un ulteriore sviluppo economico e da una modernizzazione dell'industria. Tutto ciò venne fornito dalla crescita degli zaibatsu (concentrazioni industriali e finanziarie). Gli Stati Uniti, a lungo fonte di molti beni importati e di prestiti divennero agli occhi del Giappone un impedimento alla sua egemonia poiché portavano avanti una politica di contenimento dell'imperialismo giapponese.
Un punto di svolta internazionale nella diplomazia militare fu la Conferenza di Washington del 1921 - 22, che produsse una serie di accordi che misero in atto un nuovo ordine nella regione del Pacifico. I problemi economici del Giappone resero quasi impossibile un programma di costruzioni navali e, cogliendo la necessità di competere con gli Stati Uniti più su basi economiche che militari, divenne inevitabile un riavvicinamento. Il Giappone adottò un'attitudine più neutrale a proposito della guerra civile in Cina, abbandonando i tentativi di espandere la propria egemonia nella Cina vera e propria, e si unì agli Stati Uniti, alla Gran Bretagna e alla Francia nell'incoraggiare uno sviluppo autonomo da parte della Cina.
Nel Trattato fra le Quattro Potenze sui Possedimenti Insulari firmato il 13 dicembre 1921, il Giappone, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia si accordarono per riconoscere lo status quo nel Pacifico, e il Giappone e la Gran Bretagna si accordarono per dare formalmente termine al loro Trattato di Alleanza. Il Trattato di Disarmo Navale fra la Cinque Potenze stipulato il 6 febbraio 1922 stabilì un rapporto internazionale sul numero di navi ammiraglie (capital ships) per gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, il Giappone, la Francia e l'Italia (rispettivamente 5, 5, 3, 1,75 e 1,75) e limitò le dimensioni e gli armamenti di queste navi già costruite o in costruzione. Con una mossa che dette alla Marina Imperiale Giapponese una maggiore libertà nel Pacifico, Washington e Londra accettarono di non costruire nessuna nuova base militare tra Singapore e le Hawaii.
Lo scopo del Trattato fra le Nove Potenze, anch'esso firmato il 6 febbraio del 1922 dai paesi precedenti e da Belgio, Cina, Paesi Bassi e Portogallo, era prevenire lo scoppio di una guerra nel Pacifico. I firmatari accettarono di rispettare l'indipendenza e l'integrità territoriale della Cina, di non interferire nei tentativi da parte dei cinesi di costituire un governo stabile, di trattenersi dal cercare speciali posizioni di privilegio in Cina o dal minacciare la posizione di altre nazioni lì, di supportare una politica di eguali opportunità per il commercio e l'industria di tutte le nazioni in Cina, e di riesaminare il discorso dell'extraterritorialità e le politiche di autonomia tariffaria. Il Giappone accettò anche di ritirare le sue truppe da Shandong, abbandonando là tutto tranne i diritti puramente economici, e di evacuare le proprie truppe dalla Siberia.

Fine della Democrazia Taishō
In ogni campo, durante gli anni venti, il Giappone cambiò la propria direzione verso un sistema di governo democratico-borghese, similmente all'Europa Occidentale, aperto ai grandi capitali e repressivo nei confronti delle aspirazioni sociali. Tale sistema parlamentare non era radicato abbastanza profondamente da poter resistere alle pressioni economiche e politiche degli anni trenta, durante i quali i comandanti militari divennero sempre più influenti. Questi cambi di potere furono resi possibili dall'ambiguità e dall'imprecisione della costituzione Meiji, in particolare per ciò che riguardava la posizione dell'Imperatore in relazione alla Costituzione.

Linea temporale
1912: L'Imperatore Yoshihito sale al trono (30 luglio). Il generale Taro Katsura diventa primo ministro per la terza volta (21 dicembre).
1913: Katsura è costretto a dimettersi, e l'ammiraglio Gonnohyoe Yamamoto diviene primo ministro (20 febbraio).
1914: Shigenobu Okuma diviene primo ministro per la seconda volta (16 aprile). Il Giappone dichiara guerra alla Germania, unendosi alle forze dell'Intesa (23 agosto).
1915: Il Giappone invia le Ventuno Richieste alla Cina (18 gennaio).
1916: Masatake Terauchi diventa primo ministro (9 ottobre).
1917: Accordo Lansing-Ishii va in effetto (2 novembre).
1918: Inizio della spedizione in Siberia (luglio). Takashi Hara diviene primo ministro (29 settembre).
1919: Inizia il Movimento Primo marzo contro il dominio coloniale in Corea (1 marzo).
1920: Il Giappone contribuisce a fondare la Società delle Nazioni.
1921: Hara è assassinato e Korekiyo Takahashi diventa primo ministro (4 novembre). Hirohito diventa reggente (29 novembre). Viene firmato il Trattato fra le Quattro Potenze (31 dicembre).
1922: Viene firmato il Trattato di disarmo navale fra le Cinque Potenze (6 febbraio). L'ammiraglio Tomosaburo Kato diviene primo ministro (12 giugno). Il Giappone ritira le truppe dalla Siberia (28 agosto).
1923: il Grande terremoto del Kanto del 1923 devasta Tokyo (1 settembre). Yamamoto diventa primo ministro per la seconda volta (2 settembre).
1924: Keigo Kiyoura diventa primo ministro (7 gennaio). Il principe Hirohito (futuro Imperatore Showa) sposa Nagako Kuniyoshi (la futura Imperatrice Kōjun) (26 gennaio). Takaaki Katō diventa primo ministro (11 giugno).
1925: Passa la Legge elettrorale generale: tutti gli uomini sopra i 25 anni acquisiscono il diritto di voto (5 maggio). Passa anche la Legge per la preservazione della pace. Nasce la principessa Shigeko, la prima figlia di Hirohito (9 dicembre).
1926: Muore l'Imperatore Yoshihito; il figlio primogenito Hirohito diventa imperatore (25 dicembre).

