Tamburi Taiko
La leggenda dei tamburi Taiko
Come tanti oggetti e situazioni che caratterizzano la storia e la tradizione di un popolo, anche i suggestivi tamburi giapponesi affondano le radici della loro origine tra mito e realtà.
Nella tradizione giapponese il tamburo (taiko) ha un significato che va molto al di là delle sue caratteristiche puramente musicali. La sua voce potente, simile al tuono, è in grado di giungere fin sopra alle nuvole, alla dimora dei kami (divinità); il materiale stesso di cui è costruito, il legno, partecipa della sacralità dell'albero da cui deriva. Perciò fin dall'antichità il tamburo è stato il protagonista di cerimonie religiose di diverso tipo: riti legati alle attività agricole o feste annuali in cui uomini e kami partecipano a un intrattenimento comune.
L'importanza del tamburo come strumento magico-religioso è forse anche la causa della sua grande diffusione nella musica tradizionale, sia popolare che artistica, e nella musica teatrale; si pensi ad esempio al ruolo preponderante che le percussioni svolgono nella musica di scena del teatro nō.
Una testimonianza interessante sulla origine di questo strumento viene dal Kojiki, un libro compilato in epoca Nara ma che, come il titolo stesso suggerisce, raccoglie tradizioni orali molto precedenti; nel famoso episodio dell'Ama no iwato racconta che la dea del cielo Amaterasu, offesa dal comportamento del fratello Susanō, si era ritirata in una grotta, privando il mondo della sua luce:
In quel tempo, Ama-terasu-opo-mi-kami, vedendo ciò [i misfatti di Susa-no-wo], si spaventò e aprendo la porta della grotta celeste, entrò e vi si rinchiuse. Allora Takama-no-para [il mondo degli dei] fu completamente buio, e la Terra Centrale delle Pianure di Giunco [il Giappone] fu completamente buia. Per questo motivo regnava una notte ininterrotta e i pianti delle miriadi di divinità abbondavano ovunque, come le mosche d'estate; e sorsero calamità di ogni sorta.
[...] Ame-no-uzume-no-mikoto [una piccola dea dal volto pieno di rughe per l’età e le risate, in alcune immagini mentre in altre è ritratta come una giovane e leggiadra fanciulla] legò le sue maniche con una corda fatta della pianta celeste Pi-kage, legò attorno alla sua testa una fascia della pianta celeste Ma-saki, [...] rovesciò un enorme barile di sakè davanti alla porta della grotta celeste e ballò su di esso in maniera selvaggia facendolo risuonare. Quindi fu posseduta dalla divinità, espose il suo petto e abbassò la fascia del suo vestito fino ai suoi genitali. Allora Takama-no-para tremò quando le ottocento miriadi di divinità risero tutte insieme. Allora Ama-terasu-no-mi-kami, pensando che ciò fosse strano, aprì uno spiraglio nella porta della grotta celeste [...]
(Kojiki, 17:1-3,14-17)
Come si nota, il procedimento usato per far ritornare Amaterasu nel mondo ha tutte le caratteristiche di un rito sciamanico, in cui la danza ed il suono ossessivo di rudimentali strumenti a percussione hanno un ruolo importante nel provocare lo stato di possessione divina.
Il forte, violento, frenetico martellare dei piedi della dea produsse un suono mai sentito prima; Il ritmo era così vivace, così contagioso, che in breve tempo anche gli altri dei furono trascinati da Ame-no-Uzume-no-Mikoto, cominciarono a ballare e cantare. La musica riempì la terra e la festa diventò così rumorosa, che Ameterasu sbirciò fuori della caverna e, vedendo quei volti gioiosi, ridiede luce alla terra.
Così, la luce di Ameterasu ritornò sulla terra, Susanō fu esiliato e nacque la musica Taiko.
Questa leggenda conferma che il taiko ha il potere di dare gioia e di scacciare la collera e quindi dare luce al mondo. Questa è l'origine mitica del kagura, prototipo delle danze religiose shinto, ma anche di tutti i generi successivi. In vari periodi, inoltre, vennero introdotti dal continente altri tipi di danza.
Un'altra antica pratica, derivata da rituali tribali dell'Asia estremo orientale, era l'utagaki (kagai, nel Giappone orientale), insieme di danza, canti e rappresentazioni parodiche, durante le quali gli attori, mimando l'atto sessuale, propiziavano la fertilità dei campi e della comunità. Chiara è l'influenza di questo genere sul touka (canti ritmati dal battito di piedi) e sulle danze dello okina (vecchio) e dell'onna (donna), tipici di ciò che successivamente prenderà il nome di dengaku.