Giappone durante la prima guerra mondiale
Il Giappone partecipò alla prima guerra mondiale (Daiichiji Sekai Taisen) dal 1914 al 1917, come alleato della Triplice Intesa, giocando un ruolo importante nelle rotte del Pacifico meridionale e dell'Indiano contro la Kaiserliche Marine. Politicamente il Giappone colse l'occasione di ampliare la propria sfera d'influenza in Cina, e di ottenere il riconoscimento di grande potenza nella geopolitica postbellica.

Eventi del 1914
Il 7 agosto 1914 il governo giapponese ricevette da quello britannico richiesta ufficiale di aiuto nel debellamento dei depredatori tedeschi della Kaiserliche Marine entro e nei pressi delle acque cinesi. Il Giappone intimò un ultimatum alla Germania il 14 agosto, ma esso restò senza risposta, e allora il paese asiatico dichiarò formalmente la guerra all'Impero tedesco il 23 agosto seguente.
Le forze giapponesi occuparono rapidamente l'impero coloniale tedesco in Estremo Oriente. Il 2 settembre esse sbarcarono nella provincia cinese di Shandong e assediarono le postazioni tedesche a Qingdao.
Nell'ottobre seguente, con un'iniziativa virtualmente svincolata dal governo civile, la marina giapponese si impossessò di molte delle colonie insulari tedesche nel Pacifico, le Marianne, le Caroline e le Marshall, senza incontrare resistenza.
La marina imperiale guidò il primo attacco aeronavale della storia, contro obiettivi di terra in mano tedesca nella provincia di Shandong e navi ormeggiate nella baia di Qiaozhou, da una portaerei premoderna, la Wakamiya.
La battaglia di Qingdao si concluse con la resa delle forze coloniali tedesche il 7 novembre.

Eventi del 1915-1916
Nel febbraio 1915, i militari della marina giapponese, di stanza con le sue navi a Singapore, contribuirono a reprimere un ammutinamento delle truppe indiane contro il governo britannico.
Con gli alleati europei, pesantemente coinvolti nella guerra nel Vecchio Continente, il Giappone cercò di consolidare ulteriormente le proprie posizioni in Cina presentando le cosiddette Ventuno richieste al presidente cinese Yuan Shikai nel gennaio 1915. Se accolte esse avrebbero essenzialmente ridotto la Cina a un protettorato nipponico, e ciò a scapito dei numerosi privilegi già goduti dalle potenze europee nelle rispettive sfere di influenza sul paese. Di fronte alle lunghe trattative con il governo cinese, al diffuso e crescente sentimento antigiapponese e alla condanna internazionale (specialmente da parte degli Stati Uniti), il Giappone ritirò il pacchetto delle richieste finali, e il trattato fu firmato dalla Cina il 25 maggio 1915.
Nel corso del biennio 1915-1916 gli sforzi tedeschi di negoziare la pace separata con il Giappone fallirono. Il 3 luglio 1916 il Giappone e la Russia stipularono un trattato con cui si impegnavano a non firmarla, e concordavano anzi una reciproca consultazione e una azione comune nel caso che il territorio o gli interessi di uno dei due paesi fossero minacciati da una parte esterna. Il trattato contribuì a rafforzare ulteriormente l'egemonia nipponica in Manciuria e Mongolia Interna.

Eventi del 1917
Il 18 dicembre 1916, l'Ammiragliato britannico chiese di nuovo assistenza navale al Giappone. Due dei quattro incrociatori della Prima Squadriglia Speciale di stanza a Singapore furono inviati a Città del Capo in Sudafrica, e quattro cacciatorpediniere nel Mediterraneo, con base al largo di Malta. Il contrammiraglio Sato Kozo, sull'incrociatore Akashi, e la 10a e 11a unità di cacciatorpediniere (composte di otto imbarcazioni) raggiunsero Malta il 13 aprile 1917 via Colombo e Port Said. Al termine del dislocamento questa Seconda Squadriglia Speciale assommava 17 navi: un incrociatore, 12 cacciatorpediniere, 2 cacciatorpediniere ex britannici e 2 sloop.
Essa effettuò servizio di scorta per il trasporto delle truppe e le operazioni antisottomarine. La squadriglia giapponese compì un totale di 348 sortite di scorta da Malta, proteggendo 788 navi con circa 700.000 soldati, così contribuendo in modo significativo allo sforzo bellico. Altre 7.075 persone furono recuperate da imbarcazioni in avaria e affondate. In cambio di tale assistenza, la Gran Bretagna riconobbe al Giappone gli acquisti territoriali di Shandong e delle isole del Pacifico a nord dell'equatore.
Quando gli Stati Uniti entrarono in guerra, il 6 aprile 1917, americani e giapponesi si trovarono dalla stessa parte, malgrado le loro relazioni sempre più tese a causa della questione cinese e la competizione per il controllo del Pacifico. Ciò condusse al patto Lansing-Ishii, per l'alleggerimento della tensione, il 2 novembre 1917.

Eventi del 1918
Nel 1918, il Giappone continuò a estendere la propria influenza e i propri privilegi in Cina grazie al supporto finanziario fornito dai mutui Nishihara. Dopo il collasso dell'Impero Russo nella Rivoluzione d'Ottobre, nel 1918 il Giappone e gli Stati Uniti spedirono forze in Siberia per sostenere il capo dell'Armata Bianca, ammiraglio Aleksandr Kolčak contro l'Armata Rossa bolscevica. Nell'intervento in Siberia, l'esercito imperiale giapponese previde inizialmente l'invio di oltre 70.000 uomini per occupare la regione fino al limite estremo occidentale del lago Bajkal. Il piano fu ridimensionato considerevolmente a causa dell'opposizione degli Stati Uniti.
Verso la fine della guerra sempre più spesso il Giappone eseguì forniture di materiale bellico per i suoi alleati europei. Il boom economico di guerra contribuì a specializzare l'industria del paese, ad aumentare le esportazioni e a trasformare il Giappone, per la prima volta, da nazione debitrice in creditrice. Le esportazioni dal 1913 al 1918 quadruplicarono. Il massiccio afflusso di capitale e la conseguente espansione industriale condussero però a una rapida inflazione. Ciò provocò lo scoppio nell'agosto 1918 della Rivolta del Riso nelle città di tutto il paese.

Eventi del 1919
L'anno 1919 vide il Giappone sedere fra i Quattro Grandi (David Lloyd George, Vittorio Emanuele Orlando, Woodrow Wilson e Georges Clemenceau) della Conferenza di pace di Versailles. A Tokyo fu garantito un seggio permanente al Consiglio della Società delle Nazioni, e la successiva Conferenza di Parigi confermò la cessione al Giappone dei possedimenti tedeschi di Shandong. Analogamente, le isole ex tedesche del Pacifico furono poste sotto mandato giapponese. Nonostante il ruolo relativamente marginale del Giappone nella Prima guerra mondiale (e il rifiuto delle potenze occidentali di accettare la sua proposta di una clausola di uguaglianza razziale nel trattato di Versailles), alla chiusura delle ostilità il paese asiatico era emerso come una grande potenza nella politica internazionale.
La prosperità apportata dalla guerra, però, non durò. Sebbene l'industria leggera si fosse assicurata una fetta del mercato mondiale, il Giappone tornò ad essere una nazione debitrice poco dopo la conclusione del conflitto. La facile vittoria, l'impatto negativo della recessione del periodo Showa nel 1926, e le instabilità politiche interne contribuirono all'ascesa del militarismo giapponese nei tardi anni venti e negli anni trenta.

YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Shōwa
Il periodo Shōwa (Shōwa jidai, letteralmente "periodo di pace illuminata"), o epoca Shōwa, è il periodo di storia giapponese corrispondente al regno dell'Imperatore Hirohito; è compreso tra il 25 dicembre 1926 ed il 7 gennaio 1989. È stato il regno più lungo tra tutti quelli degli imperatori giapponesi.
Il periodo Shōwa può essere suddiviso in due momenti storici differenti, durante i quali il Giappone ha vissuto grandi rivolgimenti:
nel primo ventennio, tra il 1926 e il 1945, in seguito agli avvenimenti succeduti alla Prima guerra mondiale (guerra civile cinese, crisi del capitalismo liberale, minaccia sovietica), in Giappone si sviluppò un forte ultranazionalismo militarista ed imperialista. Esso si manifestò con l'espansione dei confini territoriali (nel 1937 il Giappone entrò per la seconda volta in guerra contro la Cina e nel 1941 entrò nella Seconda guerra mondiale, alleandosi all'Italia fascista e alla Germania nazista, attaccando gli Stati Uniti d'America a Pearl Harbor. Nei primi giorni dell'agosto del 1945, il Giappone subì gli unici due attacchi atomici della storia, che portarono alla sua resa totale ed alla perdita di tutte le conquiste esterne all'arcipelago).
Tra il 1945 ed il 1989, il periodo Shōwa vide dapprima la ricostruzione del paese, dai danni subiti durante la guerra e la formazione di un regime di tipo democratico, alleato agli Stati Uniti; quindi, a partire dagli anni '50, un enorme sviluppo economico, basato soprattutto sull'esportazione di prodotti altamente tecnologici, che portò il Giappone a diventare la seconda economia al mondo.
Preceduto dal periodo Taishō, è stato seguito dal periodo Heisei, l'attuale periodo in Giappone.

Occupazione del Giappone
Alla fine della seconda guerra mondiale il Giappone fu occupato dalle potenze alleate vincitrici, guidate dagli Stati Uniti con contributi da parte del Regno Unito. Questa presenza segnò la prima occupazione del paese da parte di potenze straniere. Il Trattato di San Francisco, firmato l'8 settembre 1951, marcò la fine dell'occupazione alleata, ma solo dopo la sua entrata in vigore il 28 aprile 1952 il Giappone tornò ad essere uno stato completamente indipendente.