Tuttavia, le origini storiche del Taiko sono meno chiare e più confuse del mito, e anche se non è possibile conoscere con esattezza quale fosse la musica utilizzata dalle popolazioni del Giappone preistorico, si possono fare supposizioni sulle basi dei ritrovamenti archeologici, degli (scarsi) documenti cinesi contemporanei o dei documenti giapponesi di epoca posteriore, delle caratteristiche conosciute della musica dei popoli vicini o dell'evoluzione posteriore della musica giapponese stessa.
Alcuni sostengono che, poiché per noi il suono del tamburo è altrettanto fondamentale del battito cardiaco, i primi strumenti musicali usati dalle varie culture in tutto il mondo sono in genere a percussione. Se così fosse, i precursori dei tamburi taiko possono collocarsi almeno 2.000 o 3.000 anni indietro, nel profondo della preistoria del Giappone.
Come la maggior parte delle tradizioni relative ai tamburi di origini primitive, il taiko partecipa a quasi tutti gli aspetti della vita, dalla nascita alla morte. I tamburi taiko incitarono le truppe ed intimidirono il nemico sui campi di battaglia, sfilarono attraverso le vie dei villaggi per invitare la gente a gioiose feste e suonarono alle cerimonie per la semina del riso, scacciando con il loro fragoroso suono gli insetti e risvegliando gli spiriti della pioggia.
In alcune tradizioni buddiste, il rimbombante suono del tamburo rappresentava la voce di Buddha e, nei santuari Shinto, accompagnava le preghiere al cielo. Non solo la musica taiko oltrepassava i confini tra umano e divino, ma fu in grado anche di definire delle misure fisse; nell’antico Giappone, la distanza, che raggiungeva il suono del tamburo Taiko suonato nel tempio del villaggio, determinava i confini della città. Ovviamente, era favorita la città che aveva un grande tamburo.
Altri sostengono, che l’origine del taiko ha radici in India e che, seguendo i sentieri del Buddismo, dalla Cina e dalla Corea, giunse in Giappone poco prima del 600 d.C.
Tamburi, che ricordano gli strumenti taiko, sono raffigurati in antichi sutra e murali buddisti, mentre alcuni dipinti medioevali riproducono tamburi simili posti intorno alla testa del dio del tuono.
Il ritratto più antico di quello che si crede essere l’antenato del tamburo taiko moderno, è presente su una statuetta d’argilla del sesto o settimo secolo, dissotterrata nel distretto di Gunma. E’ la figura di un musicista con un tamburo appeso sulla spalla, che gli arriva ai fianchi. Lo strumento assomiglia a quelli ritrovati nella Cina rurale ed il musicista percuote il tamburo sia con una bacchetta, sia con il palmo della mano, così come usavano a quei tempi i suonatori coreani. Durante il decimo secolo, il flusso dell’influenza coreana e cinese sul Giappone si era attenuato e molte delle forme artistiche importate dall’estero si trasformarono in qualcosa di unicamente giapponese.
Alla fine del periodo Heian (1185 d.C.) si era sviluppato un particolare stile di percussione, riconoscibile come taiko.
Negli ultimi cent’anni il taiko ha raggiunto un pubblico internazionale e, come per il jazz americano e la musica classica europea, prosegue la sua strada per diventare un'autentica forma musicale internazionale, che non manca di coinvolgere, scuotere ed emozionare in tutto il mondo gli ascoltatori odierni come fece con le mitiche divinità nipponiche all'alba della storia del paese di Yamato.
Esistono vari generi di spettacoli musicali realizzati con i taiko e si differenziano tra loro per il repertorio, la scelta degli strumenti e il numero dei componenti che suonano e cantano. Alcuni musicisti del passato fecero da apripista ad alcuni generi musicali che ancora oggi sono molto diffusi sia in Giappone che all’estero. Tra questi, il celebre Daihachi Oguchi che dopo essersi a lungo dedicato alla musica jazz decise di realizzare uno spettacolo che prevedesse la presenza in contemporanea di un gruppo di suonatori di taiko; l’influsso di alcune sonorità e ritmi del jazz e il suono di un gruppo taiko diedero vita ad un nuovo genere, conosciuto oggi come kumi-daiko.
Oggi le band che suonano i taiko sono molto numerose in Giappone (se ne contano circa 5.000) e una delle più famose a livello internazionale e nazionale si chiama Kodo.
Le esibizioni di taiko richiedono un grande impegno e studio poiché nulla è lasciato al caso; non si tratta solamente di saper suonare il tamburo, ma esistono delle regole ben precise, come la postura del corpo e i movimenti, che è necessario rispettare. Alcuni movimenti o posizioni del corpo prendono ispirazioni dalle arti marziali e sono fattori molto importanti per giudicare la qualità di una performance. Oltre alle arti marziali, gli spettacoli di taiko sono guidati dai principi del buddismo zen, che regolano i rapporti tra i componenti del gruppo e con il pubblico sulla base del rispetto, della comunicazione e dell’armonia.
In alcuni concerti il suono dei taiko si accompagna ad altri strumenti, come il gong o gli strumenti a fiato, spesso utilizzati negli spettacoli teatrali. Anche l’abbigliamento è studiato nel minimo dettaglio ed esistono vari generi di costumi tradizionali indossati dai musicisti durante le esibizioni, tra cui quello forse più famoso è l’happi, un soprabito leggero e decorato, al quale si abbina una fascia tradizionale per i capelli chiamata hachimaki.
Museo dei tamburi giapponesi Taiko
È uno dei musei forse più "rumorosi" di Tokyo e attira ogni anno turisti, curiosi e appassionati di musica che qui possono divertirsi ad ammirare e a "suonare" i pezzi esposti. Si tratta del Museo dei Tamburi di Tokyo, un’istituzione aperta nel 1988, che al suo interno custodisce una delle più vaste collezioni di tamburi e strumenti a percussione di tutto il mondo.
Con più di 800 tamburi provenienti da ogni parte del mondo questo museo conduce i visitatori in un viaggio alla scoperta di questo strumento musicale che sin dall’antichità ricopre un ruolo molto importante nella cultura giapponese: il tamburo è da sempre considerato anche un mezzo per comunicare con le persone e con le divinità. Inoltre grazie ai suoi numerosi laboratori, mostre e attrazioni interattive, il museo dei tamburi è anche il luogo perfetto per trascorrere dei momenti di divertimento insieme a tutta la famiglia.
Tra la musica del mondo
Appena entrati nel museo rimarrete sbalorditi dall’enorme quantità di tamburi esposti: ce ne sono di tutti i colori e di tutte le forme. Poiché lo spazio dedicato all’esposizione non è sufficiente ad ospitare tutti gli strumenti, una o due volte all’anno la mostra viene modificata sostituendo alcuni pezzi esposti. Alcuni di questi strumenti musicali possono essere suonati dai visitatori (questi sono indicati con una segnaletica a fianco) e ciò rende la visita al museo ancora più divertente. Tra quelli che è possibile suonare ci sono alcuni tamburi in acciaio originari dei Caraibi e un enorme tamburo taiko giapponese. Passeggiare in questo edificio è come fare un viaggio intorno al mondo, immergendosi nei suoni e nei ritmi caratteristici di ogni paese; qua e là sparsi all’interno del museo trovate anche delle postazioni audio dove potete fermarvi ad ascoltare alcuni brani musicali che vedono protagonisti vari tipi di strumenti musicali. Accanto ad ogni tamburo è presente inoltre una piccola scheda informativa, scritta per la maggior parte delle volte in inglese, che vi illustra la storia e le origini di quel determinato strumento.
Ma in questo edificio non troverete solo i tamburi: la collezione comprende anche tanti altri strumenti a percussione come le campanelle tubolari o il gong, lo xilofono e altri modelli esotici e meno conosciuti come il m’bira africano e il chajcha, un antico strumento tradizionale boliviano che se fatto vibrare produce un suono simile a quello del vento e della pioggia.
Al primo piano dell’edificio si trova anche un negozietto di souvenir e gadget, dove potrete acquistare CD musicali e DVD, magliette, modellini di strumenti musicali, le tipiche bacchette usate per suonare i tamburi e tanti altri oggetti; se volete acquistare un souvenir particolare o un ricordo della vostra giornata al museo siete nel luogo giusto!
Miyamoto Unosuke Shoten
Il museo dei tamburi di Tokyo appartiene alla Miyamoto Unosuke Shoten Co. Ltd, una società che da circa 150 anni sostiene e promuove le arti e i festival tradizionali attraverso la produzione di strumenti musicali artigianali, tra cui i tamburi taiko, e di altri oggetti utilizzati durante i festival, come i piccoli santuari mikoshi. Il fondatore della prima fabbrica di tamburi taiko, Miyamoto Seisuke, era un grande maestro in quest’arte e con il suo operato ha contribuito alla conservazione delle più antiche e autentiche tradizioni giapponesi. Nel corso degli anni l’azienda si è sviluppata e oggi possiede numerose filiali e negozi in varie zone del paese.
Informazioni generali
Il museo è aperto da mercoledì a domenica dalle 10 alle 17. Potete raggiungere il museo con una breve camminata dalle stazioni della metropolitana di Tawaramachi e Asakusa.