La resa
Il Giappone si arrese il 14 agosto 1945, quando cioè il gabinetto Suzuki comunicò agli Alleati di aver accettato la Dichiarazione di Potsdam. Il giorno dopo, l'Imperatore Hirohito annunciò alla radio la resa incondizionata. Una trasmissione radio non era mai stata registrata dall'Imperatore, e per la gran parte dei giapponesi fu quella l'occasione di udire per la prima volta la voce del sovrano. La data è ricordata come quella della vittoria sul Giappone, o V-J Day, e rappresenta la fine della Seconda Guerra Mondiale, oltre che l'inizio di un lungo cammino per ricostruire un Giappone ridotto in frantumi. Lo stesso giorno, il Presidente degli Stati Uniti Harry Truman nominava il Generale Douglas MacArthur Comandante Supremo delle Forze Alleate (SCAP, cioè Supreme Commander of the Allied Powers), affidandogli la supervisione dell'occupazione del Giappone. Durante la guerra, gli Alleati avevano pianificato la divisione del paese tra i vincitori per tutta la durata dell'occupazione, com'era avvenuto per l'occupazione della Germania.
Nell'ultimo progetto, tuttavia, allo SCAP venne affidato il controllo diretto delle principali isole dell'arcipelago nipponico (Honshu, Hokkaidō, Shikoku e Kyushu), e di quelle ad esse limitrofe, mentre per quelle più decentrate dovevano essere divise tra gli Alleati, come segue:
Unione Sovietica: Corea del Nord (non un'occupazione totale), Sachalin, e le Isole Curili;
Stati Uniti: Corea del Sud (non un'occupazione totale), Okinawa, le Isole Amami, Isole Ogasawara e i possedimenti in Micronesia;
Repubblica cinese: Taiwan e Penghu.
Non è chiaro il motivo per cui il piano venne cambiato. Le teorie più accreditate mettono in risalto l'accresciuto potere statunitense in seguito allo sviluppo della bomba atomica. la profonda sfiducia (rispetto a Roosevelt) di Truman nell'Unione Sovietica, e la crescente preoccupazione di contenere l'espansione sovietica in Estremo Oriente dopo la Conferenza di Jalta: l'Unione Sovietica aveva probabilmente intenzione di occupare Hokkaidō. Ove questo fosse accaduto, sarebbe potuta nascere una 'Repubblica popolare del Giappone' nella zona di occupazione sovietica. Comunque, a differenza di quanto avvenuto in Germania Est e Corea del Nord, queste intenzioni, se esistenti, vennero frustrate dall'opposizione di Truman. Di comune accordo, furono comunque insediati la Commissione per l'Estremo Oriente e il Consiglio Alleato per il Giappone, incaricati di sovrintendere all'occupazione. Funzionari giapponesi si recarono a Manila il 19 agosto, per incontrare MacArthur ed essere ragguagliati sui suoi programmi per la gestione dell'occupazione. Il 28 agosto, 150 statunitensi atterrarono ad Atsugi, nella Prefettura di Kanagawa. Furono seguiti dalla nave militare Missouri, che scortava naviglio dal quale sbarcò sulla costa meridionale di Kanagawa la Quarta Divisione dei marines. In seguito, arrivò ulteriore personale alleato.

MacArthur raggiunse Tokyo il 30 agosto, ed emanò immediatamente alcune leggi che proibivano al personale alleato di mettere sotto attacco gente giapponese. Nessun alleato doveva consumare lo scarso cibo a disposizione dei giapponesi. Innalzare lo Hinomaru, la bandiera col Sol Levante, fu dapprima severamente limitato, sebbene uffici pubblici, o anche cittadini, potessero chiedere un'autorizzazione per farlo. Tali limitazioni vennero alleggerite nel 1948, e poi abolite l'anno successivo.
Il 2 settembre la resa fu formalizzata con la firma dell'Atto. Le forze Alleate, soprattutto statunitensi, assunsero il controllo del paese, e "per ottanta mesi dopo la resa del 1945, il Giappone fu alla mercé di un esercito occupante, e il suo popolo soggetto a “controllo militare straniero”. A capo dell'Amministrazione occupante c'era il generale MacArthur, che tecnicamente avrebbe dovuto rapportarsi ad un consiglio nominato dalle potenze alleate, ma che in pratica fece tutto da sé, ragion per cui in quel periodo si manifestò una forte influenza americana, tanto che già nel 1951 fu notato che "per sei anni gli Stati Uniti avevano potuto sperimentare in Giappone con molta più libertà che in ogni altro paese dell'Asia o, quanto a questo, del mondo intero". La priorità di MacArthur fu l'organizzazione della distribuzione del cibo. Infatti, in seguito al collasso del governo e alla distruzione pressoché totale della maggiori città, i giapponesi tutti erano alla fame. Anche dopo le sue prime misure, milioni di essi restarono a rischio di morte per fame per diversi anni. Come ebbe a scrivere Kawai Kazuo, "non si può insegnare la democrazia ad un popolo che muore di fame", e oltre ad incoraggiare una riforma democratica il governo statunitense stanziò miliardi di dollari in aiuti.
Dapprincipio furono fornite razioni di emergenza attraverso fondi GARIOA (Government and Relief in Occupied Areas, cioè Governo e Soccorso in Regioni Occupate); nell'anno fiscale 1946 l'aiutò ammontò a 92 milioni di dollari sotto forma di prestiti. A partire dall'aprile del 1946, fu concesso ad organizzazioni private di soccorso di partecipare sul modello del LARA (programma analogo al GARIOA, ma gestito da privati). Una volta organizzata la distribuzione del cibo, al costo di un milione di dollari al giorno, MacArthur cercò di conquistare l'appoggio di Hirohito. I due si incontrarono per la prima volta il 27 settembre: la foto che li ritrae insieme è una delle più famose della storia del Giappone. Molti, tuttavia, rimasero scioccati nel costatare che all'appuntamento con l'imperatore il generale indossava la sua uniforme ordinaria, e non quella da cerimonia, ma poteva essere una scelta deliberata, per mandare un chiaro messaggio su quale riteneva dovesse essere lo status del sovrano. Dopo il riconoscimento da parte di Hirohito, MacArthur ebbe il carburante necessario per cominciare davvero il suo lavoro di occupante. Mentre altri leader politici e militari spingevano perché l'Imperatore fosse processato come criminale di guerra, il generale si oppose, e rifiutò anche le richieste di abdicazione avanzate da intellettuali come Tatsuji Miyoshi e perfino membri della famiglia reale, quali i Principi Higashikuni e Mikasa, ribattendo che tali atti sarebbero risultati straordinariamente impopolari.

Alla fine del 1945, il personale statunitense acquartierato in Giappone superava le 350.000 unità. All'inizio del 1946 cominciarono ad arrivare in quantità ancora maggiori truppe di rimpiazzo, e furono assegnate all'Ottava Armata di MacArthur, il cui quartier generale era stabilito nell'edificio Dai-Ichi di Tokyo. Per quanto riguarda le principali isole dell'arcipelago, Kyushu fu occupata dalla 24ª divisione di Fanteria, parzialmente responsabile anche di Shikoku. Honshu fu posta sotto il controllo della 1ª divisione di fanteria e Hokkaidō fu occupata dalla 1ª divisione aerotrasportata.
Al giugno del 1950, tutte le unità citate avevano subito drastiche riduzioni di truppe, e l'effettiva operatività in combattimento era seriamente compromessa. Quando la Corea del Nord invase il Sud, elementi della 24ª divisione vennero dislocati in Corea del Sud per bloccare le ingenti forze degli invasori, ma le inesperte truppe di occupazione, passate nel giro di una notte da un tranquillo acquartieramento al battesimo del fuoco, subirono pesanti perdite, e furono costrette a ripiegare finché non giunsero in loro aiuto altri effettivi delle truppe di occupazione dal Giappone.
La Forza di occupazione del Commonwealth britannico (BCOF, British Commonwealth Occupation Force) era composta da effettivi britannici, australiani, neozelandesi ed indiani, e fu dislocata in Giappone il 21 febbraio, 1946. Mentre le forze statunitensi erano responsabili delle incombenze generali del governo militare, il Commonwealth supervisionava in particolare la smobilitazione dell'esercito e la riconversione dell'industria di guerra giapponese . La BCOF fu anche responsabile di diverse prefetture occidentali, e stabilì il suo quartier generale a Kure. Al suo apice, la forza contò circa 40.000 effettivi. A partire dal 1947 ridusse gradualmente i suoi effettivi, e fu ufficialmente smobilitata nel 1951.

Risultati dell'occupazione
Disarmo
La Costituzione giapponese del dopoguerra, adottata con la supervisione degli Alleati incluse una 'clausola di pace', l'articolo 9, che comportava il ripudio della guerra e proibiva qualsiasi forza armata giapponese, allo scopo di impedire che il paese potesse attuare nuovamente politiche militarmente aggressive. Tuttavia, già nel decennio successivo, gli Stati Uniti cominciarono a fare pressioni perché il Giappone ricostituisse il suo esercito, che poteva rappresentare un efficace baluardo contro l'espansionismo comunista in Asia, specie dopo la Rivoluzione cinese e la guerra di Corea. Si arrivò così alla costituzione della Forze di autodifesa giapponesi, cui, per prassi e non per legge, il Giappone aveva tradizionalmente destinato circa l'1% del suo PIL. Recentemente, primi ministri come Junichiro Koizumi e Shinzo Abe, insieme a diversi altri politici, hanno proposto di abrogare o rivedere la clausola di pace. Cosicché, sebbene lo scopo dell'occupazione militare alleata fosse originariamente la smilitarizzazione del paese, a causa della minaccia comunista nella regione l'esercito ha potuto lentamente riguadagnare potere, ed oggi il bilancio per la difesa del Giappone è il sesto al mondo.

Liberalizzazione
L'occupazione del Giappone non fu quel semplice esperimento per la democrazia che si tende a dipingere. Con l'inasprirsi della Guerra Fredda, lo SCAP frenò le sue iniziative di riforma. Dalla fine del 1947, le priorità statunitensi si spostarono dal cambiamento sociale in senso liberale verso la stabilità politica interna e la ripresa economica. Smilitarizzazione e democratizzazione persero inerzia, e il loro sviluppo sembrò arrestarsi. Valga l'esempio del decentramento economico, trascurato dal Quartier Generale per rispondere ai nuovi imperativi. Le autorità statunitensi incoraggiarono prassi affaristiche e politiche industriali che da allora sono diventate motivo di attrito tra il Giappone e i suoi principali partner economici, in particolare con gli Stati Uniti. Durante l'occupazione, il Quartier Generale e il Comando Supremo, lo SCAP, erano riusciti con successo, ancorché non completamente, a smantellare molte delle coalizioni finanziarie note come Zaibatsu, che avevano fino ad allora monopolizzato l'industria. Insieme al cambio di atteggiamento statunitense (in parte dovuto al bisogno di un Giappone economicamente più forte davanti all'Unione Sovietica, percepita come una minaccia), ad affossare le riforme contribuirono anche i ricchi ed influenti giapponesi, che ovviamente recalcitravano all'idea di perdere gran parte dei loro profitti. In conseguenza ci fu chi resistette ad ogni ipotesi di riforma, e da questa opposizione nacque una nuova forma di raggruppamento industriale, più agile, che divenne nota come keiretsu. Wolf Ladejinsky, membro dello SCAP del Generale MacArthur firmò anche un'importante riforma agraria. Successivamente, Ladejinsky ha dichiarato che il vero architetto della riforma fu il socialista Hiro Wada, che sarebbe poi diventato ministro dell'agricoltura giapponese. Tra il 1947 e il 1949, circa 5,8 milioni di acri, il 38% della superficie coltivabile del Giappone vennero acquistati dai grandi proprietari terrieri e rivenduti a prezzi assai più bassi (tenuto conto dell'inflazione) ai contadini che li lavoravano, smantellando il latifondismo che aveva dominato la storia del paese. Nel 1950, almeno tre milioni di braccianti avevano acquisito un pezzo di terra.

Democratizzazione
Nel 1946, la Dieta ratificò una nuova costituzione, che seguiva fedelmente la traccia elaborata dagli occupanti, e in particolare dalla struttura comandata da MacArthur, e venne promulgata sotto forma di emendamento alla vecchia costituzione Meiji, di stampo prussiano. Il disegno politico traeva abbondante ispirazione dal Bill of Rights britannico, dalla legislazione sociale del New Deal, ma anche da alcune delle costituzioni europee liberali e perfino da quella dell'Unione Sovietica . Trasferiva la sovranità dall'Imperatore al popolo nel tentativo di depoliticizzare il Trono e ridurlo ad un mero simbolo del potere statale. Della Carta fa parte anche il famoso articolo 9 (né guerra, né esercito), che metteva al bando la guerra come strumento della politica estera e perfino il mantenimento di un esercito regolare. Essa inoltre conferiva pieni diritti umani alle donne, rafforzava i poteri di parlamento e governo, decentrava la polizia e conferiva autonomia alle autorità locali. Lo shintoismo venne abolito come religione di stato, e il Cristianesimo poté essere apertamente professato per la prima volta dopo diversi decenni. E il 10 aprile 1946 le elezioni dettero al Giappone il suo primo capo di governo della modernità, Shigeru Yoshida, contando il 78,52% di votanti fra gli uomini e il 66,97% fra le donne.

Riforma dell'istruzione
Durante e prima della guerra, l'istruzione giapponese era basata sul sistema tedesco, con un Gymnasium e l'Università a completare il percorso formativo dopo l'istruzione primaria. Nel corso dell'occupazione, il sistema fu cambiato sul modello americano, con due livelli di istruzione secondaria, il primo obbligatorio, il secondo facoltativo. Venne abrogata la Riforma Imperiale dell'Istruzione, e riorganizzato il sistema universitario, anch'esso di ispirazione Imperiale, e anche la vecchia questione della riforma ortografica trovò soluzione, con l'adozione nel 1946 dell'alfabeto Tōyo kanji, predecessore dell'attuale Joyo kanji, e la lingua scritta fece posto alle novità createsi in quella parlata.

Epurazione dei criminali di guerra
Mentre tutte queste riforme venivano attuate, diversi tribunali militari, di cui il principale fu il Tribunale Internazionale per l'Estremo Oriente di Ichigaya (Tokyo), processavano i criminali di guerra giapponesi, comminando parecchie sentenze di condanna, anche capitali. Tuttavia, molti sospettati non vennero mai giudicati, come Tsuji Masanobu, Nobusuke Kishi, Yoshio Kodama e Ryoichi Sasakawa, mentre l'Imperatore Showa e i membri della sua famiglia più compromessi con la guerra, quali i Principi Chichibu, Asaka, Hiroyasu Fushimi, Higashikuni, e Takeda, oltre ai componenti dell'Unità 731, vennero esonerati da ogni procedimento penale dallo stesso generale MacArthur. Già prima dell'inizio effettivo dei processi per crimini di guerra, lo SCAP, l'IPS e i funzionari Showa tramarono dietro le quinte non solo per prevenire il rinvio a giudizio della famiglia imperiale, ma anche per subornare i possibili testimoni a carico. Il governo Showa e dignitari di corte di altissimo livello collaborarono con il Quartier Generale Alleato nella compilazione di liste di possibili criminali di guerra, mentre gli arrestati considerati sospettati di "Classe A", rinchiusi nel carcere di Sugamo dovettero fare solenne giuramento di difendere il sovrano da ogni possibile implicazione in responsabilità per la guerra. Così, da mesi prima che il tribunale di Tokyo entrasse in funzione, i più alti aiutanti di MacArthur stavano già lavorando per attribuire la responsabilità totale di Pearl Harbor a Hideki Tojo, inducendo i più importanti criminali di guerra a coordinare le loro versioni in modo da risparmiare all'Imperatore il rinvio a giudizio, e con il pieno appoggio dello staff di MacArthur, l'accusa funzionò, a tutti gli effetti, come collegio di difesa per l'Imperatore. Come scrive lo storico John W. Dower,

«Perfino i pacifisti giapponesi che sostengono gli ideali dei processi di Tokyo e Norimberga, che hanno prodotto documenti per rendere pubbliche le atrocità nipponiche non riescono a difendere la decisione statunitense di aver prima affrancato l'imperatore da ogni responsabilità per la guerra e poi, per i bisogni della Guerra Fredda, rilasciato e subito ingaggiato noti criminali di guerra di destra, come quel Kishi Nobusuke che più tardi sarebbe diventato primo ministro. Retrospettivamente, e con l'eccezione degli ufficiali combattenti, l'epurazione condotta durante l'Occupazione di noti militaristi ed ultranazionalisti ebbe un impatto relativamente minimo sulla composizione, a lungo termine, di quadri capaci di orientare settori pubblici e privati della società giapponese. All'inizio, le epurazioni portarono nuova linfa ai partiti politici, ma l'effetto svanì presto per il ritorno sulla scena negli anni cinquanta, di un'enorme quantità di reazionari in precedenza formalmente epurati, sia a livello nazionale che nei governi locali. Nell'apparato burocratico, le epurazioni furono superficiali fin dall'inizio. Allo stesso modo, nel settore economico le epurazioni ebbero un effetto solo lievemente disarticolante, avendo riguardato solo 1.600 persone, disseminate in oltre 400 aziende. In qualunque modo le si guardi, le stanze del potere nel Giappone del dopoguerra si rivelano affollate di quelle stesse persone che le frequentavano durante la guerra, le quali scoprirono che il loro già ben noto talento era ancora più apprezzato nel 'nuovo' Giappone.»

Stupri
Nei primi dieci giorni dell'occupazione, oltre mille stupri vennero perpetrati nella sola prefettura di Kanagawa. Secondo John Dower, si contarono circa 40 denunce di stupro al giorno fino alla primavera del 1946, quando, a seguito della messa fuori legge della prostituzione la cifra salì a più di 300 al giorno. La messa fuori legge di prostituzione e bordelli portò anche a stupri di massa nella primavera del 1946. Il 4 aprile, 50 soldati irruppero in un ospedale nella prefettura di Omori,e violentarono 77 donne, tra cui una che aveva appena partorito (il bambino morì durante l'assalto). L'11 aprile, 40 soldati tagliarono il telefono di un condominio a Nagoya, e "violentarono contemporaneamente molte donne e ragazze di età compresa tra 10 e 55 anni".

Censura
Le forze di occupazione alleate oscurarono le notizie di atti criminali come gli stupri; il 10 settembre 1945 lo SCAP "pubblicò i codici di stampa ed autocensura, proibendo la pubblicazione di informazioni o statistiche ostili agli obiettivi dell'occupazione". La censura alleata non proibì soltanto le critiche nei confronti degli Stati Uniti e gli altri Alleati: "anche la stessa menzione della censura fu proibita". Ogni segno di censura doveva essere occultato, tanto da provocare l'esasperazione dei pubblicisti, che non dovevano semplicemente redigere materiale che magari le autorità trovavano sensibile e censuravano, come durante la guerra, ma dovevano invece ogni volta riscrivere l'intero testo in modo che sparisse ogni segno di censura.

Deindustrializzazione
Al fine di allontanare ulteriormente la possibilità che il Giappone diventasse una potenziale futura minaccia per gli Stati Uniti, la Commissione per l'Estremo oriente decise che il paese doveva essere in parte deindustrializzato. Il livello di smantellamento ottimale fu considerato quello che avrebbe riportato il livello di vita nipponico agli anni 1930-34. Alla fine però il programma raggiunse un livello di realizzazione inferiore a quello, simile, che fu applicato in Germania. Infatti, in considerazione di quello che sarebbe costato ai contribuenti americani l'aiuto alimentare d'emergenza al Giappone, nel 1948 il Rapporto della Commissione Johnston raccomandò piuttosto che l'economia giapponese venisse ricostruita. Il rapporto suggeriva sconti sul pagamento dei danni di guerra ed un allentamento delle politiche di 'decentramento economico'. Nell'anno fiscale 1949 le dotazioni di bilancio del programma GARIOA vennero trasferite in EROA, un programma di ripresa economica per le regioni occupate destinato all'approvvigionamento di materiale necessario per la ricostruzione economico-produttiva.

Comfort women
Con l'assenso delle autorità di occupazione alleate i Giapponesi strutturarono una rete di bordelli a beneficio degli oltre 300.000 uomini delle truppe occupanti. "La strategia fu quella di usare il lavoro particolare di donne navigate per creare una diga che proteggesse donne e ragazze ordinarie". Nel Dicembre del 1945 un ufficiale superiore del Settore Salute pubblica e Servizi Sociali del Quartier Generale scriveva, a proposito della prostituta-tipo:"La ragazza è spinta al lavoro dalle miserevoli condizioni economiche della sua famiglia, che la pressa ad accettare, cosa che occasionalmente avviene con il concorso della sua stessa volontà di sacrificarsi per il bene dei suoi parenti. Tuttavia, è opinione dei nostri informatori che in certi distretti urbani la schiavitù femminile, sebbene meno diffusa che in passato, sia ancora praticata. Le vittime più sfortunate sono state le donne che, senza precedenti esperienze, hanno risposto agli appelli per reclutare le 'donne del nuovo Giappone'. Quando MacArthur chiuse finalmente i bordelli il 25 marzo del 1946, si stimò che il 25% delle truppe statunitensi avesse contratto malattie a trasmissione sessuale.

Espulsioni
L'unione Sovietica si annetté Sachalin e le Isole Curili, espellendo dalla prima 400.000 giapponesi.

Altro
Nel tentativo di occupare quanto più territorio giapponese possibile, le truppe sovietiche reiterarono attacchi militari anche dopo la resa del nemico, causando perdite civili su larga scala.

Politica
I partiti politici rinacquero con l'inizio dell'occupazione. Quelli di sinistra come il Partito Socialista Giapponese e il Partito Comunista Giapponese tornarono a strutturarsi rapidamente, così come diverse organizzazioni di destra. I vecchi Seiyukai e Rikken Minseito rinacquero rispettivamente come Partito liberale giapponese (Nihon Jiyuto) e Partito progressista giapponese (Nihon Shimpoto). Le prime elezioni del dopoguerra si tennero nel 1946, e furono ammesse anche le donne, e il vicepresidente del Partito Liberale Shigeru Yoshida (1878-1967) divenne primo ministro. In occasione delle elezioni del 1947, l'opposizione interna a Yoshida abbandonò il partito per dar vita con i Progressisti ad una nuova formazione, il Partito Democratico giapponese (Minshuto). La frammentazione in campo conservatore consegnò la maggioranza ai socialisti, che formarono un governo, in carica per un anno. Da allora, i socialisti cominciarono a perdere progressivamente consensi elettorali. Dopo una breve esperienza di governo dei democratici, Yoshida tornò primo ministro alla fine del 1948, e restò in carica fino al 1954, quando a causa di una malattia cardiaca fu sostituito da Shinto (1955).

Fine dell'occupazione
Nel 1949, MacArthur rivoluzionò la struttura dello SCAP, ampliando i poteri dei Giapponesi e riducendo ad una funzione notarile quella degli statunitensi, così che la sua attenzione (e quella della Casa Bianca) poté rivolgersi alla Guerra di Corea, mentre l'occupazione volgeva al termine. Il Trattato di San Francisco, firmato nel 1951, segnava la fine della presenza alleata, e quando entrò in vigore il 28 aprile dell'anno successivo, il Giappone riacquistò la sua indipendenza, con le eccezioni di Okinawa, sotto controllo americano fino al 1972, e Iwo Jima, pure americana fino al 1968. Anche se 47.000 militari americani erano rimasti sul territorio nipponico, la loro presenza fu considerata frutto di un invito ai sensi del Trattato di Cooperazione e Mutua Sicurezza tra Stati Uniti e Giappone, e non permanenza di un esercito occupante.

Reazioni Culturali
La resa in diretta radiofonica di Hirohito fu un pesante shock per i cittadini giapponesi. Dopo anni di propaganda sulla potenza militare nipponica e l'inevitabilità della vittoria finale, tutti quei discorsi si rivelarono fasulli nel breve volgere di qualche minuto. E comunque, per molti lo sbalordimento fu di breve durata, alle prese com'erano con i pressanti problemi della fame e della sopravvivenza, aggravata spesso dalla perdita della propria abitazione. Il Giappone del dopoguerra era un caos. I milioni di sfollati causati dai raid aerei alleati sulle grandi città, già affamati dalle esigenze belliche e da anni di cattivi raccolti, videro le loro condizioni peggiorare di colpo quando le importazioni di cibo da Cina, Formosa, e Corea cessarono all'improvviso. Il rimpatrio di quanti vivevano in altre regioni asiatiche aggravò ulteriormente la scarsità di cibo tra sfollati e rifugiati: 5.100.000 giapponesi tornarono in patria nei quindici mesi successivi al 1 ottobre 1945. L'abuso di alcol e droghe divenne un problema enorme.
Per esprimere la profonda prostrazione fisica e morale della gente fu coniato l'espressione "essere in condizione kyodatsu". L'inflazione era alle stelle, e si faceva ricorso al mercato nero anche per i beni basilari. Anche la prostituzione conobbe un considerevole sviluppo.
Negli anni cinquanta si affermò la cultura kasutori. In reazione alle ristrettezze degli anni precedenti, questa subcultura, che prendeva il nome dal drink preferito dagli intellettuali che la incarnarono, enfatizzava spensieratezza, divertimento e decadenza.
L'espressione shikata-ga-nai (non ci si può far niente) veniva spesso usata dalla stampa statunitense e giapponese per esprimere la rassegnazione pubblica alle dure condizioni di vita sopportate durante l'occupazione. Tuttavia, non tutti reagirono nello stesso modo alle difficoltà del dopoguerra. Se alcuni crollarono, molti altri seppero resistere, e quando il paese riprese il suo cammino furono pronti a ricominciare.

YKIAT - Storia del Giappone

Periodo Heisei
Heisei ("pace ovunque") è l'era corrente in Giappone. Il periodo Heisei cominciò l'8 gennaio 1989 con l'ascesa al trono dell'Imperatore Akihito dopo la morte del padre Hirohito, l'Imperatore del periodo Shōwa.